Capitolo 103

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Eva

La città scorre fuori dal finestrino, negozi, case, persone. Gente che corre a destra e sinistra, la vita. Mi sembra ora di farne nuovamente parte. L'odore dello smog, delle auto, dei marciapiedi entrano dal finestrino leggermente aperto e dopo tanto tempo avrei il desiderio di scattare una foto. Sento l'irrefrenabile desiderio di immortalare quell'attimo della mia vita. Il ritorno alla normalità. Presa da quel momento creativo lascio andare la mano di Massimo, che stringeva la mia, e recupero il mio nuovo telefono dalla borsa. Attivo la fotocamera e mentre un semaforo blocca la nostra corsa io mi sbrigo a fotografare il tramonto in una via, che da grigia si illumina dei colori del fuoco.
Sembra proprio la mia vita che riprende grazie alla forza e alla passione dell'uomo che mi sta accanto.

Mi giro verso di lui e ne fotografo gli occhi divertiti e il sorriso sghembo che mi rivolge, distogliendo l'attenzione dalla guida per un attimo. Lui è sempre stato tutto per me, ma dopo questo evento, quel tutto, mi sembra essere stato moltiplicato all'infinito. Riprendo la sua mano nella mia e sentire le sue dita che spingono sulla mia pelle mi riempie il corpo di brividi. Fotografo anche quello: è il simbolo dell'unione e della fiducia. Un bimbo cerca sempre la mano del genitore per proteggersi, mentre un uomo e una donna lo fanno per sancire la loro unione davanti a tutti.

Lascio stare le foto ormai appagata da quegli scatti e dopo un bacio al suo profilo torno a guardare la città serena.

«Andremo a casa mia come condiviso.» Precisa lui, ma lo avevo già capito dalla via che stiamo percorrendo è quella che facevamo ogni giorno. «Ho cercato di prendere quello che hai detto.» Lo sento un po' a disagio come se si preoccupasse di non aver fatto abbastanza, ma a me non importa nulla di dove o quale casa ci stia attorno a noi, a me importa solo di stare con lui. Anche sotto un ponte andrebbe bene ma voglio lui al mio fianco.

«Okay.» Rispondo rilassata.

Presto arriviamo, lui mi precede con la sacca lungo il corridoio. Non ho ricordi di quella notte in cui mi hanno lasciata in questo posto e forse questo è un bene, non avrò nulla che mi ricordi quegli orribili momenti. Lui si volta mentre gira la chiave nella toppa a controllare che io stia bene e io lo guardo incoraggiante dissipando i suoi timori.

La luce della piantana accesa ci accoglie, il cielo è ormai quasi nero oltre la finestra e l'odore di casa mi investe riempiendomi di pace e tranquillità. Avanzo nel soggiorno fino al tavolo, le rose rosse che ne colorano la superficie hanno steli lunghi e petali così vellutati che non mi trattengo dal carezzarli. Le braccia di Massimo mi avvolgono da dietro io sospiro felice per quel contatto.

«Ti piacciono?» appoggia la sua guancia alla mia.

«Sono bellissime.» Accarezzo quella superficie. «Dovresti provare.» Lo invito e lui alza leggermente la mia maglia passando le dita sul mio ventre.

«Lo provo sempre, quando ho la fortuna di poterti toccare.» Il suo fiato mi stuzzica l'orecchio tentatore. Mi volto fino a far unire le nostre labbra vogliosa di riprovare le meravigliose sensazioni del bacio di prima. Mi sono sentita investita di cosa rappresenta il mio desiderio per lui ed esaltata di quello che rappresenta il suo nei miei confronti. Vorrei tanto lasciarmi andare a quel dolce momento quando lui, indispettendomi, si allontana.

Interrompe il nostro bacio che stava diventando sempre più appassionato per deporne uno più casto sulla fronte che io aggrotto.

«Sarà meglio che tu vada a fare una doccia.» Le sue mani mi allontanano spostandosi sulle mie braccia per separarmi da lui.

«Stai dicendo che puzzo?» non capisco.

Lui scoppia a ridere. «No, ti sto suggerendo di metterti comoda, mentre io preparo da mangiare.» Mi riavvicino incurante della sua pressione.

«Ma mi stavo mettendo comoda.» I nostri corpi si sfiorano nuovamente.

«Eva, fai la brava.» Il suo tono non mi piace.

«Pensavo di starlo già facendo.» Sussurro tentatrice avvicinandomi ancora un po'.

Il suo respiro accelera dissipando la paura che lui non provasse più desiderio per me. I suoi occhi scendono fino alle mie labbra che io bagno passandovi lentamente la lingua. La pupilla inghiotte il suo azzurro e le mani dapprima poggiate su di me per allontanare ora mi stringono disperate.
Approfitto del suo smarrimento per baciarlo ancora. È un incontro indispensabile per placare il crescente bisogno. Le nostre lingue lottano per il desiderio. La sua foga mi fa inclinare indietro e io stringo fra le mani i suoi capelli mostrandogli quanto lo voglio.
Penso di avere vinto la mia battaglia mentre le sue mani si insinuano sotto la maglia correndo alla schiena, mi avvicino ancora un po' e sento premere contro di me la prova che no, non gli sono indifferente.

Mi lascio andare a quelle meravigliose emozioni quando bruscamente vengo presa dalla vita e spostata di peso indietro. Non posso che sentirmi abbandonata. Lui si allontana inesorabile lasciando almeno un metro fra noi. Resto a bocca aperta con le braccia ancora allargate.

«Che significa?» chiedo infastidita.

Lui si porta la mano ai capelli che scombina ancora un po', ed è così maledettamente sexy.

«Significa...» inizia respirando a fatica e fissando ovunque tranne me. «Che ora tu vai a fare la doccia e io a cucinare.» La corsa dei suoi occhi si conclude nei miei che si accendono per l'assurda decisione che vedo in quelle iridi ormai nuovamente azzurre.

«Ma...» inizio la mia protesta.

«Nessun ma. Ora vai.» Quasi mi supplica e io lo guardo sconvolta. Che cosa gli è preso. Giro su me stessa e a passo svelto lo accontento.

Giungo in camera e inizio a spogliarmi nervosamente, quasi strappo via tutto ciò che ho addosso.

Sento le pentole sbattere come gli sportelli in cucina e vorrei anche io avere qualcosa da sbattere. Non voglio farmi prendere dallo sconforto. Non voglio credere che qualcosa sia cambiato. So che mi ama e mi appello a quello.

Poggio i vestiti sulla sedia e per farlo mi volto verso lo specchio, la mia immagine mi colpisce, forse mi è più chiaro il suo timore.

Il mio corpo che si specchia mi mostra inesorabile la realtà. Io sono diversa. Ho perso diversi chili. Il mio viso è ancora incavato e pur non mostrando più i segni dei lividi ho un colorito poco salutare. Una piccola cicatrice sotto il seno destro mi spinge a girarmi di schiena dove un'altra serie di buchini ormai del tutto cicatrizzati mi mostrano il resto del mio cambiamento.

Sento un peso crescermi in petto e porto la mano a spingere in quel punto come a poterlo mandare via. Alzo l'altra fra i capelli, per riprendere un po' di serenità, e sento sotto i polpastrelli, ben definita, la linea che hanno dovuto rasare. Quell'ultimo dettaglio conclude quella scoperta distruttiva.

I segni sono ancora troppo visibili, non solo fisicamente, lo sono nell'anima mia e di Massimo.

Una lacrima mi scivola via infastidendomi e quando altre la seguono, porto le mani a coprirmi il volto fra i singhiozzi.
«Oh, al diavolo!» mi tiro su.
Io non mi arrenderò.
Io mi riprenderò tutta la mia vita.
In quel pianto trovo la liberazione. Farò in modo che nessun segno sia più visibile.
Voglio che lui torni a guardarmi come faceva prima.

Bugia o MagiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora