A.
Mercoledì, 2 Marzo 1733 - Kingston
Annusai l'aria, ma niente da fare, l''odore di piscio in quella città era forte non solo per le strade più strette e nascoste, ma anche per quelle affollate e più vicine al porto.
Annodai meglio che potei i lacci della camicia e pregai Dio che mio marito Steven non ne scoprisse il furto. O meglio ancora che non scoprisse me.
Per un minuto in più di attesa per la cena c'era un solo schiaffo ben assestato, ma per un furto ed una fuga, mi avrebbe uccisa a suon di pugni, ne ero sicura.
Per i pantaloni avevo chiesto ad una vecchia amica di mia madre. Certo suo marito era più alto di me, ma infilati nei miei stivali da uomo marroni, facevano comunque un'ottima figura.
La fascia attorno al seno stringeva e cominciava a pizzicare per il sudore e lo stesso valeva per i capelli, intrecciati ed infilati rigorosamente sotto al cappello rubato al mercato quella mattina. Nessuno mi aveva notata. Chi avrebbe mai sospettato della gentile e per bene signora Claw?
Ma d'altro canto, nessuno avrebbe sospettato nemmeno dei pugni e degli schiaffi del pacato e ricco Steven. Eppure eccomi lì.
Una donna ferita, umiliata ed in fuga da un matrimonio di violenze ed angherie e nemmeno mai consumato. Vestita da uomo e con le speranze di sopravvivere pari a quelle di un topo in una gabbia di leoni.
'GreenFish Tavern'
Lessi l'insegna in legno fuori dalla porta di un edificio poco raccomandabile e decisi che un bicchiere di vino sarebbe stato di aiuto. Per di più in quel posto avrei forse avuto l'occasione di incontrare qualcuno tanto gentile da portarmi lontano da questa maledetta isola.
Anche se fin'ora non era andata molto bene.
Avevo rischiato di essere aggredita e derubata almeno un paio di volte provandoci, ma grazie al cielo ero ancora tutta intera. Sapevo bene il rischio che correvo, ma quella vita non faceva per me.
Non ero mai stata una persona sottomessa, qualcuno che subiva, ma mio marito, io lo sapevo, era malato e parecchio anziano rispetto a me. Per questo avevo sempre giustificato il suo comportamento irascibile e fuori dall'ordinario. Ma quella minaccia, quel coltello puntato alla gola erano stati troppo. Non sarei riuscita a sopportare un solo minuto in più passato in quella casa. L'unica speranza era quella di riuscire a fuggire e raggiungere un altro continente.
Mi avvicinai al bancone a testa bassa e mantenendo le distanze da tutti. Un omaccione pelato mi si avvicinò ed io mi nascosi sotto al cappello, indecisa se parlare o meno.
<<Cosa vi porto?>> ringhiò battendo il pugno sul bancone.
'Meglio non farlo arrabbiare o attirerai l'attenzione di tutti'
<<Vino.>> dissi imitando una voce roca e maschile. Il pelato sembrò cascarci e me ne versò un bicchiere. Allungai mezzo scellino sul banco, in fretta, perchè non notasse la mia mano pulita, ben tenuta e femminile. Ricordai mentalmente a me stessa che avrei dovuto tagliarmi le unghie al più presto e poi mi sedetti al primo tavolo libero che trovai, che non era molto appartato, ma per il tempo che sarei rimasta poteva andare.
Una ragazza in abiti succinti suonava un'allegra canzone al pianoforte ed intratteneva i clienti più vogliosi e viscidi. Poco più in la, due uomini si stavano azzuffando per contendersi una donna, attirando l'attenzione del proprietario scimmione. Ed infine in fondo, verso l'uscita, un uomo giovane rispetto alla media e dal fisico asciutto ed atletico se ne stava in piedi, con la schiena al muro ed un coltello tra le mani. Ne poggiò la punta all' indice e fece girare la lama prima in un senso e poi in un altro, come se la cosa lo divertisse.
'Che strano, devo averlo già visto da qualche parte'
Era un giovane dall'aspetto ordinario: capelli rasati, pelle abbronzata e vestiti dismessi. Non era certo di Kingston, eppure continuavo ad avere la sensazione di averlo già conosciuto.
Non appena ebbi l'impressione che stesse per guardarmi negli occhi, abbassai la testa e fissai il mio bicchiere di vino rosso.
'Sguardo basso, Morgan...Vuoi farti beccare?' ammonii me stessa mentalmente e bevvi un sorso per darmi coraggio.
<<Non saprei...Qual è la percentuale di riuscita?>>
Ascoltai senza volere la conversazione di due uomini seduti poco distanti da me.
<<Percentuale? Ma dico sei impazzito? Hai sentito la mia offerta o no?>> chiese un uomo sulla sessantina, capelli unti e denti ingialliti.
<<Ho sentito Lion, ma devo pensarci su.>>
<<Non c'è tempo per pensare, Kolt. La stiva è piena, si salpa stanotte.>>
<<Quindi è tutto vero!>> alla conversazione si unì un altro uomo, più giovane e dall'aspetto poco curato che rimase in piedi accanto al tavolo. <<Docks sta davvero reclutando una ciurma?>>
'Una nave alla ricerca di una ciurma. Interessante..' pensai.
<<È così...Ti interessa?>>
<<È vera la storia che si sente in giro? Ce l'ha davvero quella mappa?>>
'Una mappa? Per dove?'
<<Hai mai sentito di UNA SOLA volta, in cui Docks abbia mentito?>> Kolt, o come diavolo si chiamava lo guardò serio.
'Che strano nome Docks...Dev'essere piuttosto famoso tra la gente losca di queste parti!'
L'uomo in piedi titubò qualche istante e poi gli tese la mano con decisione.
<<Kit Black, Signore...Manovale, costruttore e al vostro servizio.>> l'altro sorrise e gli strinse la mano lurida. <<Lion Scott, molto piacere>> disse <<Si salpa questa notte dal porto principale.>>
<<Sarò dei vostri anche io, dunque!>> anche Kolt si convinse e gli strinse la mano.
<<Perfetto.>> disse Denti-Gialli <<Non credo che ci sia bisogno di spiegarvi quale sia la nave.>> rise compiaciuto.
<<Scherzate? Venti cannoni per lato ed una sirena come quella intarsiata nella prua, chi se li scorda?>>
'Una nave...Potrebbe fare al caso mio' riflettei 'Se è davvero così grande, potrei nascondermi facilmente'
I due uomini al tavolo si alzarono ed uscirono dalla taverna. Con mia sorpresa, il ragazzo misterioso all'entrata ripose il coltello e li seguì. Persino di spalle aveva un'aria famigliare.
Mandai giù in un colpo il poco di vino aspro che era rimasto nel bicchiere e seguii i nuovi membri della ciurma di chissà chi.
<<Avrò almeno il tempo di infilare l'uccello nella mia donna un' ultima volta?>> chiese biascicante Kit Black.
'Quanta finezza!' pensai schifata, cercando di rimanere un passo indietro, perchè non mi notassero.
Il ragazzo col coltello gli mise fraternamente il braccio attorno al collo.
<<Quando porteremo a termine la nostra avventura, caro Kit, infilerete l'uccello in così tante passere, che la vostra donna sembrerà solo un miraggio lontano.>>
Kit rise viscidamente e sputò a terra divertito. Quella risata mi paralizzò. Somigliava a quella di Steven, la stessa che faceva dopo avermi colpita, mentre si sistemava il nodo alle maniche.
D'improvviso la paura mi invase lo stomaco e mi portò a chiedermi se fosse davvero la scelta giusta, quella di imbarcarmi insieme a uomini di quel genere. Di certo se avessero scoperto che avevo mentito sul mio sesso, mi avrebbero gettata in mare, torturata o peggio ancora, mi avrebbero tenuta prigioniera in una sudicia gabbia, per usarmi soltanto per sfogare i loro istinti animaleschi.
Troppo pericoloso, avrei dovuto trovare un altro modo per andarmene.
<<Qualche attracco, prima di addentrarci nell'ignoto?>> chiese Kit, sistemandosi la giacca, come se avesse un appuntamento importante.
'Chiunque sia questo Docks, devono stimarlo tanto!' riflettei, tendendo l'orecchio.
Fu Lion a rispondere: <<Tra un giorno o due attraccheremo su una baia poco lontano dalle Bahamas.>>
<<E' per il carenaggio...Uno scafo pulito ci farà guadagnare velocità.>> aggiunse il ragazzo misterioso, in fretta, come se dovesse giustificarsi <<Poi una breve sosta a Nassau per riempire la stiva.>>
'Un giorno o due' pensai. Conoscevo bene le navi ed il lungo processo di carenaggio. Tutto l'equipaggio avrebbe dovuto scendere dalla nave per aiutare nella pulizia e la nave sarebbe stata deserta. Giusto quello che mi serviva per rubare qualcosa da mettere sotto i denti, come quando ero piccola. Mio padre ancora me lo rinfaccerebbe.
Ero adirata con lui per avermi messa in punizione così, al primo attracco, mi ero nascosta nella stiva ed avevo finto di essere scesa dalla nave. Mio padre e l'intero equipaggio mi cercarono per giorni, senza trovarmi. Una piccola vendetta che mi costò una frustata con la cintura quando mi scoprirono, ma almeno mi divertii.
Probabilmente sarebbe finita allo stesso modo anche qui, ma valeva la pena di tentare.
Per di più se davvero avessero sostato a Nassau, avrei potuto scendere e da lì trovare un modo per raggiungere il continente europeo. O magari avrei potuto rimanere lì, chissà.
Dopotutto avevo messo da parte soldi a sufficienza e con la dovuta prudenza, Steven non mi avrebbe mai più trovata.
<<Voi andate avanti, devo pisciare.>> urlò Lion.
Era senza dubbio la nave più grande che avessi mai visto.
Ero salita su molti galeoni: l' Atlantic, l'Apollo e persino la Boston Galeon. Ma quella....Oh, quella era decisamente mozzafiato.
La luce della luna alle mie spalle, illuminava il rostro di prua, intarsiato e dipinto d'oro, come il resto della nave. Dal bompresso, incastonata nel legno, una sirena si ergeva sinuosa indicando con l'indice verso l'alto. Il legno ed il colore erano logorati dal tempo, ma gli occhi neri e profondi di quella creatura sembravano ancora minacciare chiunque volesse mettere le mani sul timone della nave.
Avevo poco tempo per restare ad ammirarla purtroppo, sarei dovuta salire prima che il Signor Scott finisse i suoi bisogni e come se non bastasse, avrei dovuto mimetizzarmi al meglio e trovare la stiva al più presto, o sarei stata nei guai.
Feci qualche passo sulla passerella in legno, sperando che non cigolasse troppo e sgattaiolai a destra. Non ero del tutto certa che fosse la direzione giusta, ma papà diceva sempre che se si è indecisi su che direzione prendere, bisogna sempre seguire l'istinto. Perciò pregai che il mio istinto mi guidasse nel posto giusto.
Quando finalmente arrivai a destinazione spostai i barili più in fondo dal muro e mi sistemai in mezzo. La logica diceva di consumare prima le scorte davanti, perciò per un pò sarei stata salva, se Dio mi avesse aiutata.
Quella stiva puzzava di vomito e sentivo il legno cigolare ad ogni singolo passo sopra la mia testa. Avrei dovuto stare attenta ad ogni minimo starnuto o mi avrebbero trovata e fatta a pezzetti.
Un topo mi passò accanto ed io sussultai per lo spavento.
Non che avessi paura di quelle bestiole, dopotutto ci ero sempre stata abituata, nei lunghi viaggi con mio padre, ma sperai comunque che decidessero di starmi alla larga.
Sentii un rumore stridulo e lungo e poi un boato.
Avevano levato l'ancora.
'Lo stai facendo davvero, Morgan?' mi domandai impaurita.
Stavo davvero gettando al vento la mia vita e scappando da mio marito e dal paese in cui vivevo?
Ad ogni modo, anche volendo era troppo tardi per tornare indietro o per farsi cogliere dall'incertezza. La nave stava partendo e da quel momento, l'unica cosa che contava davvero, era sopravvivere.***
Ero quasi arrivata all'ultima goccia d'acqua della bottiglia.
Il caldo era insopportabile e l'umidità non sembrava darmi modo di respirare. Per di più la puzza di vomito era aumentata ora che l'equipaggio aveva deciso di iniziare a bere, suonare e cantare.
Navigavamo da quasi tre giorni e le canzoni in repertorio erano sempre le stesse. Mi stavo annoiando a morte ed avrei pagato non so quanti scellini per poter dormire.
Ma erano uomini e per giunta tutti ubriachi, perciò sapevo bene che potevo anche mettermi il cuore in pace. Quella notte non avrei chiuso occhio.
Un rumore forte mi spaventò. Era la porta della stiva. Passi trascinati e lunghi. Qualcuno veniva verso di me.
<<Hey Guck, quando finisci di pisciare, portaci un'altra cassa di rum!>> gridò una voce dal piano di sopra. L'uomo che era lì non sembrò aver capito bene la richiesta e cominciò a canticchiare una canzone su una ragazza di Tortuga.
Con la coda dell'occhio sbirciai oltre la botte piena d'olio di balena e incontrai lo sguardo di un uomo di circa sessant'anni. I pochi capelli che ancora aveva erano grigi e gli occhi erano piccoli e chiusi a fessura per la sbornia. Ma mi aveva vista, ne ero sicura.
Mi nascosi come potevo, con le spalle al muro e cercai di non respirare. Sentivo i passi sulle assi di legni scricchiolanti ed il fischio del suo respiro pesante.
Chiusi gli occhi tentando di non pensare a ciò che mi sarebbe successo se mi avessero scoperta e strinsi la bottiglia vuota dell'acqua nel palmo.
'La bottiglia, giusto!' pensai. Potevo usarla come arma.
Quando riaprii gli occhi, il vecchio - che da quanto avevo capito doveva chiamarsi Guck - era di fronte a me con un'espressione inebetita e sorpresa.
'E' ubriaco da far schifo, Addy' mi dissi 'Penserà che sia un'allucinazione'
<<E tu chi diavolo sei?>>
Non dovevo parlare, non dovevo muovere un muscolo. Doveva pensare che fossi frutto della sua immaginazione.
<<Che diavolo ci fa una donna a bordo?>> socchiuse gli occhi, per mettermi meglio a fuoco e si avvicinò con il viso. Respirò pesantemente e poi si voltò: <<Hey Goose, perchè diamine c'è una do...>>
'No, no, no, no!'
Prima ancora di rendermene conto, la mano che stringeva la bottiglia si mosse e colpii l'anziano dritto in testa, facendolo cadere a terra come un sacco di patate.
'Per la miseria, Morgan, che combini?'
Mi accovacciai accanto a Guck e provai a scuoterlo: <<Signore...Signore mi sentite?>> nel dubbio, sfoderai la mia voce maschile ed infilai il cappello. Se si fosse svegliato avrei sempre potuto dare la colpa all'alcool.
<<Signore, vi prego svegliatevi.>> provai a scuoterlo di nuovo.
<<Porca miseria, sono nei guai!>> dissi ad alta voce, senza pensarci.
<<Puoi giurarci mocciosetto!>>
'Ma cos...'
Alzai la testa, scostando di poco il cappello dagli occhi. Due uomini robusti e di colore mi fissavano con aria tutt'altro che amichevole.
'Non può essere!' imprecai mentalmente 'Ti prego, no!'
Cosa diamine potevo fare?
'Sei nei pasticci, Morgan!' mi dissi, facendo l'unica cosa che mi passò per la testa in quel momento di panico.
Alzai le mani in segno di resa e continuai il mio teatrino, camuffando la voce:<<Posso spiegare.>>
<<Oh, lo farai, bastardo! >> disse uno dei due tipacci <<E di fronte al capitano, anche.>>

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ACE OF SPADES - VM18
ChickLitÈ il 1726 quando il Capitano Dasmond Hoacks decide di abbordare una piccola nave mercantile a largo della Giamaica. Su quella nave sono soltanto in due: Rudolph Morgan e la figlia Adrianna. Dasmond, la desidera dal primo istante e la rapisce per por...