Giovedì, 26 Marzo 1733 - Da qualche parte, nel Mar dei Caraibi
Fu la notte più lunga e dolorosamente lenta che avessi mai passato sulla terra.
Il pensiero di ciò che Dasmond stava facendo nella stanza poco lontano dalla mia non mi diede tregua e continuò a logorarmi gli organi interni.
Gli avevo concesso la mia virtù, come la più stupida delle donne ed ora ero rovinata, senza possibilità di rifarmi una vita e tradita da colui che aveva promesso di non farlo mai.<<So che era tutto ciò che ti restava. So che era la tua ultima speranza di vivere una vita decente, sposata con un marito per bene.>>
Le sue parole erano lame conficcate nel cuore.
<<Volevo solo che sapessi che non lo darò per scontato.>>
E invece lo aveva fatto. Mi aveva usata, mi aveva portato via tutto e poi, al primo ostacolo mi aveva chiusa fuori, preferendo la compagnia di due prostitute alla mia.
Vincent scattò nel letto, girandosi ed emettendo un suono simile a quello di un cinghiale. Un altro motivo per cui, anche senza pensieri assillanti, non mi sarebbe stato comunque possibile chiudere occhio. Aveva russato per tutto il tempo ma, come promesso, era stato un gentiluomo e non mi aveva neppure sfiorata.<<Non commettete mai l'errore di fidarvi di un pirata, Adrianna. Nemmeno di quelli
all' apparenza più affidabili. Nemmeno di me.>>Neppure quella frase mi aveva abbandonata, portandomi a mettere in dubbio persino la mia sicurezza. E mi ero rilassata solo quando avevo sentito il suo respiro farsi pesante.
Qualcuno bussò freneticamente alla nostra porta facendomi scattare in piedi. Vincent invece si svegliò con tutta tranquillità, massaggiandosi il volto.
<<La colazione è pronta, Capitano!>> gridò una voce femminile. Poi altri due tonfi contro la porta?
<<Ha intenzione di buttare giù la porta?>> domandai divertita, sottovoce.
<<Grazie Madame, lasciatela pure lì fuori.>>
Si sentì un rumore sordo e poi udii le assi del soppalco scricchiolare, capendo che se ne era andata.
<<Mi fareste il favore di aprire la porta e tirare dentro il vassoio, Miss Morgan? Prima che qualche balordo ci vomiti sopra.>>
A quelle parole sgranai gli occhi e senza farmelo ripetere corsi ad aprire la porta. Mi accovacciai per prendere il vassoio con la colazione e mi ritrovai di fronte un paio di stivali in pelle, che di certo non erano di Madame Blanche.
Quando mi rialzai, gli occhi attenti e seri di Dasmond mi inchiodarono sul posto, rendendomi un involucro vuoto, senza il dono della parola.
Ad ogni modo, prima che potessi anche solo aprire bocca, percepii la presenza ingombrante di Vincent dietro di me. Era appoggiato con una mano allo stipite e con l'altra teneva aperta la porta.
Approfittai del breve istante in cui lo sguardo di Dasmond si posò su di lui per svignarmela. Con ancora il vassoio in mano, mi chinai, passando sotto al braccio di Monaghan e tornai in stanza per appoggiare le pietanze sul tavolo, insieme a quelle avanzate la sera prima.
Bella la vita quando sei ricco e temuto! Pensai, mentre osservavo il pianale imbandito con uova, marmellata e altra frutta.
<<Che cosa ci fa lei qui?>> domandò Dasmond con tono severo. Mi bloccai all'istante senza voltarmi. Faceva sul serio?
<<Ti rivolgo la stessa domanda, Hoacks. Che ci fai qui?>>
<<Mi hanno svegliato con una colazione che non avevo chiesto io. E...Ho avuto modo di riflettere sulla tua offerta stanotte ed ero venuto a darti la mia risposta, ma quello che vedo cambia le cose.>>
A quel punto non potevo più fingere di non sentire, così mi voltai e feci qualche passo nella loro direzione, ma senza dire nulla.
<<Ti stai comportando in modo molto egoista, Dasmond. Dopotutto non le ho visto tatuato addosso il tuo nome.>> rispose Monaghan <<Su nessun angolo di pelle.>> sussurrò infine, con aria maliziosa e divertita.
Meno di un secondo più tardi, lo stivale di Hoacks lo colpì allo stomaco, scaraventandolo indietro, all'interno della stanza. Monaghan si inginocchiò a fatica, portandosi le braccia a coprire l'addome dolorante, piegato in due per il dolore.
Non riuscivo a credere a quello che era appena successo, ma soprattutto che Vince avesse detto una cosa simile e che Hoacks stesse difendendo il mio onore dopo averlo leso solamente la sera prima.
<<Cristo! Si può sapere che vi è saltato in testa?>> gli urlai contro. Come se fossi invisibile, non mi degnò di attenzioni e fece un passo verso Monaghan, ancora accasciato a terra. Estrasse la spada, la puntò sotto il mento di Vincent perchè alzasse la testa...E lui sorrise.
Ma che problemi ha?
<<È questo il grande e famigerato Dasmond Hoacks?>> chiese, rialzandosi lentamente. Ora erano alla stessa altezza, i pugni di Hoacks serrati e lividi.
<<Dasmond!>> sussurrai appena, tendendo il braccio verso di lui, ma senza toccarlo.
<<Tutto questo gran parlare del Codice e poi lo infrangi nella maniera più indegna?>>
Ripassai mentalmente il manuale di Bartholomew e rammentai l'articolo ventuno: Un pirata che uccide un uomo disarmato o svantaggiato, per qualsiasi motivo, disonora il Codice ed i suoi fratelli.
<<Non temere Monaghan, non ho intenzione di ucciderti.>>
<<Ma osi comunque puntarmi una spada contro.>> ringhiò l'altro in risposta.
<<Non succederebbe se imparassi a tenere giù le mani da ciò che è mio.>> ruggì.
Ciò che è mio. Ripetei nella mia testa. E una rabbia furente divampò da dentro.
Ciò che è mio? Come osa?
In meno di un secondo mi posizionai tra i due pirati e lasciai che la mia mano si schiantasse sul viso di Dasmond con tutta la forza che avevo, fino a fargli girare la faccia dall'altra parte.
<<Se pensate di poter vantare un qualsiasi diritto su di me, vi sbagliate di grosso, Hoacks!>> sbraitai. <<Lo avete perso ieri notte.>> ammisi infine, mettendo da parte l'orgoglio per una volta.
Che veda pure quanto mi ha ferita! Non importa.
Hoacks mi osservò, sorpreso e deluso, mentre si massaggiava la guancia. Non replicò, non disse nulla e prima che potessi muovere un muscolo, si era già dileguato oltre la porta, chiudendosela alle spalle con un tonfo.
Restai immobile per qualche secondo, fissando la porta, con il fiatone e la gola secca per aver osato tanto con un uomo tanto pericoloso ed arrabbiato. Ma non avevo ancora finito; Anche Vincent meritava una lezione.
<<E voi...>> ringhiai voltandomi verso di lui. Gli puntai l'indice contro sperando di essere così minacciosa da farlo indietreggiare, ma mi trovai di fronte un muro di ferro e muscoli che non sembrava per nulla turbato.
<<Voi non permettetevi mai più di parlare in quel modo di me, alludendo a chissà quale intimità tra noi due.>>
<<Dovreste ringraziarmi, Miss Morgan.>>
<<Sul serio?>> chiesi allibita.
<<Certo il mio stomaco non ne è felice...Ma ora sapete che tiene ancora a voi.>>
Rimasi zitta, a bocca spalancata per qualche secondo. Poi capii.
<<Avete fatto tutto questo solo per provocare la sua gelosia?>> domandai sbigottita.
Lui rispose con un'alzata di spalle furbesca, poi strappò qualche chicco d'uva e li lanciò in aria, muovendosi perchè cadessero esattamente al centro della sua bocca aperta.
<<Il dormire con voi, la vostra finta galanteria e persino questa assurda trovata della colazione...Era tutto un piano messo in piedi per punzecchiare Hoacks?>>
<<Forse.>> disse sorridendo. Afferrò una mela dalla tavola, mi raggiunse e si chinò un poco, per parlarmi all'orecchio <<O forse vi volevo solamente nel mio letto.>>
Addentò la sua mela e si diresse verso la porta:<<Godetevi la colazione, Miss. Io ho delle faccende da sbrigare.>> salutò con un alzata di mano appena accennata ed uscì dalla stanza.
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ACE OF SPADES - VM18
Chick-LitÈ il 1726 quando il Capitano Dasmond Hoacks decide di abbordare una piccola nave mercantile a largo della Giamaica. Su quella nave sono soltanto in due: Rudolph Morgan e la figlia Adrianna. Dasmond, la desidera dal primo istante e la rapisce per por...