Capitolo 89

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Massimo

Non li accompagno neanche, me ne resto fermo con quei fogli in mano taglienti come lame. Non posso fare un cazzo di niente, alzo e abbasso i talloni per sfogare i miei furori. Il consiglio del poliziotto è corretto, non voglio fare una cazzata ora come ora, nonostante, il sangue che bolle. Nonostante vorrei spaccare in due quello stronzo. Devo pensare alla mia Eva. Voglio esserci quando riaprirà i suoi occhi, non farò nulla che me lo impedisca.
Forse l'unica cosa che posso fare è cercare notizie, capire dove si trova. Chiamo il mio informatore e al momento non sa molto più dei due poliziotti. Mitoshi è qui, ma purtroppo questo è ormai ovvio, ma nessuno sa dove. Ci risentiremo più tardi nella speranza che stavolta abbia qualcosa di nuovo da dirmi. Chiudo e mi passo più volte le mani in faccia, spero ancora di poter cancellare questo incubo.

Chiamo Matteo e Vanessa invitandoli qui da me, voglio aggiornarli e pianificare un turno con loro. Vorrei che con Eva possa starci sempre uno di noi quando consentito.

Mi alzo per preparare un caffè, è tardo pomeriggio, il sole sta scendendo dietro la montagna ma non ne riesco ad apprezzare la bellezza. Attendo che il campanello suoni in quel silenzio assoluto che mette ansia. Mi sento sospeso in una pausa non voluta, un dolore costante al petto: forte, intenso, spossante, una morsa che non lascia spazio ai polmoni per respirare, come se non fosse più necessario, come se fosse troppo difficile. Il terrore costante che il telefono possa squillare per una notizia che non voglio avere.

Guardo lo schermo rotto e vi passo sopra il pollice, questo si illumina mostrandomi la foto di Eva sullo sfondo. Ritorno ad accarezzare questa volta lei, i suoi lineamenti il suo sorriso. La mia Eva. Le parole del medico mi tornano in mente.
«Devo avvisare tuo padre, amore mio.» Scorro la rubrica fino a quel nome che per me non significa niente, non l'ho mai visto in tanti anni condivisi con sua figlia, non ha mai avuto il desiderio di conoscermi. Al secondo squillo una voce profonda risponde al telefono.

«Signor Valli?» mi sembra sbagliata questa telefonata.

«Sì. Chi è?» Mi obbligo a parlare.

«Sono Massimo, il fidanzato di sua figlia.» Mi presento ma sono certo che non sappia di cosa parlo. «La chiamavo per dirle che Eva ha avuto un'aggressione...» mi passo la mano sulla nuca. «Ed è molto grave. L'hanno dovuta operare e ora è in coma, non si sa ancora cosa accadrà.» La parte finale è la peggiore da dire. Il silenzio dietro la cornetta mi fa sperare che abbia un po' di affetto per sua figlia, ma ben presto mi smentisce.

«Mi dispiace moltissimo, ma io ora non posso venire, mia moglie è incinta e quindi non posso lasciarla sola.» Quello che dice è imbarazzante per lui e per me. «Sono certo che lei le starà accanto...»

«Certo signore.» Rispondo freddo.

«Bene, mi faccia sapere. Ora devo andare.»

«Certo, arrivederci.» Incredulo fisso lo schermo ormai spento. Che vita orribile ha passato. Ho comunque fatto il mio dovere l'ho avvertito, ora non sono tenuto più a niente. Lascio il telefono sul ripiano e vado in stanza per una doccia, l'ho rimandata per quel biglietto ma ora è necessaria.

Mi spoglio e mi rivesto senza capire neanche come, la mia mente è in costante ricerca di dettagli, di sfumature di quelle terribili ore e di prima. Cerco di capire se qualcuno ci seguiva, se avessi potuto fare qualcosa. Ripenso allo stupido corso di autodifesa che l'ho obbligata a fare e che non l'ha aiutata affatto.

Indosso una tuta e con i capelli bagnati me ne torno in salotto proprio quando sento suonare il campanello. Guardo dal video e senza rispondere apro a Matteo e Stefania, accosto la porta di casa e mi lascio andare sul divano. Non ho ancora raccolto nulla di quello che la mia rabbia ha distrutto e non è affatto un bello spettacolo.

«Cazzo!» Matteo si annuncia facendomi girare leggermente. I miei occhi lo vedono avanzare con qualcosa da mangiare dentro a delle buste e poi torno a guardare la porta dove Stefania è rimasta pietrificata.

È sulla soglia di casa con una mano al petto e una alla bocca leggermente aperta. I suoi occhi osservano i resti della mia impotenza sparsi in giro, e li vedo diventare sempre più lucidi fino a quando non raggiungono i miei. Restiamo così a fissarci in uno scambio silenzioso e pieno di dolore. Le sue iridi nocciola solitamente calde e ridenti ora sono piene di lacrime e dispiacere. Resto a fissarla, troppo è il bisogno di condividere il mostro che mi sta mangiando da dentro e lei è quella che meglio di tutti lo può sentire e spero esorcizzare. In sottofondo sento Matteo far rumore in cucina, ignaro del momento che stiamo vivendo noi due. Anche i miei occhi diventano liquidi senza vergogna, senza timore. Lei è Stefania ha sempre visto tutto di me anche il peggio.
Dopo aver toccato entrambi l'orlo del burrone, dove sarebbe facile lasciarsi andare, come dandoci forza a vicenda ci allontaniamo da quel luogo che non ci può dare niente, per cercare entrambi un po' di pace.
Io mi sento più quieto ad avere lei vicino e lei dopo un ultimo sguardo comincia a raccogliere i pezzi da terra come ha sempre fatto con me e la mia vita.
Ora sì che provo vergogna per quel che ho fatto e allora mi alzo per prendere dei sacchi e una scopa per aiutarla, e per aiutarmi.

Mentre Matteo apparecchia la tavola suonano nuovamente alla porta. Ovviamente è Vanessa con Roberto, apro anche a loro e torno a sistemare.

La scena di poco prima si ripete, con Vanessa che entra in casa come una furia, seguita dal mesto ragazzo. I suoi occhi scrutano senza dire niente e mentre Roberto si avvicina a Matteo anche lei si unisce a me e a Stefania per raccogliere le ultime cose.

In poco tempo abbiamo finito e siamo tutti seduti intorno al tavolo con il cibo nei piatti. Non ricordo neanche l'ultima volta che ho mangiato e faccio una smorfia per il poco appetito. Stefania mi fissa arrabbiata invitandomi a mangiare come una mamma con il figlio capriccioso. Decido di non darle altri dispiaceri per oggi e inizio a mangiare. Vanessa ci racconta di aver parlato con i dottori nel pomeriggio e che Eva è sempre stazionaria il che, secondo il suo parere di medico, è un'ottima notizia. I ragazzi sorridono e io sento la pressione tornare ad asfissiarmi. Vorrei essere con lei in questo momento ed ecco che inizio io a raccontare loro le ultime novità.

Parlo del bigliettino e dell'incontro con la polizia, tutti pendono dalle mie labbra per l'orribile scoperta. «Lui la pensa morta quindi dobbiamo fare in modo che continui a crederlo. Mi hanno suggerito di non dare nell'occhio andando a trovarla e che avrebbero messo un poliziotto a guardia della stanza.» Tutti annuiscono sconvolti. «Io però vorrei chiedervi una cosa...» Li guardo a uno a uno. «Se fosse possibile, vorrei che ci alternassimo a farle compagnia. Non voglio saperla sola.» La mia voce si spezza. Tossisco per riprendere il controllo. «Io penso che lei possa percepire la nostra presenza e spero che questo la possa aiutare. Domani andrò io...» So di star chiedendo loro di sconvolgere le loro vite.

«Inizio io, dopodomani starò io con lei.» Matteo prende subito la parola seguito da Vanessa.

«Io sono libera fra due giorni quindi andrò io.» Sento la sua voce tremare e per nascondere la sua reazione si alza svelta a sparecchiare.

«E quindi poi tocca a me.» Stefania mi stringe la mano con la sua dandomi coraggio.

Mi sento grato di averli come amici. «Grazie. Bene io vi darò il cambio a tutti così ci divideremo la giornata.»

Ascolto un po' Matteo e Roberto parlare della trasferta ma il mal di testa non mi permette di seguirli bene. Credo sia il calo tensione e quando vanno via tutti, mi metto sul divano a dormire. Non riuscirei a chiudere occhio nel nostro letto.

Domani sarò da te, amore mio.

Bugia o MagiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora