Capitolo 1

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Eva

Pettino i miei capelli biondi osservando il mondo fuori dalla finestra colorarsi dei primi bagliori del nuovo giorno. Sospiro nella solitudine della mia stanza d'albergo, mentre rabbrividisco nel mio intimo bianco. Riesco persino a sentire il fruscio della spazzola in quel silenzio che è ormai la mia vita dal momento in cui ho cancellato la magia sprofondando nella bugia.

Come un mago provetto ho imbastito uno spettacolo che ha cancellato la realtà del mio profondo amore, sostituendola con la più infida menzogna, che permettesse al mio unico spettatore di tornare a casa con l'illusione di non avermi mai avuta.

Continuo quel movimento ipnotico mentre il peso dei ricordi mi schiaccia la coscienza e l'anima che ho perduto, i miei occhi restano asciutti nonostante il dolore sia sempre vivido e presente, soprattutto in questo giorno che non è più per me una ricorrenza felice. Non avrei potuto sceglierne uno migliore per distruggermi la vita se non quello del mio venticinquesimo compleanno. Avrei dovuto festeggiare e invece ho rovinato tutto, "come tuo solito" direbbe mio padre.

Mi alzo per riporre la spazzola nella valigia aperta sul letto, vi sono dentro tutte le mie cose, ho fatto e disfatto quel trolley blue talmente spesso che ormai gli arrivi si confondono con le partenze in un turbinio di luoghi nuovi e di volti che presto avrei scordato. Ma questa mattina nel ripiegare i miei vestiti con cura ho trovato un altro sapore e un'altra emozione. La mia destinazione non è mai stata così significativa per me, forse un pallido riflesso, di quello che vivo in questo momento, l'ho provato la prima volta che ho iniziato questo giro del mondo.

Chiudo con il lucchetto le cinghie ormai lise e mi avvicino alla sedia della scrivania per recuperare la macchina fotografica. Scatto una foto di quell'oggetto, che mi ha accompagnata come una sorella maggiore e che sono ora disposta a riporre in un armadio, come al compimento della maggiore età in cui si è pronti ad affrontare il mondo da soli. La luce accennata del sole ne illumina le sfumature permettendomi di imprimere in quello scatto tutta la sua importanza.

Soddisfatta riguardo l'immagine con un lieve sorriso in volto, sono certa di stare facendo la scelta giusta anche se non so cosa farò ne come lo farò. Ho deciso di affidarmi al tempo e spero che questo non tiri fuori delle carte taroccate per fregarmi. Poso la fotocamera nell'astuccio da dove l'avevo presa e comincio a vestirmi con gli indumenti che avevo abbandonato sulla poltrona lì vicino. Mi preparo mentalmente al lungo tragitto che mi aspetta, il mio aereo partirà fra quattro ore ma per raggiungere l'aeroporto impiegherò almeno un'ora in taxi, per non parlare della lunga trafila per i viaggi intercontinentali.

Come mia abitudine indosso dei blue jeans e sopra una blusa morbida verde con lo scollo a v non molto profondo, lascia in bella vista il mio ciondolo, il volto di un leone intarsiato nel legno, lo ha realizzato uno sciamano per me, "sarà il tuo porta fortuna" ha detto e da quel momento qualcosa è davvero cambiato. Gli eventi hanno preso una nuova via.

«Il mio porta fortuna.» Bisbiglio stringendolo solo un attimo come a ricordare a entrambi che ne avrò davvero bisogno. Lo accarezzo posizionandolo al centro del mio sterno, per poi abbassarmi nuovamente per infilare, ai piedi, i miei ormai logori bikers.

Un lieve bussare alla porta interrompe quel canto fatto di fruscii di stoffe e sospiri di attesa. Mi porto i capelli su di una spalla e mi avvio ad aprire. È un giovane cameriere, avrà almeno cinque anni meno di me, spinge all'interno della mia camera il carrello della colazione.

«Goodmornig, miss.» Educatamente mi sorride e ferma il suo avanzare vicino al tavolo posto all'angolo destro dello spazio elegante della stanza. Il suo sguardo accarezza con un po' di imbarazzo il mio corpo, ne resta affascinato come da abitudine ormai, noto l'apprezzamento nelle sue iridi marroni strette negli occhi a mandorla. Sono abituata all'attenzione maschile e sorvolo con non curanza alla sua occhiata, sbrigandomi a salutarlo.

«Thanks, okay so goodbye.» Gli stringo la mano lasciando scivolare sul suo palmo una generosa mancia, in fondo mi ha trattata bene in questo mese. Il suo sorriso si spegne e inchinandosi per ringraziarmi si richiude la porta alle spalle.

Mi accomodo al tavolo sulla sedia che mi permette di vedere fuori, la città di Kyoto è ormai sveglia e dallo scorcio fra i palazzi riesco a distinguere le persone affannarsi per raggiungere i mezzi che li porteranno a lavoro.

Alzo i coperchi della mia colazione giapponese, e nonostante ne apprezzi molto la cucina questo è il momento che maggiormente mi fa sentire la mancanza della mia terra. Immagino l'odore del caffè espresso appena fatto, ma l'unico che sento e quello del misu caldo e delle alghe wakame. Afferro le bacchette dal ripiano e inizio il mio ultimo pasto straniero gustandomi quei sapori con in cuore la serenità che non mi sarebbero mancati.

Il suono del mio telefono attira la mia attenzione mi alzo per recuperarlo dal comodino è il numero della mia cara amica Vanessa.

«Buongiorno Nessa.» Ritorno a sedermi al tavolo.

«Volevi dire buona serata. Qui sono le sette di sera.»

«Hai ragione, scusa lo scordo sempre.»

«Auguri!»

«Grazie.»

«Volevo sapere a che ora arriverai domani. Ti vengo a prendere.»

«No, tranquilla, prenderò un taxi... arriverò a notte fonda non voglia farti stare in giro. Ti avverto quando sarò in città e ci vediamo da te, okay?» non voglio disturbarla troppo, mi ha già permesso di vivere a casa sua nell'attesa di trovare qualcosa di mio. Quando ho preso la mia decisione è stata la prima persona a cui l'ho detto. In realtà non sa ancora niente neanche la mia famiglia, volevo parlare con loro di presenza è sempre complicato parlare con mio padre. Diciamo che di presenza è difficile ma al telefono è praticamente impossibile. Il nostro rapporto è sempre stato di conflitto e amore troppo testardi entrambi per accettare le scelte dell'altro.

«Eva, eva! Ci sei ancora?» La mia amica urla nella cornetta.

«Sì, scusa, stavo pensando alla mia famiglia.» Mi passo una mano stancamente fra i capelli.

«Andrà bene. Sei ormai abbastanza forte per poter affrontare loro e tutto il resto. E poi ci sarò io accanto a te.» Sorrido al suo incoraggiamento.

«Grazie, di tutto. Sarà bello riaverti fra i piedi.»

«Anche per me, non vedo l'ora. Ti farò divertire sorella.»

«Cielo Nessa, fammi prima riprendere.»

«Alla nostra età non abbiamo bisogno di riprenderci, è tempo di finirla con la castità e il momento di accogliere con entusiasmo.»

«Ma ti senti.» Mi copro gli occhi per la vergogna.

«Ora ti saluto, devo uscire con Maria credo che raggiungeremo suo fratello e un loro amico in un pub. Ci vediamo domani tesoro.»

«A domani.» Chiudo la chiamata e poso il telefono sul tavolo scuotendo ancora la testa, conosco Vanessa da tre anni, da quando la mia vita ha cambiato direzione. L'ho incontrata durante un master e da li ci siamo talmente sentite in sintonia che non ci siamo più lasciate. Io non ho mai trovato delle vere amicizie nel corso della mia vita ma lei è la mia eccezione. Non so come avrei fatto in questi anni senza il suo supporto.

Finisco di mangiare velocemente, è già tardi.

Acconcio i capelli in una treccia per tenerli in ordine, indosso il mio giubbotto di pelle nero, inforco gli occhiali e afferro con la mano il mio mondo per tornare, lo spero, a casa.

Bugia o MagiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora