Capitolo 34

406 26 12
                                    

Massimo

Con lo sguardo seguo Eva trascinarsi sulle scale con il borsone in spalla. Sbatto la portiera con un po' più di forza, di quella necessaria, ma sento la rabbia crescere dentro per l'incontro che sto per fare e per quella donna che mi fa uscire fuori di me in tutti i sensi.

Il mutismo che ha accompagnato il nostro viaggio in auto avrebbe dovuto farmi piacere e invece mi ha incasinato il cervello più di quanto già non lo fosse per le domande che mi sono preparato per quello stronzo. Non devo sbagliare nulla oggi e dovrei essere concentrato, cazzo! E invece mi scervello sulla reazione di quella pazza quando l'ho guardata appena uscita dallo spogliatoio. I vestiti di Stefania sono una provocazione sulle curve di Eva, non ho potuto mostrare indifferenza, non ho potuto impedire ai miei occhi di accarezzare il suo corpo e sono certo di non aver celato la lussuria che mi ha provocato, troppo sorpreso per mantenermi distaccato.

Cazzo, lei è bella sempre per me. Con indosso una tuta logora o con un vestito di alta sartoria riesce sempre a incantarmi e questo, purtroppo, non è cambiato.

Mi torturo l'interno della guancia mentre la raggiungo all'entrata di quel vecchio edificio.
Subito individuo il senatore bello agghindato per l'evento, il suo atteggiamento spocchioso e arrogante è un insulto agli uomini che sono morti per donarci la libertà e per pagargli i suoi vizi del cazzo.

Rispondo educatamente al suo segretario, nonostante il suo accenno al tempo del coglione mi faccia girare le scatole. Resisto a tutta questa finzione solo perché so quello che avverrà presto. Eva si ferma al mio fianco e lascia scivolare il borsone ai suoi piedi. Sono certo si stia guardando attorno quando, a grandi falcate, Massaro la raggiunge arpionandole la mano nella sua lurida.

Le sue attenzioni indugiano troppo sulla pelle chiara di Eva, come a volerla sporcare dei suoi lascivi istinti, è palese dal suo sguardo che lei ha fatto colpo. Sento il sangue ribollire nelle vene per l'istinto di proteggere il mio territorio, sono pronto a scattare quando, la voce mellifluo di Eva, mi colpisce allo stomaco attirando il mio sguardo di ribrezzo. Quella versione di donna che incrocia gli occhi di quel viscido senza timore mi provoca sdegno. Sconcertato la vedo sostenere i discorsi di quell'uomo come se apprezzasse le sue attenzioni. La sua abile trasformazione riporta a galla vecchi ricordi e ferite.

Eccola la bugia, ecco l'ammaliatrice che mi ha conquistato con l'inganno, eccola mostrarsi sfrontatamente ai miei occhi.

Massaro pende dalle sue labbra rosse, totalmente ignaro di chi a davanti, ne dovrei provare gioia, perché sono certo che Eva riuscirà a fare un ottimo lavoro ma invece ne sono ferito.

«Senatore...» riporto la conversazione su di un piano professionale invitandolo a spostarsi nel luogo condiviso per l'intervista. Con un sorriso forzato lo vedo accettare la mia richiesta.

«È sempre un piacere parlare con lei Preziosi, soprattutto quando ad accompagnarla e una così incantevole professionista.» Torna a fissare il culo di Eva sfrontatamente, mentre lei ignara sistema la sua attrezzatura.

«È sempre un piacere unire l'utile al dilettevole, non crede?» Lui è un esperto in questo.

«Senatore, Preziosi, da questa parte, è tutto pronto.» Il suo segretario con il ciuffo nero ben gellato sul capo e gli occhiali neri stile Clark Kent, ci fa segno di sederci su due poltrone di pelle marrone sistemate una di fronte all'altra con l'immenso giardino privato dell'edificio alle nostre spalle.

Ci accomodiamo e mi sento a mio agio, posso finalmente porre le domande, che avevo elaborato e preparato, al mio interlocutore. Il profumo di Eva mi giunge a fasi alterne mentre, con leggiadria, ci gira attorno fotografando l'uomo che mi sta davanti, in vari momenti del nostro dialogo.

Finisco le domande riguardanti l'evento di beneficenza e passo alle uniche riguardanti il mio vero articolo. «Ho saputo che ha fatto un viaggio di piacere nell'ultimo mese.» Lo vedo raddrizzare la schiena attento a dove voglio arrivare.

«Sì, è così. Non posso sempre dedicarmi al mio dovere di rappresentante dello stato ho anche degli obblighi nei confronti della mia famiglia.» Sorride falsamente assumendo l'atteggiamento di buon padre e marito.

«Oh, certo, sono d'accordo. Siete stati in Francia se non sbaglio?» Faccio finta di prendere qualche appunto, nonostante abbia attivato il registratore.

«Mia moglie e mia figlia volevano vedere la Provenza in primavera.» Il flash di Eva cattura il suo sguardo incerto su dove voglia andare a parare.

«Peccato le abbia dovute lasciare sole per ripartire, doveva essere un impegno molto impellente quello che lo ha portato fuori dal continente.» Un'altra foto coglie la sua sorpresa alla mia domanda. In teoria nessuno era a conoscenza di questa cosa.

«Si sbaglia, io ero in Provenza.» Il suo tono autoritario contrasta con il gesto della mano che invita il suo giovane aiutante a terminare l'incontro.

«Il tempo è concluso. Grazie per essere venuti...» La voce efficiente del ragazzo interviene in aiuto del senatore.

«Strano, ho la certezza che lei fosse a Kyoto.» Mi sembra sbiancare sotto il cerume.

«Follia, ora se ha finito, dovrei tornare al mio lavoro.» Lo vedo alzarsi e sistemare la sua giacca sgualcita.

«Certo.» Mi alzo anche io, facendogli così credere di aver finito. «Ah, un'ultima cosa. E li che compra la GHB che usa nei suoi parti? E con quella che ha ucciso Lucia Salvi?»

«Il Senatore non ha altro da aggiungere.» Con soddisfazione li vedo scappare in ritirata mentre Eva non si lascia sfuggire niente. Sono certo abbia fatto un ottimo lavoro.

Restiamo soli nell'enorme stanza e mi viene spontaneo sorridere alla fuga di quel verme. Eva abbassa la macchina fotografica mostrandomi il suo volto e c'è sopra il mio stesso sorriso.
Complici ci perdiamo nella soddisfazione di quel momento. Abbiamo ottenuto quello che volevamo, con grande soddisfazione.

Mi si avvicina lentamente fino a fermarsi a un paio di passi da me, alzo la mano per spostare indietro i miei capelli che erano ricaduti sulla fronte ma non stacco i miei occhi dai suoi. Mi sento perdere in quel verde brillante e allo stesso tempo mi sembra di ritrovarmi lì dove l'avevo lasciata.

Le sue labbra che stavano ancora sorridendo si rilassano tornando serie. Le lascia socchiuse catturando la mia attenzione. Osservo la curva invitante sotto il labbro inferiore, la morbidezza di quello superiore mi attrae, cancellando tutto. Tutti i motivi del perché non dovrei riassaggiarne la dolcezza.

Come sospinto muovo quei due passi che me la riportano vicina. Vicina come non dovrebbe essere. Vicina come non dovrei desiderare. Mi sembra di sentire il rumore del suo respiro cessare come catturato nel mio, come accadrebbe se le nostre bocche si unissero.

Le dita della sua mano destra sfiorano il livido sulla mia guancia. Ed è il primo vero contatto che abbiamo dopo una settimana che stiamo praticamente sempre insieme. Sento il mio cuore palpitare e istintivamente chiudo gli occhi come a trattenere le emozioni che quel lieve tocco mi scatena dentro.

«Cosa è successo?» mormora quasi sulle mie labbra visto che a dividerci c'è solo la sua macchina fotografica che tiene attaccata al collo. Il suo soprabito sfiora le mie braccia che tengo allungate sui fianchi, stringo i pugni per non cedere all'impulso irresistibile di farla mia.

«Ti accompagno a casa.» Il mio tono rauco non dà voce ai miei pensieri, non era questo quello che volevo dire. Ma forse è meglio così.

Bugia o MagiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora