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<<Per quanto ancora staremo quaggiù? >>
Nicole era seduta a gambe incrociate sul letto, mentre Kay si aggiustava i capelli in uno chignon, mostrandosi a petto nudo in piedi davanti a lei.

<<Non ti preoccupare, starete bene qui. >>

Istintivamente percepì un velo di oscurità in lui; qualcosa era cambiato e non si comportava più nello stesso modo gentile e timido di quando l'aveva conosciuto.
Come se avesse acquisito forza e autostima.

<< Vorrei vedere Maddy, per favore >> mugolò sottovoce, sbattendo le ciglia folte di quei grandi occhioni blu.

Kay si avvicinò lentamente, gattonando sul letto fino a raggiungerla, sedendosi poi accanto a lei nella sua stessa posizione.
La guardava con un ampio sorriso, accarezzandole il viso, per poi spostare una ciocca di capelli rossi dietro le orecchie.

Nicole deglutì a fatica leggermente spaventata, mentre un brivido le percorreva tutta la schiena.
Quel gesto le aveva fatto rizzare i peli e visto che il suo animale era la volpe, doveva farsi furba per uscire da quella situazione.

<<Sai, devo parlarti di una cosa seria e ho bisogno che mi ascolti.>>
Nicole annuì poco convinta, ma se tutta quella situazione implicava solo parlare, avrebbe accettato senza opposizioni.

<<Devo marchiarti >> sparò secco, in uno solo fiato.

Di risposta la ragazza strabuzzò gli occhi, impallidendo.

<<Non avere paura, non fa così male. E' come una sorta di tatuaggio.>>

Nicole lo stava fissando stizzita e nella sua mente si stava formando solo una domanda.

<<Perché? >> chiese a bassa voce, insicura.

<<Perché in ogni branco che si rispetti, vige una semplice regola. Ogni lupo deve avere una compagna e per renderla sua, la deve marchiare, sennò questa potrà inevitabilmente essere accessibile a tutti gli altri. Lo so che sotto quell'aspetto sei ancora bambina, ma tutti stanno notando il tuo cambiamento, anche se risulta invisibile ai tuoi occhi. Per questo voglio farti mia, in modo che nessuno possa toccarti e farti del male. >>

Kay appariva tranquillo e parlava con un tono sincero, scorrendo gli occhi dalla sua bocca rossa al suo collo in continuazione.

Si fece più vicino, i muscoli si irrigidirono e Nicole sentì il disagio crescere.

Il sesto senso razionale le diceva che oltre all'apparenza ingannevole da finto santo, non c'era da fidarsi, ma il cuore spingeva per credergli.

<<Io non voglio... >> la voce le si strozzò in gola.
Gli occhi si fecero lucidi e la mente iniziò ad appannarsi; si sentiva confusa e non aveva nessuna risposta utile o quantomeno positiva tra le mani.
<< Voglio andare a casa Kay, ti prego >> gli prese la mano per stringerla, cercando di convincerlo con i gesti dolci ma lui non sembrava smuoversi.

<<Ma tu sei a casa >> le sorrise convinto del suo ragionamento, inarcando poi un sopracciglio non capendo perché la ragazza davanti a lei non fosse d'accordo e avesse da ribattere.

Loro vivevano lì, erano cresciuti lì, non sarebbero mai andati via. Al contrario avrebbero vissuto tutti insieme come un'unica famiglia.

<<No, io non abito qui e neanche le altre. Abbiamo una famiglia che ci aspetta >> le lacrime lente e calde accompagnavano come una guardia con il condannato al patibolo, quella sofferenza psicologica.

<<Ora saremo noi la vostra famiglia>> concluse serio, alzandosi nuovamente in piedi.

La situazione si stava mettendo male, lui si stava irritando e lei non aveva un piano.

Cosa poteva fare? Era piccola, esile e non non avrebbe mai pensato che invita sua si sarebbe mai trovata in una situazione simile.

Kay si avviò verso il camino acceso, dove il fuoco si proiettava sul suo petto creando giochi di luci e ombre.

Prese l'attizzatoio in mano, giocherellando con i carboni e fissando quell'arancione vivo, come se potesse prenderlo in mano e dominarlo.

Solo allora Nicole capì e trattenne il respiro, terrorizzata.
Come se le avesse letto nel pensiero, estrasse fuori dalle fiamme quel bastone di ferro dove sulla punta si formava il suo nome in una scrittura gotica.

Sbuffò il fiato trattenuto fino a quel momento, continuando a fissare il fumo esalarsi da quel pezzo di ferro incandescente.
<< Un bel dì vedremo, levarsi un fil di fumo>> canzonò, contemplando l'oggetto che teneva saldamente in mano.
"Azzeccatissimo" pensò Nicole vedendo come il calore volgeva verso l'alto, abbandonando il corpo di provenienza.
<< Sei per metà italiana, dovresti conoscere la lirica. >>
Nicole era decisamente troppo piccola per interessarsi e capirci qualcosa, così rimase ferma immobile senza rispondere.
<< Una proiezione della speranza della protagonista, per il ritorno a casa del marito. >>

Indietreggiò sul letto e lì Kay si girò a guardarla, mantenendo sempre un sorrisino perverso.

Non poteva accettare che le facesse una cosa simile, non era un animale e non era sicuramente di sua proprietà.

"Pensa Nicole, pensa"
Forse la perspicacia era di famiglia e un'idea brillante le passò per la testa come un flash.

Non era certa che sarebbe riuscita, ma tanto valeva provare.
<<Lo faccio da sola. Sopporterò meglio il dolore. >>
Scese dal letto asciugandosi le lacrime e avvicinandosi a Kay.

Gli si posizionò davanti piccola e indifesa contro il suo corpo da armadio, aspettando che lui capisse le sue finte intenzioni.
Gli sorrise a fatica per ammaliarlo, cercando di fingere il meglio possibile e con una mano gli accarezzò  un ciuffo di capelli che si era liberato dallo chignon.

Stupito da quel radicale cambiamento, non esitò a far lo stesso con la mano libera e chinandosi per arrivare alla sua altezza, stampò un lieve bacio sulle labbra tremanti di Nicole, che cercò di ricambiare il meglio possibile.

La tristezza del suo primo bacio sprecato con una persona che voleva imprigionarla e sodomizzarla, l'avvolse per fare lo stesso e farla sentire impotente.
Era un'inguaribile romantica, credeva nel principe azzurro e nelle storie d'amore a lieto fine, come era giusto che fosse per una ragazzina giovane.

Afferrò l'attizzatoio alla giusta altezza per puntarselo dritto al collo e con molta calma iniziò a posizionarsi meglio e ad avvicinarselo.
Arrivò quasi alla fine con la paura che le contorceva le viscere fino a quando l'adrenalina, come un'impavida guerriera, non le diede la scossa per smuoversi e usare l'attizzatoio come arma di difesa, colpendo come se avesse in mano una mazza da baseball, la testa di Kay.

Cadde a terra con un tonfo e un lamento e quando la porta dietro di lei si aprì mostrando un ragazzo venuto in soccorso, puntò la scritta ancora incandescente contro la sua fronte, premendo con tutta la forza possibile.

Quello si piegò in due lacerato dal dolore e mollando a terra l'oggetto del delitto, corse come una pazza fuori, percorrendo i corridoi dei sotterranei.















IL VILLAGGIO DEI LUPIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora