CAPITOLO 33

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"Me l'hai promesso okay?"
"Si piccola"

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Roma pov

Non so se un giorno riuscirò ad essere per mio figlio quello che lui è per me.

La sua mano sarà sempre la mia sicurezza, la sua forza sarà il mio scudo per proteggermi da tutto e da tutti.

"Papà" gli dico restando pur sempre ferma nella nostra posizione, continuando a stringerlo a me.

"Dimmi piccola"

"Lo so che non sono di molte parole, non mi confido mai con te, pur essendo il mio papà, non ti dico quasi mai che ti voglio bene."

"Tranquilla piccola non c'è bisogno che-" lo interrompo subito.

"Fammi finire, sento il bisogno di dirtelo papà, ti voglio bene, tanto, non lasciarmi mai d'accordo?" gli dico mentre una lacrima sfugge al mio controllo.

"Mai bambina mia"

*Un pò di tempo dopo*

"Roma possiamo parlare un minuto?" mi chiede Andrés.

"Okay riguardo cosa?"
"Sai non abbiamo avuto occasione di parlare del fatto che abbia ordinato a tuo fratello di far uccidere un ostaggio"

"Senti Andr-Berlino non mi va"
"Voglio spiegarti.."
"Non hai nulla da spiegare, Berlino."
"Invece si." dice guardandomi negli occhi,
quegli occhi che per tutti questi mesi mi sono
sembrati un faro nell'oscurità più assoluta, ma
anche un abisso enorme.

"Magari ho esagerato, io riconosco il mio
sbaglio, ma era l'unica soluzione e spero che tu possa capirlo."

"Perché lo hai fatto? E se per te è così giusto perché non farlo tu? Perché farlo fare a Denver! Perché Berlino!!" domando con le lacrime agli occhi stringendo sempre di più la canna del fucile, come a voler restare calma, ma con scarsi risultati.

Nonostante Monica sia viva lui ha sempre
ordinato di ucciderla.

"Perché non potevo passare sopra ad una cosa del genere.
Con il tuo aiuto, magari, in futuro potrei
migliorare un po' alcuni aspetti di me." dice guardandomi cercando un minimo cedimento nei miei occhi.

Distolgo lo sguardo da lui, volgendolo a terra.

"E se Monica fossi stata io?" silenzio.

Nessuna risposta da parte sua, così lo guardo e scuoto la testa seppur con le lacrime agli occhi.

"Ho bisogno di tempo per pensare e schiarirmi le idee, non posso lasciarmi influenzare dalle circostanze, la professionalità è la prima cosa, ricordi?" dico a fatica guardandolo negli occhi cercando di ricacciare le lacrime.

Mi guarda senza dire nulla e posso giurare di aver visto comparire nei suoi occhi un luccichio, ma non di gioia.

Mi giro senza dire nulla e vado verso il bagno.

Una volta in bagno vedo Tokyo.

"Che faccia... Che cos'hai?" mi chiede
venendomi vicino.

Apro l'acqua del rubinetto ed aspetto che
diventi fredda, sciacquo la faccia.

Mi guardo allo specchio e la vedo dietro di me
che imbraccia il fucile.

"Berlino, lui è complicato." dico soltanto e lei mi guarda.

"Berlino è fatto così o lo accetti con i suoi pregi e difetti o niente, non spetta a me poi dirti cosa fare, so che io con le parole non sono un granché... Ma se ti serve qui hai un'amica
pronta a sorreggerti come tu lo hai fatto nei
mesi scorsi oggi e ieri qui dentro... Io ci sono sempre" l'abbraccio ed una lacrima mi riga il viso.

Lei me l'asciuga e mi dice: "Tutti compiamo degli errori. Posso elencarti pagine e pagine su
quanto sia stronzo Berlino, è molto autoritario e tende a proteggerci e a proteggere il piano del Professore, per quanto io non lo sopporti, non posso negare che lui ti ama e si vede." le sorrido prima di ringraziarla.

*Qualche minuto dopo*

Entro nella camera blindata e vedo Mosca che
cerca di medicarle la gamba che precedentemente avevo fatto io, mentre Monica
scrive su di un foglietto qualcosa di cui non mi
curo nemmeno di sapere cosa c'è scritto.

Mi avvicino a Mosca e noto la sua faccia, è
preoccupato quanto me.

Sappiamo entrambi che se non togliamo il proiettile le cose si complicheranno e non poco.

"Dobbiamo estrarre il proiettile." dico rivolta
verso Mosca, preoccupato quanto me per la
situazione.

"Dobbiamo prendere degli strumenti specifici,
non possiamo aprirle una ferita con un
taglierino." continua Mosca.

Rivolgo il mio sguardo verso Monica che ancora
sta scrivendo.

"Dov'è il kit medico che ci ha dato il Professore? Li ci sono i bisturi."

"Ce l'ha Berlino." dice Denver, mentre delle
goccioline di sudore ricadono sulla sua fronte.

In quel esatto momento mi guardano entrambi come se io sapessi come fare.

"Non ci pensate neanche"

"Non c'è altra soluzione, vai lì aspetti che entri l'equipe Medica e prendi ciò che ci serve" mi dice mio fratello guardandomi con speranza.

"Perché date per scontato che io ci riesca? E se non riuscissi a prenderlo? E se mi vedono o ancora peggio se Berlino mi vede e fa domande? No no e ancora no, vai tu."

"Ascoltami, sei l'unica che può farlo, ti prego sorellina" 

"Ti odio lo sai?" gli dico prima di uscire dalla camera blindata.

La speranza.
Tutti ne abbiamo bisogno per poter andare avanti.
A tutti infatti è capitato almeno una volta nella vita di non saper più dove sbattere la testa davanti a un muro alto e ben fortificato che non accennava a cadere.
In quel momento, quando la fortuna ci pare avversa tutto quello che possiamo fare è aggrapparci alla speranza e in quel momento io ero l'unica speranza.

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Scusate per il troppo tempo, fatemi sapere che ne pensate.
Se vi va vi ricordo di lasciare un commento e una stellina, per qualsiasi domanda chiedetemi💕

Rᴏᴍᴀ || Lᴀ Cᴀsᴀ ᴅɪ CᴀʀᴛᴀDove le storie prendono vita. Scoprilo ora