Mi accorgo che l'effetto di quello che mi è stato iniettato sta finendo quando riesco di nuovo a percepire qualcosa, sono solo degli echi, è qualcosa di indistinto, non capisco se siano voci o rumori.
Subito dopo mi accorgo di possedere un corpo, un corpo molto dolorante che deve essere rimasto per un bel po' in una posizione scomoda.
Cerco di riordinare i pensieri e mi faccio coraggio per attivare con calma le varie parti del mio corpo. La testa mi sta esplodendo, questo è poco ma sicuro, ma cerco di svuotarla e concentrarmi solo su questi rumori, sposto la testa in direzione dei suoni e ascolto.
"Adesso....è....dovere....Jean....amm....vai...." devono essere al di la di una porta oppure sono più persone che si parlano una sopra l'altra perché anche se mi concentro di più non riesco a capirci un fico secco quindi lascio perdere.
Un fastidio crescente mi costringe a prestare attenzione alle braccia, cominciano a bruciare e sento il sudore che mi pizzica il retro del collo. E' paura? O è qualche altro farmaco che mi hanno buttato dentro?
Penso sia ora di scoprire dove mi trovo, così con fatica apro le palpebre e le sbatto un paio di volte.
Sembrano pesare una tonnellata e anche se mi rendo conto che la stanza è immersa nella semi-oscurità gli occhi mi bruciano come se avessi guardato fisso il sole.
Quando finalmente riesco a tenerli aperti mi guardo intorno, davanti a me c'è una porta chiusa e sui muri ai suoi lati solamente muffa e intonaco che cade a pezzi, l'unico arredamento sono io, io e la sedia sulla quale sono seduta. Anzi, legata.
I polsi bloccati dietro lo schienale mi bruciano e sento il bisogno di stendere la schiena ma quando provo a farlo mi rendo conto che anche le gambe sono state legate.
La consapevolezza della mia nuova condizione mi fa venire un nodo alla gola talmente stretto che mi viene da vomitare.
Non tornerò mai più a casa mia. Non vedrò mai più i miei amici. Manuel è morto.
MANUEL MORTO.
MANUEL.
MORTO.
Rivedo tutta la fiumana di clienti che corrono a destra e a sinistra, le persone cadute a terra che vengono calpestate. La mia collega incinta freddata, il mio responsabile a terra senza vita, il mio migliore amico. Che mai più rivedrò.
Tutti questi pensieri amplificano il dolore che provo nel petto, il senso di oppressione che mi sta schiacciando, il peso della consapevolezza che la mia vita è finita ma solo in senso metaforico. Infatti sono ancora su questa Terra, respiro e il mio cuore batte, il mio cervello purtroppo è ancora in perfetto stato e mi tiene spettatrice di tutto questo.
Le lacrime mi scorrono sul viso e cadono giù inzuppando il maglioncino logoro che indosso. Cerco di piangere in silenzio ma tutte queste emozioni sono davvero troppo, singhiozzi spezzano l'aria e attirano l'attenzione di chi mai vorrei avere intorno.
Le voci si interrompono e, dopo un attimo di silenzio tombale, la porta si spalanca rivelando tre brutti musi che mi guardano con un sorriso lascivo stampato sulla faccia.
Abbasso il viso senza riuscire a fermare i singulti che sconquassano il mio corpo e sento i passi che li portano sempre più vicini a me, il loro odore di sudore mi penetra nelle narici e uno di loro posa una mano sotto al mio mento costringendomi a rialzare la testa.
"Buongiorno bell'addormentata, abbiamo un bell'incarico per te. Adesso ci seguirai senza far scherzetti. Vedrai che andrà tutto molto, molto bene".
Le mani mi vengono slegate e i polsi, potendo di nuovo muoversi liberamente, mandano fitte di dolore fino alle spalle. Mi alzo dalla sedia con gambe tremanti e li seguo docilmente fuori dalla stanza e poi in vari corridoi finché ci fermiamo davanti ad un'altra porta.
"Prego signorina" si fa beffe di me "puoi usare i servizi. Ti concediamo dieci minuti, poi che tu abbia finito o meno uscirai" apre la porta con una manata e mi spinge dentro.
A vedere la stanza dove ero rinchiusa non avrei mai pensato di trovare un bagno che potesse vantare questo nome.
Non è di certo lussuoso ma è completo e pulito, mi avvicino allo specchio e guardo il mio riflesso.
Non sono cambiata tanto, la pelle è sempre la stessa, l'unica nota stonata è il taglio al labbro che mi hanno procurato a suon di manate ma per il resto sono la me di sempre. Poso le mani al lavabo e mi avvicino scrutandomi con maggiore attenzione, nei miei occhi è racchiusa la disperazione che provo e il terrore che mi attanaglia le budella.
Mi rendo conto che mi hanno dato solo pochi minuti così, dopo aver lanciato un occhio alla porta per controllare che fosse davvero chiusa mi avvicino al water, non so quando avrò di nuovo la possibilità di trovarmi in un bagno e mi sforzo di svuotare la vescica.
Subito dopo mi lancio verso il lavello e apro l'acqua, mi sciacquo la bocca più e più volte per far andare via lo sgradevole sapore del sangue e infine ne bevo qualche sorso prima di infilarmi i capelli nella maglia e affondare il viso nelle mani colme di acqua ghiacciata.
Dei tonfi sulla porta mi informano che il mio tempo è finito e mi tampono il viso con un asciugamano che era poggiato al bancone mentre la porta si spalanca, incurante delle mie condizioni.
"Il capo vuole vederti, ti sei fatta carina eh? Ti servirà" i due uomini sghignazzano e mi mangiano con gli occhi.
Un respiro profondo e via, un passo dopo l'altro, un passo dopo l'altro. Vediamo cosa vuole da me questo Capo...devo starmene buona, ho visto aprire un buco in testa alla mia collega, senza alcuna pietà. So che se mi dovessi comportare male quella sarà la mia stessa fine.
Spero solo che l'esistenza che mi si prospetta davanti non sia peggio.
I due uomini si fermano davanti ad un'altra porta molto simile a quella della mia cella e del bagno e la aprono dopo aver bussato.
Non entrano assieme a me ma mi ci spingono oltre e la richiudono con forza, non che mi sentissi più al mio agio o al sicuro con loro, ma questo cambio repentino mi fa sentire maggiormente esposta.
Alzo gli occhi per guardarmi attorno e capisco di trovarmi in una specie di stanza destinata ad accogliere degli ospiti, mi pare alquanto strano ma davanti a me c'è una grande scrivania con una poltrona di pelle e due sediole dall'altro lato come se si trovasse in una comunissima banca.
La stanza è poco illuminata, sulla scrivania è posta l'unica fonte di illuminazione e senza pensarci mi ci avvicino come se potesse tenermi al sicuro, un po' come quando ero piccola e mia madre mi attaccava la lucina accanto al letto per farmi prendere sonno.
Attendo ferma e in silenzio accanto al mobile interrogandomi su chi devo incontrare e soprattutto che cosa vuole da me, non capisco cosa possa volere ancora, hanno svaligiato il negozio, sfogato istinti omicidi, non so cosa possa dare loro che non abbiano già avuto.
Dei passi, sento dei passi che si avvicinano, c'è un'altra porta oltre a quella dalla quale sono entrata che si apre su questa stanza, e i passi stanno arrivando proprio da li.
La figura che fa capolino è quella che mi ha portata sulle spalle fino al furgone e che ha lottato con me per infilzarmi con la siringa ma....
Arretro incespicandomi nei miei stessi piedi e mi addosso al muro con un sibilo.
Sono fottuta
O sono salva
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Sottomessa🌙
Romansa"Inginocchiati" "Non lo farò mai" "Fallo, o le conseguenze non ti piaceranno" "Mi fai schifo!" "Ricordati le mie parole: mi pregherai anche in Turco per poterti inginocchiare a me e succhiarmelo. E ora... buon divertimento, troia" Ringrazio moltissi...