XXVIII - Two idiots like in a crime

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Kylian sgrana subito in mia direzione.

«Cazzo» sussurai, «Dobbiamo andare?» domandai ingenua.
«Andare no, scappare» sussurró con un sorriso.
Sorrisi anche io morendomi il labbro nervosamente.

Con il più silenzio possibile, passo dopo passo, uscimmo dalla piscina gigante.
Manco il tempo di mettere piede fuori dall'acqua che subito iniziammo a correre via scavalcando l'uscita d'emergenza dentro la stanza.
Sapevamo quello che stessimo facendo e molto probabilmente ci avrebbero chiamati tutti per chiederci dove fossimo, ma poco ce ne importava.

Sembravamo due detenuti che scappavano da un carcere, Kylian aveva solo i pantaloni che aveva appena finito di infilare mentre correva, stessa cosa io con il vestitino.

«Merda» esclamó il mulatto nel bel mezzo della maratona e anche del giardino abnorme.
«Cosa?» chiesi con il fiatone.
«Le guardie. Le guardie al cancello» affermó.
Mi schiacciai il palmo sulla faccia, «Non ci abbiamo pensato cazzo» esclamai.

Rimanemmo a guardarci intorno con il fiatone.

«Vieni, saltiamo le aiuole» interrompe il mio belvedere, tirandomi per il braccio.
«Ma suona l'allarme» ricordai.
«Saltiamo le aiuole. Fidati di me» affermó di nuovo, alzando un po' il tono.

Schivó, appunto, le aiuole, come detto precedentemente da lui stesso, e rimasi stupita visto che non fece suonare proprio nulla.
In qualche magico modo riuscii a farlo anche io, senza far attivare nessun allarme.

«Sei un criminale Lottin» lo presi in giro.
«Scappare dalla polizia al campetto privato quand'ero piccolo è servito» rispose divertito.
Rimasi stupita per poi scoppiare a ridere subito dopo, me lo aspettavo da tutti tranne che da lui una cosa del genere.

«KYLIAN.. AMIRA..» urlarono di nuovo dall'interno della casa. Nessuno ci aveva visti uscire fuori, però tutti sapevano che fossimo assieme.

Ci guardammo con gli occhi sgranati, «Corri» scandí il mulatto.
«Corriamo» lo corressi.

Afferrai il suo avambraccio e iniziammo a correre piú veloce di prima, pregai in otto lingue diverse che Kylian non avesse parcheggiato davanti alla casa, e infatti non fu cosí.

Mi fermai nuovamente con il fiatone davanti al Mercedes nero dell'attaccante.

«Bene, si accomodi ora Madame» disse, aprendo la portiera della sua auto.
«E gli altri che hai portato in macchina con te come tornano a casa?» gli chiesi, sedendomi nel sedile affianco al guidatore.
«Secondo te non hanno soldi per pagarsi un taxi?» domandó sfacciato.
Scoppiai a ridere, «Ma poverini!» esclamai tra le risate.

Si sedette infine anche lui alla guida e mise in moto per poi direzionarsi in una meta non proprio precisa.
Vedere Kylian guidare a petto nudo ancora mezzo fradicio era una visione che sognavo dal giorno che iniziai a seguirlo al suo esordio al Paris. Era dannatemente attraente in quello stato, peró non volevo dargli troppe attenzioni, quindi mi accomodai con il telefono in mano e le gambe sul cruscotto.

«No no no ragazzina» mi ammonì subito il francese.
Mi girai con una finta faccia interrogativa, «Giù le gambe» affermó mentre alternava tra il guardare me e guardare la strada.
«No» risposi, scandendo le due lettere più che potessi.
Fermó l'auto in una piazzola al lato della strada, «Giù. le gambe.» affermó nuovamente, scandendo anche lui le parole.
«Dai che tanto sono una bella visione le mie gambe» dissi ironica, passando una mano su quest'ultime.
«Appunto per questo» rispose con la stessa ironia. Si stava torturando le labbra con la lingua.
Alzai un sopracciglio, «Allora penso proprio che non lo faró».

Manco il tempo di rimettere occhio sul telefono, che subito mi prese facendo aderire le mie cosce in orizzontale sopra le sue.

Presi il suo viso attaccandomi alle sue soffici labbra. Era da un mese esatto che non sfioravo, neanche con un bacio a mezza luna, queste labbra. Mi era mancato tanto da fischiarmi le orecchie.

Come al solito mi sarei presa le urla da Ouidad, una volta a casa, per esserci ritornata un'ennesima volta, ma poco mi importava.

Mentre le nostre bocche schioccavano come in un'orchestra, lui toccò il mio punto debole iniziando a fare dei grattini nel mio interno coscia. Non ce la facevo già più.

Ci interruppe la mia suoneria del telefono. Kylian scoppiò a ridere ancora prima di staccarsi, «Ancora non hai cambiato la suoneria» disse tra le risate. Come suoneria avevo ancora 'Pound the alarm' di Nicky Minaj, avevamo dei ricordi imbarazzanti da smaltire con quella canzone: tra discoteca, alcool e sesso solo a sentire quella canzone ci piscievamo dal ridere.

Risposi mentre continuavo a ridere con Kylian, «Pronto?» chiesi. L'attaccante mise il vivavoce.
«Puledri, che fine avete fatto?» domandó Achraf.
«Domanda di riserva?» posi a mia volta, mentre aveva la mano ancora appoggiata dietro la nuca del maschione affianco a me.
«Perché?» chiese giustamente mio cugino.

Il francese iniziò ad imitare un fiato alterato da rapporto sessuale in modo perfetto, inevitabilmente lo fulminai.

«Oddio non mi dire che..» si mise in mezzo Oui, avevano il vivavoce anche loro, «Facciamo i conti a casa noi due Amira, ciao» disse, per poi attaccare.

Appena i due marocchini chiusero, io e il parigino ci guardammo scoppiando a ridere un ennesima volta. Ormai risolvevamo i problemi così.

«Ma tua cugina mi odia così tanto?» domandó. «Puó essere» risposi.
Tutto questo dialogo lo facemmo continuando a ridere, ormai eravamo un caso perso.

A Dream or a Nightmare? - Kylian Mbappé Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora