Capitolo 23

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Eva

Deglutisco con fatica l'immagine di lui che va via con un'altra donna. Una donna sexy e poco vestita come mi aveva sottolineato Vanessa. Stringo le mie braccia intorno al mio corpo sul quel freddo taxi che mi riporta a casa. Le luci della città scorrono veloci come le immagini di lui che fa l'amore con quella ragazza provocante come nei miei ricordi lo faceva con me. Vedo il mio volto scomparire sostituito da altri e mi sento portare giù da questo vortice doloroso fatto di luci e visi sconosciuti tranne uno.

«Signorina, siamo arrivati.» Giro il capo verso l'autista anziano che aspetta che io scenda per andar via.

«Mi scusi.» Sbircio il prezzo della corsa sul cruscotto, pago e scendo via.

Ancora confusa giro la chiave nella toppa e salgo le scale fino a casa di Vanessa. Il silenzio e il buio avvolgono il soggiorno, riesco a distinguere le sagome degli oggetti grazie alla luce che filtra dalla vetrata aperta. Mi guardo attorno mentre mi sfilo giacca, borsa e scarpe. Poso tutto sul pouf vicino al divano e alla fine decido di stendermi qui, non voglio svegliare la mia amica.

Tolgo anche i jeans e mi allungo sul comodo sofà coprendomi con il plaid blu che Vanessa lascia sempre fra i cuscini.

Nel silenzio della stanza fisso il soffitto nero mentre la stanchezza della giornata mi investe. Diverse emozioni si sono alternate oggi e avrei una gran voglia di piangere per far uscire via tutto, ma non lo faccio. E da tempo ormai che mi obbligo a trattenere pensando che questa sia la giusta punizione per la mia colpa.

Lentamente scivolo in un sonno pesante che al risveglio mi lascia un gran mal di testa. Sono ancora stanca e devo pure farmi forza perché oggi lavoreremo insieme.

«Finalmente hai aperto i tuoi begli occhioni.» Vanessa se ne sta seduta ai mie piedi con una tazza fumante in una mano e il telefonino nell'altra.

Sbadiglio portandomi le mani al volto. «Buongiorno.» Rispondo con voce roca. «Ma da quanto sei lì? È inquietante.» La stuzzico per riprendere il controllo di me stessa che ho perduto ieri.

«Inquietante? Io direi snervante. Ieri è stata la tua giornata e io ho dovuto lavorare e poi mi sono addormentata aspettandoti. Dovevi svegliarmi.» Mi colpisce ai piedi con il cellulare per poi abbandonarlo sulla poltrona vicino a lei.

«Ti ho già detto cosa è successo. Quello è per me?» Spero mi risponda di sì mi andrebbe un caffellatte.

«No, è il mio.» La guardo delusa. «Il tuo è sul tavolo, forza andiamo a fare colazione mentre mi racconti di ieri sera.»

Invogliata dal mio stomaco che brontola mi siedo di fronte a lei nel tavolo tondo. «Ieri sera gli ho raccontato tutto e lui mi ha chiesto di aiutarlo per l'articolo.»

«Perfetto, allora siamo pronte per iniziare la fase riconquista.» Imbarazzata guardo il disegno di spider-man sulla mia tazza.

«Lui è andato via con una donna.» Prendo un biscotto, lo inzuppo e lo mordo di malavoglia ma ho già saltato la cena e quindi mi tocca, anche se il mio stomaco si chiude al ricordo del suo sguardo mentre saliva in auto per andare via.

«Cavolo. Come ti senti?» Una merda.

«Come una che si deve abituare ad altre scene di questo genere.» Lascio stare i biscotti, non ce la faccio proprio, e bevo direttamente il mio caffellatte. «Ora devo correre via, lui non ama i ritardi.»

«Aspetta.» Mi afferra il braccio bloccandomi e leggendo chiaramente il mio dispiacere. «Non permettergli di distruggerti. Okay che ha sofferto, ma ti deve rispettare.» È palese il suo senso di protezione per me.

«Vanessa, non è colpa sua se io sono ancora innamorata di lui né se sono tornata. Cosa posso pretendere?» Allargo le braccia sconsolata.

«Sì, ma...» La zittisco.

«Non c'è nessun ma. Devo solo avere la pazienza di stargli accanto e trovare il coraggio di raccontargli tutto un giorno.» Devo trovare il momento giusto per parlare con lui ma per farlo devo farlo riabituare alla mia presenza.

«Promettimi che ogni giorno parlerai con me di qualunque cosa accada. Non tenerti tutto dentro.» Acconsento aggiungendo anche un mezzo sorriso. «Va bene, vai ora.»

Le dò una pacca sulla spalla e corro a prepararmi.

«Oh cavolo Eva, ma almeno per una volta indossa qualcosa di più accurato.» La sua disapprovazione è palese nel suo sguardo che scruta la mia immagine nello specchio davanti a me. Attenziono i miei jeans neri e la camicia azzurra con le maniche arrotolate sugli avambracci e la guardo interrogativa.

«Noi questo fine settimana andremo a fare shopping e non si discute, non puoi girare solo in jeans e maglietta. Un vestito, una gonna ma anche un pantalone attillato sono comunque una alternativa graziosa a questo.» Muove su è giù la mano davanti il mio naso disgustata.

«Così sono comoda e poi sto andando a lavoro.» Mi giustifico non sortendo alcun effetto in lei. «Vanessa io sono questa.»

«Stronzate, questa è la te che si nasconde al mondo. Vuoi fargli capire che sei cambiata, che sei più coraggiosa e allora inizia dall'abbigliamento.» È talmente convinta che potremmo stare qui a discutere una mattinata intera, su questo punto non saremo mai d'accordo. Io so che non è questo che riporterà Massimo da me.

«Okay, come vuoi. Ma ora fammi andare.» Infilo lo zaino, le mando un bacio con la mano e corro via.

Scendo le scale di corsa quando sento il mio telefono suonare. «Ha bisogno di un passaggio signorina?»

«Matteo?» Sono stupita da quella chiamata.

«In persona e fisicamente davanti la sua porta di ingresso.» Il suo tono allegro è un toccasana per la tensione che mi cresce dentro.

Inforco gli occhiali da sole ed esco in strada dove un auto accesa è posteggiata in seconda fila proprio davanti a me. La mano di Matteo mi fa cenno di salire. «Forza sbrigati o arriveremo in ritardo.» Chiude la chiamata e io mi avvicino allo sportello con passo incerto.

«Non riesco a credere che tu sia qui.» È davvero una bella sorpresa.

«Ancora per poco se non metti il tuo sexy didietro nel posto accanto al mio.»

Mi strizza l'occhio e io finalmente mi decido a salire. «Grazie, mi hai salvata. Credo sia arrivato il momento di comprare un auto oltre a trovare un'appartamento.» Continuo l'elenco delle cose urgenti che devo fare.

«Ti sei svegliata con i buoni propositi vedo. Io aggiungerei riconquistare Massimo.» Arrossisco pietrificandomi.

«E se vuoi io ti aiuterò a fare tutte cose.» Serro le labbra sempre più imbarazzata. «Respira Eva, altrimenti mi svieni qui in auto.» E io lo faccio prendo fiato.

«È così palese?» Aggiusto gli occhiali unica difesa contro Matteo e la sua lingua lunga.

«Considerando il fatto che hai lasciato il tuo lavoro di successo per venire a lavorare nel suo giornale e che per una settimana ti sei dimenticata di dirmi che conoscevi i miei due amici penso che sì, è molto evidente.»

«Scusa, all'inizio non lo sapevo e poi non volevo metterti in imbarazzo.» Torturo le cinghie del mio zaino.

«Ti perdono.» Mi colpisce una gamba con la sua mano. «Ma cara mia ti avverto è impossibile che Massimo torni quello di un tempo lo hai distrutto andando via.»

«Lo so.» Mi volto verso il finestrino.

«Comunque io ti aiuterò e penso che anche Stefania faccia il tifo per te.» Ne resto sorpresa. «Quindi direi di iniziare con la casa.»

Sorrido girandomi verso di lui che mi ricambia dolcemente.

Bugia o MagiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora