Capitolo 40 - Rivedersi

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Leonardo

Sono più di due settimane che non ho notizie di Angelica. E purtroppo non ho alcuna novità neppure sul fronte indagini.

Da quando Angelica mi ha lasciato e ho deciso di lavorare il più possibile da casa, ho l'impressione che la mia vita sia andata in stallo. Una ripetizione continua di gesti vuoti sospinti dalla forza di inerzia.

Mi alzo ogni mattina con il suono abituale della mia sveglia, che ormai ha assunto un tono sgradevolmente monotono. Salto la colazione, perché il mio stomaco, non solo non percepisce più la fame, ma è tormentato da giorni da un senso di fastidiosa nausea. Mi lavo e mi vesto con gesti automatici, come un automa. Poi mi siedo al computer a redigere atti e pareri senza sosta, costringendo la mia testa ad impegnarsi senza soluzione di continuità in attività che richiedono la massima attenzione, così da non permettere alla mia angoscia di governare i pensieri.

Lavoro senza interruzione, ingoiando di tanto in tanto qualcosa da mangiare, quel tanto che basta per tenermi in piedi, senza alcun interesse per quel che ingurgito.

Quando arriva sera, non permetto al mio cervello di potersi perdere in ragionamenti e congetture che mi torturerebbero per tutte le ore notturne, assumendo l'ansiolitico che mi hanno prescritto i medici quando mi hanno dimesso dall'ospedale dopo il mio rapimento.

Mi addormento quindi in un sonno senza sogni che non ha nulla di rigenerante, come se al robot, che mi sembra di essere diventato, venisse sfilata la batteria in attesa di ripristinarla l'indomani.

Oggi ho un'udienza a Milano al TAR per la pratica dei clienti che mi ha passato Elisabetta. Non si può dire che sia entusiasta di dover rivedere Elisabetta. Dopo il nostro ultimo incontro ed averla respinta con non troppo garbo, ci siamo sentiti solo una volta al telefono per discutere della pratica.

In quell'occasione ho evitato di proposito di parlare di quanto accaduto, limitandomi a discutere delle questioni di lavoro.

Mentre guido in direzione del tribunale, cerco di concentrarmi sul ricorso al TAR che dovrò discutere, ma il tentativo è fallimentare. Il pensiero di Angelica torna ad ossessionarmi, come ogni volta in cui non tengo la mente impegnata nello scrivere qualche memoria.

Quando finalmente raggiungo il corridoio del tribunale, ho un tuffo al cuore: davanti alla porta del Collegio c'è Angelica che parla con quelli che immagino essere dei colleghi.

Mi fermo quindi in un angolo del corridoio, in un punto il più possibile distante da Angelica, che nel frattempo si è voltata nella mia direzione.

Quando si accorge della mia presenza, ci fissiamo per alcuni istanti.

Ho come l'impressione che il tempo si fermi e che le persone che affollano il corridoio scompaiano.

Vedo solo Angelica, che stringe un fascicolo tra le mani e che mi fissa in maniera indecifrabile.

Vorrei tanto essere in grado di leggere i suoi pensieri. Vorrei poter capire se dietro quello sguardo si nasconde lo stesso turbamento che mi riscuote dal torpore in cui mi sono rifugiato in questi giorni, per riuscire a rendere più tollerabile la sofferenza.

Mi ritrovo, senza neppure accorgermi, ad alzare una mano in segno di saluto, un saluto che Angelica ricambia timidamente, per poi voltarsi nuovamente a parlare con alcuni colleghi.

E' così che mi liquida. Con un saluto frettoloso e di circostanza, che manifesta quasi fastidio.

Sono combattuto tra la voglia di correre da lei, afferrarla per un braccio e portarla via da qui per chiederle perché non mi ama come la amo io, e la volontà di mostrarmi indifferente e disinteressato.

Quel poco di orgoglio che mi è rimasto, mi impedisce di dare ascolto all'uomo innamorato e senza spina dorsale che mi rendo conto di essere.

Distolgo quindi lo sguardo da lei, faccio un lungo respiro e rivesto i panni dell'algido avvocato Adamante, cercando di convincere i miei occhi a non mostrare più attenzione per Angelica.

Mentre sto ancora cercando di riprendermi dall'incontro, con il cuore che sembra essere impazzito nel mio petto, sento una mano poggiarsi sulla mia spalla.

Mi volto e mi ritrovo davanti Elisabetta, fasciata in un abito aderente dalla scollatura generosa e decisamente inappropriata all'ambiente.

<<Ciao Leonardo, scusa il ritardo. Hanno già chiamato la nostra causa?>> mi domanda Elisabetta.

<<No, credo ci sarà da aspettare un bel po'>> replico distratto, mentre sto ancora cercando di rallentare i battiti del mio cuore.

<<Leonardo, so che questo non è né il luogo né il momento, ma volevo scusarmi di nuovo con te per quello che è accaduto durante il nostro ultimo incontro. Non sapevo che fossi fidanzato>> mi dice Elisabetta, ritornando su un argomento, sul quale non vorrei proprio dover ritornare.

<<Non importa. Capitolo chiuso>> rispondo sbrigativamente, sperando che Elisabetta capisca che non intendo parlare più delle sue avance.

<<Se avessi saputo che eri impegnato, non mi sarei mai permessa di parlarti in quel modo. Mi spiace davvero. Tu mi avevi detto di frequentare qualcuno, ma non sapevo fosse una cosa così seria. Poco dopo il nostro incontro, ho incrociato Alessandro in tribunale e mi ha detto che stai per sposarti. Ti chiedo ancora scusa e ti faccio le mie più sincere congratulazioni>> conclude Elisabetta.

<<Ti ringrazio, ma le tue congratulazioni arrivano in ritardo>> dico dando fiato ai miei pensieri e senza quasi accorgermi di aver parlato ad alta voce. Mi rendo conto che ora dovrò dare delle spiegazioni.

<<Cosa vuoi dire?>> mi domanda infatti Elisabetta.

<<Nulla, solo che non mi sposo più. Ora scusami, ma devo riguardare il fascicolo prima dell'udienza>> replico frettolosamente, dirigendomi verso la sala avvocati e lasciando Elisabetta nel corridoio senza attendere la sua replica.

Spero solo che averle fornito informazioni così precise sul mio stato civile non abbia ripercussioni ulteriori sul rapporto che ho con questa collega, un rapporto che mi auguro rimanga meramente professionale. D'altronde se anche non avessi detto nulla, prima o poi avrebbe capito che non ho più alcuna relazione e che non sto affatto per sposarmi.

Mi siedo al tavolo della sala avvocati, afferro il mio fascicolo e tento di concentrarmi con fatica sull'udienza. Ma il mio cuore continua a correre veloce togliendomi il fiato.

Se confessi, ti sposo! 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora