Io e Daniel, dopo una lunga ricerca effettuata nelle sere precedenti, prima di andare a dormire, avevamo programmato un weekend fuori porta, restringendo il campo allo Stato di New York. Nonostante avessimo trovato molte idee interessanti, avevamo finito per scegliere due giorni di relax immersi nella natura della Hudson Valley. Impiegammo poco meno di due ore ad arrivare, attraverso l'Interstatale 87, e già una volta superata Woodbury iniziammo a inoltrarci nel territorio boschivo delle grandi riserve naturali degli Stati del Nord, dove il ciglio della strada era una muraglia aceri, sicomori e querce variegati di arancione, giallo e verde pallido, che creavano un Faraone autunnale, con gli schizzi di colore che sfrecciavano fuori dai finestrini, mentre Lauren Laverne lanciava gli Arctic Monkeys con "She's a popstar".
In riva al Mohonk Lake si ergeva l'omonimo resort, una palafitta con un patio direttamente sullo specchio d'acqua, dietro la quale torreggiava un imponente complesso caratterizzato da torri e tetti spioventi verde lime, écru e terracotta. Una volta scaricati i due borsoni che io e Daniel ci eravamo portati per il soggiorno, effettuammo il check-in alla reception, fummo informati degli orari dei pasti e delle numerose attività disponibili offerte dalla struttura e ci fu consegnata la chiave della nostra camera. Ci trovavamo in una delle torri del castello vittoriano e non appena ebbi abbandonato la valigia oltre la soglia della porta per concedermi di dare un'occhiata non potetti che sbattere le palpebre con stupore.
Di fronte a noi si apriva un salottino circolare, rivestito di una moquette bordeaux con un fine motivo floreale color panna, una boiserie in Wengé che divideva le pareti dal soffitto. L'arredamento era in stile vittoriano, con un sofà bianco in mezzo alla stanza, delle poltrone imbottite dalla trama tradizionale, un tavolo da fumo decorato da inserti lavorati nel legno, una cassettiera ed un camino che dominava l'ambiente, con il suo crepitare armonico. Da un arco si accedeva a un angolo bar.
Una scala curva portava al livello superiore, dove un letto king size era poggiato contro una parete a cassettoni e affiancato da due cantonali ovali e due chaise-longue gialle dal motivo melanzana, mentre ai suoi piedi si trovava una panca rivestita di velluto bianco fantasma. Il bagno, al contrario del resto della suite, era molto moderno, dal pavimento a scacchi bianco e nero e le pareti bianco acciaio. Sulla sinistra era installato un doppio lavabo dal piano in granito nero, mentre sulla destra si trovava una doccia dai vetri lucidi. Infine, un paio di scalini portavano ad una vasca da bagno con vista sulle montagne retrostanti.
Entrambi i piani avevano un balcone affacciato sull'infinita distesa di alberi al di là del parcheggio. Spalancai una delle doppie porte ad arco della camera da letto per poggiarmi contro il parapetto con i gomiti e godermi il silenzio della foresta, già un po' ristorata dallo stress delle ultime settimane.
«Dovresti rallentare un po'» mi suggerì Daniel sottovoce, dopo avermi circondato la vita con le braccia.
Mi strinsi nelle spalle, mentre mi raddrizzavo per accostarmi al suo petto con la schiena. «Non posso» risposi con lo stesso tono. «Siamo solo all'inizio, Dan.» Chiusi gli occhi e sospirai, tentando di scacciare dalla mia mente il pensiero del lavoro, del corso di arredamento, del trasloco e della spiacevole conclusione della serata precedente. «Andrà meglio.»
Il suo telefono iniziò a squillare alle mie spalle e lui sospirò, per poi staccarlo.
«Non rispondi?» gli chiesi. Che Daniel non rispondesse al telefono era una novità, visto che era reperibile tutto il giorno per lavoro e in ogni situazione avrebbe potuto trattarsi di qualcosa di importante.
«È mio padre» rispose stringendosi nelle spalle. «Mi chiama da giorni, ormai. Forse dovrei spegnere questo dannato telefono, non voglio che ci rovini il fine settimana.»
«Forse se continua a chiamarti è perché vuole che tu risponda?» ironizzai. Non mi piaceva Colton, ma era pur sempre il padre di Daniel ed entrambi avremmo dovuto imparare a far combaciare la nostra relazione con quella che lui aveva con la sua famiglia, soprattutto dopo ciò che era successo quando li avevo incontrati per la prima e unica volta a casa loro - quando Colton mi aveva offeso e sputato di fronte e Daniel gli aveva tirato un pugno in pieno volto.
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𝑺𝑶𝑳𝑶 𝑫𝑼𝑬 𝑺𝑼𝑷𝑬𝑹𝑵𝑶𝑽𝑬
RomanceSEQUEL DI "SOLO DUE SATELLITI" "Come nell'universo, la nostra vita è basata su un sistema di bilanciamenti e contro-bilanciamenti: forze che ci spingono via, che ci attraggono, che ci sostengono, che ci spingono. A volte passa un asteroide che crea...