Capitolo 35

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Eva

Il suo "ti accompagno a casa" è come una doccia fredda. Tiro via scottata la mano, dalla sua pelle calda, vergognandomi delle emozioni che quell'innocuo gesto mi ha suscitato. Abbasso gli occhi dispiaciuta che tutto sia finito. Fisso il suo pomo di Adamo riportando il braccio sul mio fianco, ma non mi muovo, ogni momento accanto a lui per me è prezioso.

Lui resta fermo davanti a me in silenzio, sento il suo sospiro frustrato muovere i miei capelli. «Andiamo.» Il suo tono basso mi fa vibrare lo stomaco. Mentre il suo profumo così muschiato tesse una ragnatela intorno a me.

Abbasso e rialzo lentamente il capo, non mi resta che accettare la sua scelta di rimettere distanza fra noi. Stringo i pugni per la difficoltà di resistergli e continuo a fissare il suo collo virile scomparire nella camicia bianca, immaginando di deporvi sopra un leggero bacio. Anche questa fantasia scompare al suo gesto agitato di portarsi la mano a ravviare i capelli per poi allontanarsi come se volesse correre via da qui, ma soprattutto da me. Con fastidio recupera le sue cose che rimette nello zaino che si è portato dietro.

Sempre a testa china imito i suoi gesti riponendo la macchina fotografica e il resto nel mio borsone. Il rumore della zip che si chiude, rimbomba nella grande stanza vuota, è quasi un segnale per me. Devo rimettere al proprio posto i sentimenti scomodi per il ragazzo che, ora, sbadatamente digita qualcosa sul suo telefono.

«Sono pronta, possiamo andare.» Prendo in spalla l'attrezzatura e mi avvio verso l'uscita ringraziando, subito, il cambio d'aria che mi permette di riprendere fiato. Sono quasi al portone d'ingresso, quando sento più leggero il peso che porto dietro.

«Lascia, faccio io.» Afferra le cinghie di pelle e a grandi falcate mi precede fino alla sua auto.

Sento il bip dell'apertura e mi fiondo sul sedile, i tacchi mi stanno distruggendo i piedi. Con una smorfia li libero dalle scarpe sentendo subito un dolce sollievo.

«Come va?» Giro leggermente il capo verso di lui che è improcinto di accendere l'auto.

«Rivoglio i miei vestiti.» È la verità e non mi importa se lui trovi più attraente la mia versione sofisticata.

«Vuoi passare dalla redazione?» riporto l'attenzione ai miei poveri piedi doloranti.

«In realtà no, se non ti dispiace vorrei tornare a casa.» Non ho voglia di rientrare a lavoro in questo momento, ho solo bisogno di rimettere a posto il mio stato d'animo scombussolato. Un attimo sono giù, per uno sguardo di disprezzo, l'attimo dopo alle stelle, per il lavoro che abbiamo fatto insieme e poi ancora giù, sprofondo nella nostalgia del suo calore che ho perso.

«Dove ti porto?» Cerco di contenere il mio turbamento e gli indico l'indirizzo senza far tremare la voce. Massimo, fortunatamente, sembra conoscere la zona e con un'inversione di strada mi sta riportando a casa, lontana da questa danza sfiancante.

L'aria tra noi si carica di tensione e delle nostre essenze, il silenzio del ritorno è diverso di quello dell'andata. Non provo più risentimento per lui, è tutto svanito, ora provo solo un immenso e inconfondibile desiderio di stare con lui. Vorrei stare con lui in tutti i sensi, vorrei salire le scale mano nella mano fino a giungere ansanti al nostro piano. L'attrazione è talmente forte che sento inlanguidire una parte del mio corpo e prontamente stringo le gambe, portando lo sguardo fuori dal finestrino.

La mia mente fatica a non immaginare come sarebbe baciarlo ora, dopo tutto questo tempo, di cosa sapranno le sue labbra? Saranno ancora calde, passionali con un ritmo da togliere il fiato?

«Hai preso casa?» Stringo l'orlo del vestito inebriata dalle mie fantasie. «Eva... Eva!»

Mi risveglio bruscamente dai miei sogni. «Cosa? Io non...» cerco di scusarmi certa di essere arrossita.

Bugia o MagiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora