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Nel laboratorio di Fabien aleggiava una lieve cappa di fumo, quando arrivai. L'ambiente puzzava di tabacco, nonostante Fabien stesse fumando una sigaretta alla vetrata, dove uno spicchio di finestra era stato aperto.

«Il fumo uccide» dissi, facendolo voltare verso di me.

Fabien si strinse nelle spalle. «Di qualcosa si deve pur morire» disse e non mi avrebbe mai più ricordato tanto me stessa quanto in quel momento. «Mi piace vedere il fumo uscire dalla mia bocca.»

«Quello puoi farlo anche fuori, si gela» replicai in tono scherzoso, strofinandomi le mani sulle braccia.

«New York è molto diversa da San Francisco, non è vero?» mi prese in giro lui, mentre mi toglievo la sciarpa ed annuivo in risposta. «Vuoi fare un tiro?»

«Starei cercando di smettere» ammisi togliendomi il cappotto.

«Da quanto?»

Mi espressi in una smorfia che lo fece ridere, quindi gli tolsi la sigaretta dalle dita e me la portai alle labbra. Lui ne estrasse una nuova dal pacchetto di Maverick, la accese, aspirò, portando in dentro le guance, e infine fece uscire il fumo dalle narici, reclinando la testa all'indietro. Dovevo ammettere che era proprio affascinante, con il petto nudo avvolto da una nuvoletta di fumo, i pantaloni a sigaretta color indaco che gli scivolavano lungo le gambe sottili, i piedi nudi ancora macchiati di piccole gocce di pittura, i ricci che gli ricadevano sul volto ed il capo coperto da una bombetta rosso scura.

«Ti facevo più un tipo da sigaro» commentai.

«Non ho abbastanza soldi da buttare.» Gettò la cenere fuori dalla finestra. «Quella è roba da ricchi. Il tuo ragazzo fuma?»

Scossi il capo. «Ogni tanto tenta di convincermi a fargli fare un tiro; lo sto già uccidendo di fumo passivo, figuriamoci se gli allungherei una sigaretta.»

Spensi la stecca nel posacenere accanto alla sua tavolozza e mi tolsi i vestiti mentre lui si voltava, poggiando i gomiti sull'infisso di fronte a sé per concedermi un minimo di privacy. Quando restai in intimo, lo vidi voltare leggermente il capo e guardarmi con la coda dell'occhio. Ignorai il suo sguardo fuggevole su di me e indossai il vestito rosso di sempre, allora Fabien mi aiutò a chiuderlo, prima di accarezzarmi di sfuggita la vita stretta con la punta delle dita, la sigaretta stretta tra le labbra. Lo sentivo respirare pesantemente al mio orecchio e ne rimasi paralizzata, sentendo ogni mio muscolo, ogni fibra del mio corpo irrigidirsi.

Mi allontanai velocemente da lui e frugai nella mia borsa alla ricerca del mio pacco di Davidoff. Ero riuscita a ridurre, con molta fatica, il conteggio di sigarette a una ogni tanto; perciò, fumarne addirittura due in un giorno andava contro tutti i traguardi che avevo raggiunto negli anni, ma avevo bisogno di sentire il sapore amaro del tabacco che mi bruciava la gola e il mio corpo che si fletteva sinuosamente sotto l'effetto della nicotina, soprattutto dopo il ricatto di John Rickman. Buttai fuori il fumo dalla bocca, prima di immergermi nella vasca da bagno. Fabien sembrava ispirato dal rivolo di vapore che aleggiava nella stanza, mentre lui stesso teneva la stecca tra le dita assieme al pennello tra una nota e l'altra dei Beatles. Io, però, non riuscivo a togliermi dalla testa quello che era successo nell'ufficio del capo di Daniel; non avevo la tendenza a sottovalutare le minacce, soprattutto quando venivano da un uomo influente come il CEO di una delle banche più importanti degli Stati Uniti.

«Tu cosa faresti se ti chiedessero di scegliere tra la tua famiglia e l'amore della tua vita?» me ne uscii dopo aver fatto un tiro.

Fabien ridacchiò ed io mi chiesi distrattamente cosa ci trovasse di divertente nelle intimidazioni di John Rickman, prima di ricordarmi che lui non ne sapeva niente.

𝑺𝑶𝑳𝑶 𝑫𝑼𝑬 𝑺𝑼𝑷𝑬𝑹𝑵𝑶𝑽𝑬Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora