-6- Il grande Capo🌙

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Come ho potuto non riconoscerlo?

Come ha fatto un semplice pezzo di stoffa calcato sul viso a rendere irriconoscibile quel corpo che ho toccato innumerevoli volte?

Come ho fatto a non sentire familiare quel tono di voce?

Mi rendo conto che non ne sono stata capace solamente perché ero presa dal panico più puro durante l'irruzione nel negozio e tutti gli avvicendamenti che ne sono seguiti ma ora, ora mi sento tanto stupida e ingenua.

Alan si avvicina al tavolo dalla parte opposta rispetto a quella dove mi trovo io e, incrociate le braccia al petto mi rivolge un sorriso di scherno.

Un altro giovane uomo si piazza vicino alla porta dalla quale è entrato e assume una posizione che mi ricorda i militari, fissa lo sguardo avanti a sè, allarga le gambe ben piantando gli stivali a terra e si porta le mani dietro la schiena flettendo i muscoli sulle braccia.

Sto per aprire la bocca per lasciarmi sfuggire qualche parola poco lusinghiera nei confronti di Alan per poi pentirmene, quando un'altra figura entra nella stanza e mi fa tacere.

E' un uomo tarchiato, molto più vecchio di tutti quelli che ho incontrato fino a questo momento, e con un ampio spiazzo pelato in cima alla testa. Tra le braccia porta delle cartelline che posa sulla scrivania prima di sedersi e sbottonarsi la giacca allungandosi sulla comoda poltrona.

Rimango in silenzio addossata alla parete ma sempre accanto alla lampada sul tavolo e osservo tutti con grande attenzione, non voglio farmi cogliere impreparata ma devo rimare vigile e scattante come ho fatto sul camioncino... prima che quel balzo mi facesse perdere l'equilibrio.

Per quanto ho sperato di non essere notata dovevo saperlo che tutti e tre gli uomini sapevano che fossi li e anzi mi ci avessero espressamente convocata.

L'uomo seduto in poltrona di colpo gira la testa verso di me ed io mi schiaccio ancora di più al muro spaventata dal suo gesto improvviso e non mi rilasso nemmeno quando distende le labbra in un sorriso che sembra benevolo.

"Perchè non vieni a sederti? Dobbiamo parlare di un po' di cosette" la sua voce è calma e pacata ma so che per quanto possa sentirmi anche in compagnia di un vecchio zio basta un solo suo cenno per farmi sparare un colpo in testa così decido di accontentarlo e scelgo la sediola più vicina all'abat-jour.

"Bene bene, gradisci qualcosa da bere?" si avvicina e io scuoto la testa.

"Non ho sentito risposta ragazzina. Ti avverto che qua si usano le parole" la sua voce adesso è meno tranquilla ma anzi ha una sfumatura adirata. Ci avevo visto giusto se basta così poco per farlo uscire dai gangheri.

"No, grazie, non ho sete" pensavo che la mia voce avrebbe tremato o sarebbe stata impercettibile, invece è cristallina e ferma. Mi stupisco.

L'uomo fa un cenno col capo e apre dei fascicoli, non so se posso guardare o meno ma decido di evitare di immischiarmi in certe cose così abbasso lo sguardo sulle ginocchia e mi tormento le mani. Il bordo del maglioncino acquistato solo il giorno prima mi riporta indietro nel tempo e mi fa riprovare le sensazioni e le emozioni provate quel che sembra secoli fa. Ero così eccitata, felice, spensierata.

Con orrore mi accorgo che il taglio provocato dal coltello è molto più lungo di quel che pensavo mette completamente in bella mostra i seni coperti unicamente dal reggiseno in pizzo nero semitrasparente che avevo comprato e indossato per Alan.

Le guance prendono fuoco mentre stringo i due lembi del maglioncino tra loro e rialzo lo sguardo che per quanto sia incazzato è anche velato da lacrime.

"Ora ti farò qualche domanda, vedi di rispondermi con le parole. Sono un uomo poco paziente mia cara" non sembra aspettare una risposta così me ne sto zitta.

"Forse da quando sei qua hai cominciato a fare due più due e stai iniziando a capire qualche cosa ma dato che di tempo ne abbiamo ho pensato di aggiornarti, di darti un infarinatura generale su quel che è successo" fa una pausa e io chiudo gli occhi cercando di sciogliere il nodo che mi si è formato in gola, se vogliono mettermi al corrente di tutto... non ne uscirò mai viva da qua.

"Come hai avuto modo di vedere, il ragazzo che tu conoscevi come Alan, è qui assieme a noi. Già, non si chiama Alan, è proprio un nome ridicolo non trovi? Bene è stato mandato a lavorare e a capire chi poteva avvicinare per poterci dare l'opportunità di svaligiare quel bellissimo negozio dove tu con i tuoi colleghi ti trovavi talmente bene che reputavi fossero la tua famiglia. Non è vero?"

Silenzio.

"Ho detto... non è vero?" il suo ringhio mi fa tremare le gambe.

"S-si" adesso la mia voce trema e si spezza.

Chiudo gli occhi e ripenso alla mia famiglia, a Manuel che è morto e a tutti gli altri di cui non conosco la condizione e gli occhi cominciano a pizzicarmi.

"Il nostro ragazzone ha trovato te, che sembravi una abbastanza disperata da uscire con lui e confidargli mille segreti come due ragazzine al liceo, e tu hai abboccato, al primo appuntamento" si ferma per concedersi una risata viscerale e continua "lo so, lo so, tu non hai colpa, Alan è proprio il genere di ragazzo che fa girare la testa con un semplice sorriso vero? VERO?" ripete queste parole. So che vuole solamente umiliarmi.

"Si..." alle mie parole sorride nuovamente.

"Però c'è una cosa che vorrei sapere, perché gli hai mentito?" appoggia il mento sulle dita intrecciate e mi rivolge uno sguardo intenso.

Io scuoto la testa incredula "Mentito?"

"Si, gli hai detto che tu nel tuo lavoro maneggi soldi, tanti soldi e che col responsabile preparate la cassaforte e molte altre cose. Capirai bene che il fatto che tu non avessi l'accesso alla cassaforte ci ha fatto perdere tempo prezioso e abbiamo dovuto accelerare le cose con dei metodi... che avremmo voluto evitare. Siamo bravi ragazzi, non volevamo uno spargimento così massiccio di sangue, anche perché ci porta molti più casini."

"Io non ho mai detto di avere accesso alla cassaforte" la mia voce adesso non trema di paura ma di rabbia.

"Hai sentito che cosa ho detto? Tu e il tuo responsabile preparate la cassaforte, i versamenti ecc" ripete la frase lentamente come se non potessi capire.

"Beh allora forse era meglio se fosse uscito con Carlos piuttosto che con me. Io non ho accesso se non vengo autorizzata. E se Alan o come cazzo si chiama non capisce un cazzo di quello che gli si dice non è colpa mia!" parlando mi sono addirittura alzata dalla sedia e sto fissando con odio il ragazzo con il quale sono uscita per due mesi.

Due mani mi spingono con forza di nuovo sulla sedia e poi si posano sulle mie spalle per tenermi inchiodata li.

"Beh, quali che siano le motivazioni che ci hanno portato a fare quegli errori ormai sono irrilevanti. Il colpo è andato a buon fine ed è stato davvero buono. Adesso, la squadra bronzo passa di livello, quindi fateli studiare come cani, devono prepararsi ad una missione molto più importante. Ci vediamo dopo le feste, e potete liberarvi di lei. Non ce ne facciamo nulla" il Capo si alza riabbottonandosi la giacca e prendendo i fascicoli ma "Alan" lo interrompe.

"Se permette... ho un'idea per lei" l'ometto tarchiato gli batte una mano sulla spalla e gli si rivolge con un sorriso.

"Fanne quello che vuoi. Ho piena fiducia in te Caden"

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