24.

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Bastarono pochi gradini e ci ritrovammo in un ambiente completamente diverso dal percorso sotterraneo che ci aveva portati lì.
Un lungo corridoio dal soffitto a volta e dalle mura completamente in pietra era illuminato a tratti da lunghe fiaccole accese. Sul lato sinistro c'erano celle, probabilmente un tempo destinate ai prigionieri ed ora ricolme di barili di polvere da sparo, olio di balena, sale, e altre spezie. O almeno, così dicevano le etichette logore attaccate maldestramente al legno.
Io e Vincent prendemmo in prestito una torcia a testa e percorremmo tutto il passaggio per il lungo, fino ad arrivare all'enorme arco a sesto acuto che dava su di una piccola nicchia con una scala ripida in pietra che portava al piano di sopra.
<<Ho pensato che potremmo trovarvi un nome da pirata, sapete...Giusto per fare sì che vi credano qualcosa in più che la mia puttana. >> consigliò Vince mentre salivamo i gradini.
<<Il mio nome di battesimo ha qualcosa che non va?>> chiesi <<O non é abbastanza piratesco?>>
<<Bè, sapete come si dice: porta già abbastanza sfortuna avere una donna a bordo di una nave. Come credete reagiranno sapendo chi siete davvero? >>
<<Chi dice che gli dirò chi sono? >>
<<Quindi avete in mente una grande storia da raccontare? O pensate di improvvisare come avete fatto con me? >>
Si stava burlando di me?
Non gli risposi e continuai a fare gli scalini stando attenta a non inciampare.
Probabilmente aveva ragione: Prepararmi una storiella non sarebbe servito a nulla. Avevo provato a mentire a Dasmond riguardo al mio sesso e mi aveva scoperta dopo pochi minuti. Con Vincent forse era andata anche peggio e non ero nemmeno riuscita a dargli a bere il mio nome fittizio. Che speranze avevo con l'uomo più temuto tra i corsari?
Ma non potevo nemmeno presentarmi di fronte a lui senza avere qualcosina da raccontare.  Avrei dovuto preparare qualcosa da dire, ma ormai era troppo tardi ed alzando la testa potevo già scorgere la fine delle scale con un nuovo arco a sesto acuto.
<<Avete pensato a come trovare quel medaglione che cercate tanto?>>
domandò col fiatone.
Era strano sentire Vincent parlare del medaglione e del tesoro. Dasmond mi aveva quasi uccisa con lo sguardo quando sulla nave gli avevo raccontato tutta la storia.
Dopotutto è comprensibile: temeva che avrebbe giocato sporco come l'ultima volta e avrebbe tentato di trovare il tesoro da solo. Ma era ancora lì e per qualche strana ragione, non credevo ci avrebbe traditi.
<<Non ne ho idea, suppongo che dovremo improvvisare anche su quello. Ad ogni modo se lo vedrò vi farò un segno.>>
<<Un segno.>> ripeté a bassa voce, scettico. <<Fantastico.>>
Salimmo gli ultimi scalini e vidi Vincent titubare leggermente prima di raggiungere l'arco.
<<Si va in scena.>> disse, più a sé stesso che a me.
Il corridoio su cui ci eravamo affacciati era identico al primo, ma a differenza di quello al piano di sotto, le celle erano sull'altro lato e quasi tutte occupate da esseri umani.
La prima a sinistra era vuota, ma in quella subito dopo trovai un uomo alto, di colore, con la testa rasata solo per metà e sull'altra lunghe treccine e pendagli colorati. Nonostante la penombra, notai comunque la lunga barba e le catene ai piedi. Mi chiesi cosa potesse aver mai fatto per finire lì dentro.  Dopotutto quella era un'ex prigione occupata da pirati e i pirati erano criminali per natura, giusto? Perché allora tenere qualcuno dietro le sbarre quando, non poteva di certo aver commesso qualcosa di peggio degli altri?
<<Criminali che mettono in cella altri criminali?>> domandai scettica <<Non suona un tantino...Ridicolo?>>
<<Non se é Guillermo a volerlo. Queste celle sono riservate ad ammutinati e traditori.>>
<<Uccidere i cospiratori non va più di moda?>> domandai.
<<Non vuole affatto ucciderli, Miss.>>
Ci misi qualche secondo a capire cosa intendesse: <<Ha qualcosa a che fare con la stanza delle torture di cui parlavate sulla nave?>>
<<Esattamente.>>
<<Allora non voglio sapere altro.>> conclusi.
Le due celle avanti erano vuote e quella alla fine era occupata da una donna spaventosamente magra per la sua altezza, vestita con abiti da pochi soldi, logori e sgualciti.
<<Lei che cos'ha fatto?>>
<<Non ne ho idea. Suppongo sia una delle puttane di Giullermo.>>
Mi disgustò che una donna venisse tenuta in quelle condizioni, per usufruirne quando conveniva, trattandola come un fazzoletto usato.
Eppure - ed era qualcosa con cui avrei dovuto fare i conti anche io prima o poi - era quello che spettava a chi aveva avuto la sfortuna di nascere con una vagina e pochi scellini in tasca.
<<È orribile il modo in cui trattano queste donne.>> disse, leggendomi nel pensiero. Nonostante fossi già rimasta sorpresa dalla gentilezza di Dasmond, avevo creduto che fosse l'eccezione alla regola. E invece dovetti ricredermi vista l'apertura mentale che stava dimostrando anche Vincent.
In un certo senso, se solo avessero provato a mettere da parte il loro odio - riflettei - lui ed Hoacks sarebbero potuti andare d'amore e d'accordo.
Pensai all'ipotesi di loro due che univano le forze ed arrivai alla conclusione che sarebbero stati più forti e temuti di tutti i Matador ed i Teach messi insieme.
Quando arrivammo alla fine dell'ennesimo corridoio, ci trovammo la strada sbarrata da una pesante porta in ferro con sbarre spesse quanto un dito.
<<Perfetto.>> borbottai <<E adesso?>>
<<Adesso spostati e lasciami fare.>> rispose con un pizzico di arroganza.
Mi feci da parte e lo guardai stringere i pugni attorno alle sbarre come fosse un carcerato ed iniziare a fischiettare un motivetto lento, quasi malinconico.
<<Che state facendo?>> domandai.
Non mi degnò di attenzione e continuò a fischiare.
Dopo qualche secondo sentii un tintinnio di chiavi, poi un click ed un altro ancora. Qualcuno stava aprendo la porta.
<<Harold, vecchio bastardo! Come te la passi?>> biascicò Vincent con una fraterna pacca sulla spalla.
<<Come sempre: Con l'uccello sempre al caldo ed il collo lontano dalla forca.>> rispose con il ringhio di un cane rabbioso.
Che schifo! Pensai.
<<Che fai da queste parti, Carogna?>>
A quanto pare tra pirati era usanza comune insultarsi in segno di rispetto.
Presi nota di ciò, poi mi feci coraggio e feci qualche passo verso la porta.
Quando quell'Harold mi notò, l'espressione sul suo volto si fece cupa e prese a studiarmi quasi fossi uno strano e raro mostro.
<<È tua?>> domandò a Vincent senza staccare gli occhi da me.
<<Non sono di nessuno.>> risposi, prima che lo facesse lui. Poi allungai la mano e come per magia tutti i filtri che possedevo scomparvero, ogni cosa che mi ero preparata a dire si volatilizzò e dovetti improvvisare.
<<Lucky Treasure.>>
Dasmond una volta mi disse che ero stata la sua mano più fortunata a carte.
Per mio padre ero il suo tesoro più grande. Così pensai che accostare le due cose potesse essere una buona idea.
Harold mi squadrò di nuovo, ma nonostante l'aria scettica decise di stringermi la mano e lo considerai un notevole traguardo.
<<Non sono molte le piratesse in questi mari, eppure non ho mai sentito il vostro nome. >>
Improvvisa Addie, coraggio!
<<Ora lo conoscete.>> gli sorrisi, dandomi delle arie.
Biascicò qualcosa, tossì e si grattò la nuca.
<<Sono tempi strani, dico bene, Canaglia?>> domandò a Vincent con una pacca sulla spalla. Era certamente un riferimento al mio essere donna e se avessi potuto, di certo gli avrei risposto a tono, ma optai per l'opzione che dava più chance di restare viva e tacqui.
Vincent mi sorprese quando aprì bocca per difendermi: <<Ho imparato a mie spese che è meglio non mettersi contro di lei.>>
<<Chi l'avrebbe mai detto: VinceBlood Monaghan tenuto per le palle da una donna.>> scrollò la testa facendoci passare. <<Il mondo ha proprio iniziato a girare al contrario.>>
Harold afferrò la torcia e ci fece strada borbottando qualcosa che non capii, poi se ne stette in silenzio per alcuni metri mentre lo seguivamo nel buio di un tunnel angusto, che odoroava di escrementi umani.
<<Restate qui.>> disse, quando arrivammo ad una grande porta in legno. <<Avviso Guillermo del vostro arrivo.>>
Mi osservò e per un istante ebbi l'impressione che mi arebbe annusata da un momento all'altro.
<<Che cosa devo dirgli? Qual è il motivo della vostra visita?>>
<<Passavo da queste parti.>> mentì Vincent <<Avevo voglia di una partita ai dadi con un amico. Sempre se sa ancora come si gioca.>> rise e si appoggiò alla bifora alle sue spalle con fare da gradasso.
Mi domandai quanti prigionieri fossero passati per quei corridoi ed avessero intravisto l'oceano da queste finestre, agognando l'ormai perduta libertà. Quanti avevano visto il mare per l'ultima volta da questa finestra ed erano morti sulla forca subito dopo? Sarebbe successa la stessa cosa a me, un giorno?
Quel pensiero mi afferrò lo stomaco e me lo strinse in un pugno d'acciaio. Dovevo pensare ad altro e alla svelta.
<<Che cos'era quel motivetto che avete fischiato poco fa?>>
<<Una parola d'ordine. Non è ovvio?>>
<<E' piuttosto malinconico.>> osservai <<Mi chiedevo se avesse un nome.>>
<<Non ce l'ha. Ma ci sono storie, sapete?>>  disse, scostanosi dal muro e facendo qualche passo verso di me. <<Molti raccontano che l'addetto alle esecuzioni della prigione lo canticchiasse spesso. Dicono che fosse l'ultima cosa che i pirati sentivano prima che il collo gli si spezzasse sulla forca.>>
Portai le mani alla bocca: <<Santo cielo, è terribile!>>
<<Si racconta che ancora oggi, durante la notte, si possa udire quel fischio riecheggiare tra i corridoi di questo posto.>> alzò gli occhi verso il soffitto come a cercare vecchi fantasmi ed io feci lo stesso, con il cuore pieno di terrore. Quando tornai con i piedi per terra, mi accorsi che Monaghan si era fatto pericolosamente vicino.
<<Quello sguardo spaventato vi dona, Miss Morgan.>> disse al mio orecchio, perchè nessuno lo sentisse e qualcosa dentro di me si accese come una miccia, fracendomi arrossire. Quando finalmente si fece indietro mi sembrò di tornare a respirare di nuovo.
Quell'uomo mi faceva decisamente uno stano effetto, forse lo stesso che mi faceva anche Dasmond.
Sentivo campanelli d'allarme ogni volta che si avvicinava, potevo sentire il profumo del pericolo ogni volta che lo avevo intorno, ma una parte di me - e grazie al cielo ben seppellita - fremeva ogni volta che mi toccava o sussurrava qualcosa al mio orecchio.
Una volta mio padre mi aveva detto che ero una calamita per i pericoli, che sembravo andarli a cercare e che mi piacesse sguazzarci in mezzo. Probabilmente aveva ragione: una parte danneggiata di me amava quella sensazione di pericolo, quella scintilla di paura che si accendeva nel sapere che stavo camminando sul ciglio di un precipizio e che se solo avessi fatto un passo falso sarei stata inghiottita dal vuoto.
<<Lucky Treasure, mh?>> chiese scettico, a braccia conserte.
Alzai le spalle: <<Che c'é? Ho improvvisato.>>
<<Un nome da pirata non lo si può scegliere, ci viene affibbiato, cucito addosso dagli altri.>> puntualizzò. <<Guillermo si chiederà cosa abbiate fatto di tanto speciale per meritarvelo. Fossi in voi preparerei qualche aneddoto da raccontare.>>
Prima che potessi rispondergli la porta di fronte a noi si aprì ed un uomo che non era Harold fece capolino dall'oscurità oltre il varco. Dovette chinare di poco la testa per passare dalla porta e quando venne verso di noi, mi accorsi che, non solo superava Vincent in altezza, ma anche che - come già successo in passato - il suo aspetto non corrisposndeva per nulla a ciò che avevo immaginato.
Era un uomo probabilmente alla soglia dei sessant'anni, in perfetta forma fisica, dalla pelle abbronzata e coperta qua e la da tatuaggi simili a quelli di Vince. Riuscivo ad intravederli sotto il tessuto usurato della sua camicia, infilata in un paio di pantaloni in pelle chiara che richiamava quella della giacca smanicata che portava e che risaltava il colore dei suoi occhi nocciola. Il suo viso solcato da qualche ruga era nascosto da un sottile strato di barba brizzolata. Le labbra carnose si incurvarono in un sorriso quando vide il suo amico.
<<VinceBlood Monaghan.>> pronunciò il suo nome e la sua voce profonda mi fece vibrare qualcosa dentro. <<Quale mostro marino ha trascinato le tue chiappe fin qui?>>
Vincent si sporse in avanti per abbracciarlo ed io mi chiesi se una piratessa quale avevo detto di essere, avrebbe fatto la stessa cosa.
<<Da quando viaggio con lei, non ho mai perso una sola partita ai dadi. E così mi sono detto: perchè non sfidare il mio amico Guillermo?>>
Il suo sguardo cadde su di me e mi sentii terribilmente esposta, come se all'improvviso qualcuno mi avesse spogliata e messa al centro di una stanza per osserarmi.
<<Lucky Treasure, giusto?>> chiese, tendenomi la mano. Gliela strinsi senza pensarci e considerai anche quello come un grande traguardo. Se non altro sembrava rispettarmi nonostante non avessi un uccello tra le gambe.
<<In carne ed ossa.>> risposi <<É un onore incontrarvi di persona. Il Capitano Monaghan mi ha parlato tanto di voi e delle vostre imprese.>>
<<Spero che ti abbia detto solo cose buone.>> mi strizzò l'occhio e poi sorrise facendo saltellare lo sguardo da me a Vincent e poi ancora su di me.
<<Dunque è per questo che ti chiamano così? Porti davvero fortuna ai dadi?>> domandò, con un marcato accento spagnolo.
Grata dell'aiuto che mi aveva dato Vincent, portai avanti il suo teatrino: <<Diciamo che, a differenza delle altre donne, non sembra portare sfortuna avemi a bordo.>>
<<Allora sarà meglio ch'io non vi faccia scappare.>> disse sorridendo ed inchinandosi, quasi fossi una nobile alla corte di Re Giorgio. Mi baciò la mano come un vero gentiluomo e poi la lasciò andare.
Nel piegarsi, qualcosa sbucò dal colletto della sua camicia e brillò alla luce della fiaccola accesa.
Il medaglione.
Non servì la telepatia per capire che Vincent si era accorto del gingillo che portava al collo e di certo aveva capito che si trattava dell'indizio per cui eravamo lì.
<<Cinque anni che non ti fai vedere e sbuchi dal nulla come un ratto.>> aggiunse poi, mettendo un braccio sulle spalle del suo amico. <<Resterete per la notte?>>
Il cuore si fermò per un istante all'idea di dover passare la notte lí. L'ultima volta io e Dasmond eravamo dovuti scappare di corsa, calandoci dalla finestra con delle lenzuola e rischiando di essere uccisi. E non ci tenevo a ripetere quell'esperienza.
<<No, ti ringrazio ma siamo solo di passaggio.>> ti rai un sospiro di sollievo.
<<Dunque sei passato solo a controllare se i poteri del tuo portafortuna funzionano anche sul Dio dei Dadi?>>
<<Mi hai beccato.>> scherzò, con un ghigno divertito sul volto.
<<Accomodiamoci di là, che ne dite?>> mi offrì il suo braccio ed io lo afferrai. Se non fosse per ciò che sapevo di lui- pensai- con addosso altri vestiti, avrei potuto tranquillamente scambiarlo per un uomo della Londra da bene.
Io e Vincent lo seguimmo oltre la porta da cui era venuto e quando Harold chiuse la porta alle nostre spalle, quasi mi dispiacque doverlo derubare e pregai Dio che Guillermo fosse diverso da come lo avevano descritto o, in alternativa, che Vincent fosse veloce nella fuga.

ACE OF SPADES - VM18Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora