Capitolo 37 - Epilogo doloroso

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Leonardo

Non sento e non vedo Angelica da una settimana. Non è più venuta al lavoro, giustificando l'assenza con evidenti scuse.

E come se non bastasse, venerdì nella mia cassetta delle lettere c'era un'altra missiva anonima, una di quelle che mi assicura di essere tra i pensieri del mio persecutore.

Inizia una nuova settimana e non ho nessuna voglia di alzarmi dal letto.

Spengo la sveglia che suona ripetutamente sul mio comodino e cerco di raccogliere le forze per alzarmi e portare Marco a scuola.

Marco si è accorto che non sono il papà di sempre e, vedendomi triste, ha chiesto a Veronica di poter passare il fine settimana con me, anche se non era il mio turno. A volte dimentico che mio figlio sta crescendo e che non è più tanto facile nascondergli gli stati emotivi dei genitori.

Dopo aver portato Marco a scuola, mi ritrovo a passeggiare sul lungolago senza una meta precisa. La verità è che sto cercando di posticipare il mio ingresso in studio, non soltanto perché non ho alcuna voglia di vedere Agnese e il mio stagista, ma anche perché non so se in ufficio oggi tornerà Angelica.

Alessandro continua a ripetermi che è una situazione assurda. Ed io non posso che dargli ragione. Non so nemmeno più se stiamo insieme o se ci siamo lasciati. Anche se ormai sono più che sicuro che Angelica abbia ripreso la sua relazione con Roberto.

Dopo averla vista con lui fuori dalla scuola, ho saputo dall'investigatore che ho incaricato perché la proteggesse, che nel fine settimana è uscita con Roberto. Un'uscita a quattro: lei, la sua amica Elisa e il suo ragazzo, e quel Roberto.

Mentre osservo il lago in questa giornata uggiosa di novembre, con la luce ancora fioca del primo mattino, mi rendo conto che alla sofferenza si è aggiunta la delusione. Non avrei mai pensato che Angelica potesse comportarsi in questo modo. E' sparita senza darmi una spiegazione. Mi ha scaricato ed evitato nello stesso modo in cui una ragazzina evita il compagno di scuola di cui non è più interessata.

Forse aveva ragione Veronica a mettermi in guardia da una relazione con una ragazza molto più giovane di me.

Quando prendo coraggio e decido di andare in studio, sono già le nove passate. Entro e mi chiudo nella mia stanza senza salutare nessuno, né accertarmi se Angelica sia assente anche oggi.

Sto appoggiando il cappotto sulla sedia della mia scrivania, quando sento bussare.

<<Avanti>> dico in tono volutamente scocciato. Non ho nessuna voglia di dover affrontare Agnese o il nipote. Fingere che non sospetto nulla, sta diventando per me sempre più difficile. Ma Martina mi ha consigliato di continuare a comportarmi normalmente. Agnese e il nipote non devono accorgersi dei miei sospetti, altrimenti potrebbero agire in maniera più attenta - ove fossero effettivamente colpevoli - e quindi depistare le autorità.

Ma quando la porta si apre, sento il cuore sobbalzare nel petto. E' Angelica e l'espressione che ha sul volto non è affatto promettente.

<<Leonardo, sono qui solo per riportarti i fascicoli che stavo gestendo. Da domani non verrò più>> mi informa con tono severo, cercando di non lasciare trasparire un'agitazione interiore, che spero in cuor mio stia almeno provando.

<<Quindi lasci lo studio>> replico con la freddezza dell'avvocato Adamante dei primi mesi di pratica di Angelica. Lei ha preso la sua decisione, sul lavoro come evidentemente nella vita, ed io non ho nessuna intenzione di pregarla o di implorarle di restare.

<<Sì, lascio lo studio>> insiste, poggiando sulla mia scrivania i fascicoli che ha in mano, senza degnarmi del minimo sguardo. Da quando ha aperto la porta della mia stanza, mi ha guardato negli occhi soltanto per un secondo. Sfugge al mio sguardo forse per paura che io possa leggere nei suoi occhi la sua infedeltà.

Ed io ho la stessa terribile paura di leggere nei suoi occhi la prova del suo tradimento. Perciò distolgo anche io lo sguardo, afferro una sigaretta dal pacchetto che ho in tasca e la accendo, simulando il comportamento dell'uomo indifferente e distaccato che lei tanto ha disprezzato in passato. Lo faccio di proposito, non so se con l'intento di scorgere in lei almeno un segno che dimostri che si sente ferita quanto lo sono io, o se per nasconderle il dolore che mi porto dentro e che le ho permesso di infliggermi, fidandomi di lei.

Ma oggi più che mai nascondere il mio tormento e la mia amarezza mi risulta terribilmente difficile. Oggi più che mai mi sento spogliato della mia corazza, quella che in passato mi ha permesso di non crollare davanti alle ostilità della vita e che ora mi pento di aver abbandonato davanti ad Angelica. Quella corazza mi ha sempre consentito di tenere le persone a distanza e di non essere ferito irrimediabilmente.

<<C'è un'altra cosa>> continua poi lei, mentre si sfila l'anello di fidanzamento dall'anulare, in un gesto che mi trafigge come una dardo avvelenato in pieno petto.

<<Ti restituisco l'anello. La nostra relazione finisce qui>> conclude perentoria, poggiando l'anello sulla mia scrivania.

Io resto di pietra per alcuni secondi, incapace di pronunciare qualunque parola.

Sono più che sicuro che il mio volto, sul quale sto cercando di simulare un'espressione imperturbabile, manifesti tutto il mio turbamento interiore. La mano con cui stringo la sigaretta trema impercettibilmente, mentre la tensione che ho in corpo, mi impedisce quasi di respirare.

Quando Angelica si incammina verso l'uscita della mia stanza voltandomi le spalle, riesco solo a dire poche inutili parole. Parole che avrei voluto uscissero dalle mie labbra in tono meno ferito e più distaccato. Ma ho la morte nel cuore e dissimulare in queste condizioni è arduo anche per uno come me, che ha imparato a fingersi per una vita qualcuno che non è.

<<Quindi è finita?>> dico, rimanendo immobile.

Angelica senza neppure voltarsi a guardami, sferra il suo ultimo colpo al mio cuore ormai malandato.

<<E' finita>> conferma con voce dalla quale avrei voluto trapelasse almeno un po' di esitazione. E invece la voce di Angelica è decisa, determinata, risoluta, quasi sollevata, come se lei non avesse alcun ripensamento. Come se lei finalmente si fosse tolta un peso dalle spalle.

Non riesco a dire più nulla. La osservo uscire dalla mia stanza e chiudere la porta, con l'animo oppresso da un macigno.

Resto immobile dove mi ha lasciato, per non so quanto tempo. Poi mi accascio sulla poltrona della mia scrivania, sentendo le lacrime rigarmi il viso.

Se confessi, ti sposo! 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora