Capitolo 10 - Delusione

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Leonardo

<<Ne hai parlato con Angelica?>> mi domanda Alex mentre ci incamminiamo verso il lungolago di villa Geno.

E' passato ormai qualche giorno da quando ho ricevuto quella maledetta lettera anonima, ma non ho proprio la forza di parlarne ad Angelica. Non soltanto perchè da quell'incidente con la memoria Dellera, lei sembra volermi evitare, ma anche e soprattutto perchè quelle poche lettere ritagliate da chissà quale rivista e incollate in maniera disordinata su un anonimo foglio di carta bianco hanno peggiorato i miei già numerosi attacchi di panico.

Per questo con Angelica cerco di fingere che vada tutto bene e di evitare qualsiasi argomento di conversazione che possa creare ulteriore tensione tra di noi. In questo momento non riuscirei a sopportare ulteriori fonti di stress. Mi sento sempre sul punto di crollare da un momento all'altro e non voglio farlo davanti ad Angelica.

Preferisco di gran lunga che pensi di me che sono il solito stronzo, piuttosto che si accorga che ho i nervi completamente a pezzi.

<<No, non le ho raccontato nulla>> mi limito a rispondere al mio migliore amico.

<<Non capisco perchè tu non voglia confidarti con lei, Leo. Perchè cerchi sempre di tenere le persone a distanza?>> mi incalza Alex, porgendomi una domanda che mi colpisce nel profondo.

<<Non capisco cosa intendi dire. Non vedo cosa c'entri il fatto di non raccontare ad Angelica della lettera anonima che ho ricevuto, con il tenere le persone a distanza>> butto là, pur avendo intuito dove voglia arrivare Alessandro.

<<C'entra eccome, Leo! Non hai raccontato nulla ad Angelica neppure dei tuoi attacchi di panico e di come ti senti adesso. E non venirmi a dire che non le racconti nulla per non darle inutili preoccupazioni! Questa è la giustificazione che dai a te stesso. Tu non le racconti un bel niente perchè preferisci tenerti a distanza di sicurezza dalle persone. Tu non vuoi che Angelica conosca tutte le tue debolezze, perchè hai una fottuta paura di soffrire!>> conclude perentorio Alex.

Vorrei mandarlo a quel paese per la sua non gradita psicanalisi da quattro soldi, ma la verità è che Alessandro ci ha preso in pieno. Per questo mi limito a fissarlo senza riuscire a replicare qualcosa di sensato che possa depistarlo.

<<E non guardarmi con quella faccia! Ti conosco ormai da tanto di quel tempo, Leo, che per me sei un libro aperto, nonostante tu cerchi di chiuderti come uno di quei diari segreti muniti di lucchetto! So che non sopporti le paternali e pertanto non ti dirò che sono più che sicuro che uno psicologo attribuirebbe il tuo chiuderti a riccio alla morte prematura di tua madre>> prosegue Alex ridacchiando e canzonandomi per smorzare la tensione che si è creata tra di noi a causa degli argomenti di discussione, <<ma ti darò almeno questo consiglio: apriti con Angelica se non vuoi perderla>>.

So che Alessandro potrebbe avere ragione, tuttavia non riesco ad aprirmi completamente con lei. Non riesco ad aprirmi completamente con nessuno, per la verità. Neppure con Alex, ma lui ormai mi conosce talmente bene da non avere bisogno di spiegazioni. Forse è proprio questo che mi fa apprezzare così tanto la sua amicizia.

Con lui non ho bisogno di dovermi giustificare per il mio comportamento a volte irritante, lui sa perfettamente cosa penso senza necessità di dovergli esprimere i miei pensieri. A volte ho perfino la sensazione che sia in grado di prevedere, ancora prima di me, le mie determinazioni, come se riuscisse a leggermi dentro, meglio di quanto riesca a fare io stesso.

Anche quando ho iniziato a sentirmi attratto da Angelica, Alex ha capito ben prima di me che tenevo a lei in modo del tutto eccezionale. Non so se questa sua capacità di intuire le cose, capire le persone e intravedere particolari nascosti nell'evidenza sia una sua precipua prerogativa dovuta anche alla professione di avvocato penalista che svolge o se sia invece un'attitudine che riserva soltanto a me, ma so per certo che è un'abilità che gli invidio particolarmente, soprattutto quando riesce ad usarla anche nella vita privata.

Io, come lui, ho imparato dopo anni di lavoro a capire se il mio cliente o la mia controparte stanno mentendo o bleffando; me ne accorgo quasi sempre dalla postura che assumono o dagli sguardi sfuggenti con cui raccontano la loro storia o la loro tesi difensiva.

Eppure quando si tratta della mia vita o dei miei rapporti personali, sono completamente ottuso, come se il solo fatto di ritenere il mio interlocutore in qualche modo parte della mia quotidianità, mi rendesse improvvisamente cieco.

Anche per questo cerco di mantenere sempre un certo distacco dalle persone: conosco i miei limiti e non mi piace dovermi ricredere su qualcuno di cui mi sono fidato o a cui ho permesso di far parte in qualche modo della mia vita.

Insomma, ho il brutto difetto di perdere la lucidità con cui invece cerco di trattare le pratiche di lavoro. Alex invece sembra non perdere mai quella lucidità o comunque sembra perfettamente in grado di lasciarsi andare alle emozioni ed ai rapporti umani, senza per questo arrivare ad essere completamente miope come invece succede a me.

Mio padre all'inizio della mia professione diceva che ero troppo onesto per vedere il marcio che si nasconde nelle pieghe del mondo; e non lo diceva per farmi un complimento, ma per sottolineare il fatto che non sarei mai stato capace di fare l'avvocato.

E invece, dopo anni di assidua pratica, di delusioni e disillusioni, ho iniziato anch'io a vedere quel marcio. Eppure, non appena abbasso la guardia, non appena mi fido di qualcuno e gli permetto di entrare a far parte della mia vita, casco di nuovo nell'errore di non essere più obiettivo.

<<Ho capito, non hai molta voglia di chiacchierare stasera>> mi ridesta Alex dai miei pensieri, mentre mi fermo per un istante ad ammirare la luna che si specchia nelle onde tenui del lago, rendendomi conto di essere rimasto in silenzio per parecchi minuti.

<<Scusami, Alessandro. Stavo riflettendo. Comunque grazie per aver accettato il mio invito all'ultimo minuto questa sera. Ti confesso che il messaggio telegrafico con cui Angelica mi ha informato che sarebbe tornata a casa, mi ha lasciato una brutta sensazione. Da quando usciamo insieme, questo è il primo venerdì sera che mi evita così chiaramente e per di più con un semplice messaggio>> osservo, riprendendo a camminare verso villa Geno.

<<Probabilmente è solo molto stanca. Vedrai che le cose tra di voi si aggiusteranno>> mi conforta Alessandro, dandomi una pacca sulla spalla e suscitandomi un sorriso amaro che tuttavia si spegne non appena volto lo sguardo davanti a me.

Arresto il mio passo ed allungo una mano fino al torace di Alex per fermarlo.

<<Che succede?>> domanda il mio più caro amico, fissandomi perplesso.

<<Angelica>> è l'unica parola che riesco a proferire, mentre osservo la donna che amo seduta su una panchina del lungolago in compagnia di un uomo che le sta parlando a pochi centimetri dal suo volto. Il contegno di quell'uomo è molto più che confidenziale.

<<Angelica?>> domanda Alex perplesso.

<<Su quella panchina>> riesco a dire, rendendomi conto di aver proferito quelle tre parole come un sussurro. La verità è che mi manca il fiato. So che non dovrei tirare conclusioni affrettate, ma Angelica mi ha mentito ed è con un altro uomo.

<<Oh cavolo!>> sento dire ad Alex che ha voltato lo sguardo in direzione di Angelica.

Dovrei essere arrabbiato, dovrei essere furioso perchè Angelica mi ha mentito, dovrei essere preoccupato perchè con lei c'è un altro uomo che le parla con una tale intimità da non poter essere soltanto una conoscenza qualunque, e invece l'unica emozione che provo in questo istante è delusione. Una amara, profonda, smisurata delusione.

Cerco di riprendermi da quello che posso definire uno shock e mi volto di spalle iniziando a camminare a passo veloce, cercando di mettere quanta più distanza possibile tra me e quella panchina.

<<Andiamocene>> è l'unica richiesta che riesco a fare ad Alex, ma il timbro della mia voce la fa suonare più come una supplica.

Se confessi, ti sposo! 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora