17

40 6 0
                                    

DANIEL

Quando nell'appartamento risuonò il segnale acustico dell'ascensore diretto, io non mi mossi dalla postazione al bancone della cucina che avevo tenuto nelle ore passate. All'inizio, non mi ero disperato, nel tornare a casa; ero stato certo che una volta che Abigail fosse rientrata avremmo chiarito. Ma poi il tempo aveva iniziato a scorrere inesorabile e avevo cominciato ad innervosirmi, girando per casa come un ossesso. Finché non mi ero arreso all'idea che non sarebbe tornata, allora mi ero versato da bere fino al mattino.

Adesso eccola lì, che varcava la soglia di casa con aria distrutta. Il trucco sciolto, chissà se dal freddo o dalle lacrime, il retro del vestito sporco di terra, un pacchetto vuoto di sigarette in mano che gettò nella spazzatura. Si fermò a guardarmi, inespressiva. Sapevo di dover dire qualcosa e per un po', quella notte, avevo avuto persino il tempo di inventare una scusa plausibile ad almeno una delle sue domande, ma poi mi ero reso conto, sotto l'effetto del whisky, che se eravamo arrivati a quel punto era solo colpa mia e del mio tentare di tenerle segrete cose che ritenevo l'avrebbero messa in pericolo.

«Non sono coinvolto in quell'accordo» mormorai, scuotendo il capo con rassegnazione. «Non avresti dovuto leggere quelle carte...»

La vidi alzare gli occhi al cielo, quegli occhioni marroni arrossati dal sonno e, probabilmente, dal pianto, e voltarsi per dirigersi in camera.

«Ma non sono coinvolto nell'accordo» ripetei, a voce più alta, facendola fermare di nuovo.

Si girò lentamente verso di me, barcollando con aria stanca, la testa piegata su un lato. Quindi mi venne incontro per sedersi allo sgabello di fronte al mio, il bancone della cucina a dividerci. Le versai del whisky nel bicchiere da cui ne avevo trangugiato tutta la notte e lo sospinsi verso di lei, ma le sue dita si poggiarono su di esso e lo allontanarono.

«Ho bevuto abbastanza» mormorò con voce roca. Lanciò un'occhiata impassibile alla bottiglia quasi vuota. «E anche tu, a quanto pare.»

«Ero preoccupato» mi giustificai, anche se non avevo scuse per non essere andato a cercarla.

Un uomo normale e innamorato avrebbe fatto qualunque cosa, pur di riportarla a casa sana e salva. Io, invece, l'avevo lasciata vagare per una città che ancora non conosceva del tutto e ad alto tasso di criminalità per tutta la notte, standomene seduto a bere whisky e tentando di accampare altre bugie per non farle del male.

Forse, in fondo, non ero un uomo normale. Forse non ero nemmeno un uomo. Che fossi innamorato di lei, però, no, su quello non avevo alcun dubbio.

«E io ero...» Scosse il capo, per riprendersi in fine il bicchiere e sorseggiarlo. «Lascia stare.»

«Ero presente alla riunione, quando è stato buttato giù l'accordo. Ma non perché fossi favorevole, quanto perché volessi far trapelare la notizia in modo anonimo alla stampa. L'opinione pubblica certe volte conta più di quella degli stessi dipendenti, per una banca d'investimento - come per tutto il resto. Il fascicolo era per una giornalista del Times.»

Abigail annuì, tenendo il bicchiere tra le dita come fosse stato una tazza di tè. Vidi le sue nocche diventare bianche dalla forza con cui lo stava tenendo ed ero certo che si fosse chiusa in se stessa per riflettere. Aveva quell'espressione concentrata, con la fronte aggrottata e la bocca schiusa come se fiumi di parole le si bloccassero in fondo alla lingua.

«Avresti potuto dirmelo» disse infine.

«Non volevo coinvolgerti.»

«Non ti fidi di me. È diverso.»

«Io mi fido di te, Abigail.»

Sbuffò una risata amara. «C'è qualcosa che ancora non mi dici, non è così?»

𝑺𝑶𝑳𝑶 𝑫𝑼𝑬 𝑺𝑼𝑷𝑬𝑹𝑵𝑶𝑽𝑬Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora