Era dai tempi del liceo che non festeggiavo Halloween; io ed i miei amici avevamo interrotto la tradizione quando ci eravamo stancati di organizzare feste al cui seguito eravamo troppo ubriachi per rimettere in ordine. Ciononostante, non mi dispiaceva l'idea di passare la serata con i colleghi di Daniel a casa di Paul, nel Sunnyside.
Mentre mi preparavo nel mio costume da Harley Quinn, con la colorazione temporanea sulle punte dei capelli ed il pesante trucco dai colori tipici del personaggio sugli occhi, dovevo trattenere la sensazione di pesantezza sullo stomaco provocata dall'orribile presentimento che avevo ogniqualvolta Brie partecipava alle uscite di gruppo; non era un segreto che mi sentissi minacciata da lei, dato che era evidente il suo interesse per Daniel e che avesse tutte le carte ancora da giocare a suo favore. Così come non c'era da chiedersi perché mi ritenessi così poco all'altezza delle aspettative del resto della comitiva, dato che loro facevano parte dell'élite newyorkese e ancora mi sentivo squadrata dall'alto in basso.
Tirai verso l'alto la scollatura del vestito rosso con un sospiro, le labbra tinte di rosso carminio piegate in una smorfia di concentrazione.
«"Chiamerò al caos e alla distruzione ovunque io vada"» mormorò Daniel al mio orecchio, nel suo costume da medico ricoperto di sangue finto.
Forzai un sorriso e sbuffai una risata, mentre mi circondava il busto con le braccia. «Da quando leggi fumetti?»
«Erano il mio passatempo preferito, da piccolo, prima di essere passato a Salinger.»
«E in quale momento della tua impegnativa vita, esattamente, sono subentrate le ragazze?» scherzai, ma quando lo vidi pensare seriamente alla risposta da darmi, riflesso nello specchio, battei una mano sul braccio che mi teneva per la vita. «Daniel!»
«Quattordici» disse frettolosamente.
«"Quattordici" cosa?»
«Quattordici anni. Il numero dell'aprile 2009 di "Playboy", con il poster di Hope Dworaczyk, se non vado errato.»
«Io non... non volevo davvero saperlo, credo» ammisi.
Lo lasciai con espressione confusa in bagno, mentre cercavo una giacca da indossare sopra il vestito e poter finalmente uscire. Daniel uscì dal proprio stato di trance in tempo per aiutarmi ad indossarla; quindi gli posai una mano in mezzo al petto con un sorriso rassicurante. Era incredibile, pensai, quanto poco gli fosse bastato per farmi passare il nervosismo, finché adesso ero io a tranquillizzare lui.
«Pensa a qualcosa di bello» gli suggerii, palpando la tensione nelle sue braccia.
Forse, in fondo, non ero l'unica ad avere quel genere di ansia, quella pessima sensazione che qualcosa sarebbe andato storto, quella sera. Come eravamo passati dal ridere assieme al rassicurarci a vicenda, non lo sapevo; tantomeno sapevo cosa ci fosse successo, per arrivare a quel punto, ma lui sembrava sempre più avvolto da un alone di mistero ed io temevo che ciò potesse riguardare le carte che avevo sbirciato a sua insaputa. Ero così concentrata sulla mia rivalità con Brie da non aver considerato il fatto che una festa ad alto tasso alcolico con i colleghi di Daniel avrebbe potuto portare qualcuno a sbottonarsi troppo su argomenti delicati.
«Tu lo sei» sussurrò, le sopracciglia inarcate verso il basso in un'espressione tra l'esasperato e l'adulatorio.
«Anche tu non sei male» scherzai. «Forza, andiamo.»
Durante il viaggio in auto il clima si distese, per fortuna, e Daniel arrivò a fare un'allusione poco casta quando poggiai i piedi sul cruscotto. Arrivammo quindi nel Sunnyside con rinnovato spirito e fummo certi di essere pronti a goderci la festa a casa di Paul quando ci vennero allungati due drink dall'aspetto poco promettente - almeno quanto l'odore, ma sui quali non facemmo domande.
STAI LEGGENDO
𝑺𝑶𝑳𝑶 𝑫𝑼𝑬 𝑺𝑼𝑷𝑬𝑹𝑵𝑶𝑽𝑬
RomanceSEQUEL DI "SOLO DUE SATELLITI" "Come nell'universo, la nostra vita è basata su un sistema di bilanciamenti e contro-bilanciamenti: forze che ci spingono via, che ci attraggono, che ci sostengono, che ci spingono. A volte passa un asteroide che crea...