Capitolo 33

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Eva

«Cazzo!» anche il viso di Massimo e ora preoccupato.

«In fondo ho scattato quelle foto due settimane fa e io e lui abbiamo anche viaggiato sullo stesso volo. Pensi possa essere un problema?» ho bisogno della sua certezza, se per lui non c'è niente di male io sarò tranquilla.

Lo vedo togliersi gli occhiali scuri e riporli nel portaoggetti davanti il cambio. La mano corre al viso, con l'indice e il pollice si tiene la base del naso come ad alleggerire un mal di testa. Ha gli occhi chiusi e sospira stanco. «Ti ha vista bene?» Non poteva non vedermi.

«Io penso di sì. Eravamo solo noi tre per un momento.» Lo vedo passarsi la mano nervosamente fra i capelli cercando una soluzione. Cosa che faccio anche io portando dietro il capo fino a poggiarlo sul seggiolino. Nonostante il personaggio pericoloso non ho voglia di mollare. Io quelle foto voglio farle.

«Io non rischierei. Parliamo di un criminale e anche pazzo. Lui gode nel veder soffrire le donne e sarebbe un divertimento farlo per vendetta su di me.» Non gli è affatto simpatico.

«Più che altro su di me. Tu che c'entri?» Non capisco perché dovrebbe avercela con lui. Mi tiro su a osservarlo.

«Perché scoprirebbe in poco tempo tutto su di te e quindi su di noi. Mi sembra sufficiente per colpirmi...» appoggia un gomito sul finestrino aperto e con l'altro si stringe la coscia nervosamente.

«Ma sono solo una tua ex.» Quasi mormoro quella scomoda verità.

«Sei anche la mia partner.» Certo la sua collega. Non mi guarda neanche mentre parla.

Per sicurezza mi volto verso il marciapiedi, non voglio mostrargli la mia delusione per il modo in cui mi ha classificata: una semplice collega, sono certa che anche con la stagista che fa fotocopie, avrebbe saputo essere più personale.

Vedo Stefabia camminare con fare sicuro sul marciapiedi sempre impeccabile, nel suo abito verde bottiglia fino al ginocchio e il suo spolverino azzurro cielo. Tacchi e trucco perfetto sembra uscita dalla copertina di Vogue, e non posso che riflettere su di me. Io non mi discosto dal mio solito outfit, neanche per quel giorno più particolare, se non fosse per la variante giacca nera con taglio maschile sarei la solita anonima.

«Ho avuto un'idea seguimi.» Scendo velocemente dall'auto per intercettare la nostra amica. «Ti prego Stefania, devi aiutarmi.» La prendo sottobraccio e le faccio aumentare il passo.

Entriamo in ascensore seguite anche da Massimo, che è arrivato velocemente.

«Che succede?» I suoi occhi corrono in quelli del suo amico a cercare una risposta, ma non trovando risposta si spostano su di me.

«Ho bisogno dei tuoi vestiti...» Il suo viso è sbalordito dalla follia degli ultimi cinque minuti e solo il tin che segna il piano reparto moda, mi permette di evitare il discorso in ascensore. Continuo a tirarla fino alla stanza trucco che fortunatamente al momento è vuota.

«Sei impazzita?» Cerca di capirci qualcosa mentre si ricompone i capelli portandoli indietro. Il suo petto si alza e abbassa velocemente per la piccola marcia che le ho fatto fare sui suoi adorati tacchi.

«No, ho bisogno di camuffare me stessa per il servizio che dobbiamo fare e tu sei l'unica che può aiutarmi.» Annuisco con il viso mentre le stringo le braccia fra le mie mani euforica per la mia ottima idea. Sono certa che passerei inosservata semplicemente vestita decentemente e truccata. «Devo sembrare anche io appena uscita da una copertina, così potrò fare le foto tranquillamente.» Mi rimetto davanti a lei indicandola e poi indicando me.

«Non credo che basti...» Massimo non è convinto, scuote la testa mostrandomi il suo adorabile broncio. Okay, non è il momento di distrarmi.

«Sì, secondo me si può fare. Vieni.» Stefania mi afferra per un braccio per condurmi nei camerini infondo alla stanza.

«È impossibile!» Torna a ribadire Massimo.

«Allora, spogliamoci. Ti passo i vestiti appena ho fatto e tu farai lo stesso.» Acconsento tirando indietro la tenda per poi richiuderla alle mie spalle.

Velocemente mi denudo osservando il mio corpo nello specchio che riflette la mia immagine. Pochi, insignificanti, strati di stoffa cambiano completamente la donna che si liscia elegantemente il soprabito azzurro. Anche se entrambe minute il mio corpo, leggermente più formoso, si esalta in quegli abiti femminili, facendomi sentire nuda. Intimidita mi porto i capelli indietro e nonostante il desiderio di riavere i miei jeans anonimi sia grande, la voglia di fare il servizio con Massimo è più pressante.

«Hai fatto?» la voce eccitata di Stefania mi fa sorridere anche lei, come Vanessa, ha sempre provato a farmi indossare abiti più curati.

«È pronta?» Ecco, questa è la voce che non volevo sentire proprio ora che mi vergogna anche solo guardarmi io stessa. «Allora... non abbiamo tutto il giorno.»

Sempre gentile. «Eccomi!» tiro via velocemente il telo nero mostrandomi ai due che contemporaneamente sgranano gli occhi. Ma mentre quelli di Stefania sono pieni di orgoglio e mi danno coraggio, il suo di sguardo è un pugno nello stomaco. Lo stupore si mischia con l'istintivo apprezzamento maschile e questo non riesco a sopportarlo. Delusa abbasso gli occhi. «Finiamo l'opera.» Mi avvio al trucco con passo spedito sperando che il giorno finisca presto, come il dolore che sento dentro.

«Chiudi gli occhi.» La mano esperta di Stefania completa l'opera con maestria, come un pittore che da le ultime pennellate, mentre l'odore dei cosmetici mischiato a quello del suo dopobarba, per la prima volta, mi fa venire il voltastomaco.

L'immagine di lui che va via dai locali con donne vestite e curate come la mia me di adesso, mi fa sanguinare il cuore. È diventato questo. Il mio Massimo non badava a certi dettagli, infinite volte gli ho visto non degnare di uno sguardo le donne perfette che lo veneravano. Lui vedeva solo me, senza capi firmati o laminati. Questo uomo non mi avrebbe mai notata, non sarei stata abbastanza come forse non lo sarò ora.

Il trucco è finito e come avevo intuito Massaro non mi riconoscerà mai in questi panni. Una ragazzina imbranata e ora una donna professionale.

«Okay, andiamo.» Mi alzo senza incrociare quegli occhi troppo dolorosi. «Grazie, Stefania. Se stata preziosa.» Le stringo le mani per poi avviarmi all'ascensore. Aspetto che anche lui entri e mentre preme il bottone del piano sto sempre faccia a terra. Salgo in auto e controvoglia mi godo la sua vicinanza che, in contrasto con il terremoto che ho dentro e che lui stesso mi ha causato, mi rassicura invitandomi a dare il meglio di me.

Sbircia il mio profilo, lo sento, ma non dice niente, sicuramente spiazzato dal mio cambiamento di umore. Segue la strada serio in assoluto silenzio

Il palazzo di mattoni rossi che ospiterà la serata di beneficenza ,mi si mostra davanti nella sua eleganza. Tiro un respiro per placare l'ansia, quando scendo velocemente dall'auto per recuperare il mio bagaglio da dietro. Non voglio aiuti da parte sua.

La portiera sbatte alle mie spalle e io mi fermo davanti la scalinata. «Pronta?» Stranamente sento incoraggiamento in quella parola, ma non voglio illudermi, non ha avuto nessuna parola gentile per me da quando sono tornata.

«Certo.» Salgo il primo, il secondo tutti i gradini, aumentando la fiducia in me stessa a ogni passo. La mia mente è ormai protesa al lavoro che dovrò fare e sono emozionata alla possibilità di partecipare, a modo mio, allo smascheramento dell'uomo che ora parla animatamente al telefono. Varchiamo il portone in legno scuro e lui ci regala un'occhiata fugace.

«Il Senatore ha poco tempo a disposizione quindi fate presto.» Il suo collaboratore in giacca e cravatta ci accompagna dall'uomo che infila lentamente il telefono nella tasca della giacca. I suoi occhi viscidi scivolano sul mio corpo mostrandomi il suo apprezzamento nel sorrisino sghembo che mi provoca l'orticaria.

«Ben arrivati!»

Si comincia.

Bugia o MagiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora