Matteo
Sono seduto accanto al letto di Eva preoccupato come non mai per questa serata inattesa. Non riesco a sopportare che loro abbiano scoperto che lei sia viva, ed è per questo che alla fine pur di far andare Massimo alla mostra sono venuto qui. Anche io non avrei esitato a stare vicino alla mia donna in una situazione simile ma era troppo importante comportarsi normalmente. Alzo e abbasso la gamba nervosamente mentre Sergio, il poliziotto che mi fa compagnia dentro la stanza, mi tiene aggiornato su quello che sta accadendo lontano da qui.
Mando un messaggio a Massimo per farlo stare tranquillo ma quando la polizia entra in azione, sono troppo in tensione per inviargli anche solo un'altra parola.
Mi è concesso di ascoltare la conversazione della squadra che sta accerchiando il luogo in cui Mitoshi si è nascosto. Da quello che ho capito è un capannone di proprietà di Massaro. Il sotterraneo di quella ex fabbrica di camicie, è stato il luogo perfetto per torturare la mia amica senza essere visti. In periferia della città, nella zona industriale, hanno agito indisturbati quei bastardi. Ascolto senza fiatare i vari ordini, immaginando i loro movimenti così come sono solito fare durante una partita commentata alla radio. Il fiato corto di quegli uomini e quelle donne riempie la stanza di adrenalina. E quando sento loro esclamare che lo hanno localizzato tiro un sospiro di sollievo. Ho davvero temuto che alla fine la soffiata fosse arrivata e che lui avesse già fatto i bagagli per ritornare al suo paese e invece no, il verme è ancora qui e ben presto sarà chiuso in carcere per sempre, spero. Il tempo sufficiente per chiedere perdono per i suoi orribili atti.
Sono talmente assorto, che non mi rendo neanche conto del trambusto dietro la porta di questa stanza. Quello stronzo aveva dato ordine di uccidere Eva proprio mentre Massimo era alla mostra, inviando un suo scagnozzo che ora sta affrontando le guardie fuori. Un colpo alla porta ci fa rendere conto di quello che sta accadendo. Sergio libera la pistola dalla fondina e la tiene ora in mano rivolta verso il basso. A gesti mi ordina di stare giù, ma prima che possa solo pensare cosa sia giusto fare un uomo alto e robusto entra in stanza.
«Getta la pistola!» gli intima il poliziotto, ottenendo come risposta solo un ghigno. Il volto dell'uomo è determinato a portare a termine il suo mandato. Gli occhi a mandorla e la carnagione giallognola fanno subito capire che davanti a noi c'è sicuramente un uomo fidato di Mitoshi. «Ho detto metti giù la pistola.» Le parole ripetute di Sergio fanno eco a ciò che sta avvenendo aldilà della radio. Hanno appena fatto irruzione e i colpi di arma da fuoco accendono gli occhi dello straniero di furia. Incurante della pistola puntata verso di lui avanza nella stanza verso il letto di Eva. Lo vedo alzare il braccio con cui tiene in pugno la pistola e senza pensarci due volte mi getto a protezione della mia amica.
Lo sparo echeggia in questa stanza subito seguito da un altro. Un tonfo sordo accompagna la caduto dell'uomo. Sergio lo ha colpito, forse uccidendolo. Non ho modo di capirlo ora, troppo spaventato per quello che è appena accaduto. Incredulo mi rendo conto di stare bene, non so come, ma il suo colpo non mi ha preso.
Un urlo femminile rimbomba con la stessa intensità dello sparo. Lo sento distinguersi fra le voci che si rimbalzano intorno a me. Non ho ben chiaro cosa stia accadendo, ma sono certo che a gridare sia stata Stefania.
Risvegliato da quell'attimo di follia rivolgo lo sguardo a Eva che mi ricambia nella sua immutevole espressione e quindi con delicatezza, per evitare di farle male, mi tiro su. Tornato in piedi vedo Sergio ai piedi del letto tenersi il braccio destro, credo che abbia fatto il mio stesso gesto frapponendosi fra il killer ed Eva. La sua manica è ormai del tutto sporca di sangue, ma quello che mi colpisce e la sua espressione sconvolta. Continuo a guardarmi intorno e trovo davanti la porta la mia piccola donna con le mani a coprirsi il viso contratto in una smorfia di dolore. Immediatamente mi ritrovo a camminare verso di lei e a prenderla fra le braccia. Stefania si irrigidisce, cercando di liberarsi, ma non appena alza gli occhi verso i miei si lascia andare contro il mio petto in un fiume di lacrime. Ed è a quel punto che mi rendo conto del perché delle loro espressioni.
Un brivido freddo mi corre lungo la spina dorsale. Stringo più forte Stefania nelle mie braccia, vorrei portarla subito via ma non posso. Sono legato a quell'immagine che si aggiunge a quelle orribili dell'ultima settimana.
«Massimo...» Non so se lo sto chiamando o sto solo constatando che sul quel pavimento freddo non è solo caduto l'assalitore. Sul corpo dell'uomo giace immobile quello del mio amico. Tengo il volto di Stefania coperto per celarle quella vista, mentre finalmente vedo arrivare in aiuto i medici e infermieri del reparto.
Sono attimi che durano un'eternità. Sembrano passate ore dal primo sparo e invece è tutto avvenuto in pochi minuti. Il corpo di Massimo viene preso di peso e spostato su di una barella così come anche l'uomo che ha provocato tutto questo.
Gli infermieri li portano via mentre ora sento una voce ben distinta. Un giovane poliziotto è seduto alle mie spalle mi volto e tiene ancora in mano una pistola mentre continua a ripetere una litania. «Io non volevo. Io non volevo. Io non volevo.»
«Signori, venite con me.» L'infermiera del primo giorno ci fa uscire definitivamente dalla stanza. «Lei mi segua.» Parla con Sergio, per poi girarsi, nuovamente, verso di noi. «Devono controllare la vostra amica.» Ci sospinge fuori facendoci accomodare accanto al poliziotto che ora ha smesso di parlare e si tiene il viso fra le mani.
«Dov'è Massimo?» Le chiedo subito.«Lo stanno controllando.» Il suo tono è sbrigativo. «Bevete questo.» Ci porge due bicchieri con del te dentro. «Lo zucchero vi farà bene.» Prendo entrambi i bicchieri e ringrazio la donna che se ne va via.
«Stefania. Stefania, amore ti prego bevi.» Non si muove neanche. «Farà bene al bambino.»A quell'affermazione mi si mostra distrutta e prende la bevanda che porta subito alle labbra che le tremano.
«Pensi che stia bene?» Mi chiede quando anche l'ultimo sorso dolciastro è stato ingerito.
La guardo per poi fissare il pavimento sporco di sangue, siamo rimasti noi due fermi davanti questa porta e la verità è che non so più niente.
«Io non lo so.» Non so cosa è accaduto. Non so perché dovesse andare così. Non so se è davvero la fine. Porto una mano al ventre di Stefania tirandomela in braccio e non appena le sue lacrime mi bagnano il capo, mi lascio andare anche io, accarezzando quella piccola luce di futuro migliore che è mio figlio.
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Bugia o Magia
RomanceEva e Massimo. Amore e risentimento. Odio e nostalgia. Bisogno e orgoglio. Emozioni contrastanti per chi si è amato in passato e ora vive nell'illusione di poterne fare a meno. "Come un mago provetto ho imbastito uno spettacolo che ha cancellato la...