Woodbury

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Cercai di aprire gli occhi, ma la testa mi faceva un male cane.
Intorno a me tutto risultava sfocato e non riuscii a capire, immediatamente, dove fossi.
Poi ricordi confusi si fecero largo nella mia mente dolorante : il negozio, l'incendio, quelle persone. La botta in testa e poi nient'altro.
Conclusi, anche senza che riuscissi a vedere niente, che ero stata rapita.

Come spesso succedeva, il terrore si impossesso del mio corpo, cominciai a tremare in modo convulso e a respirare a fatica.
Con molta difficoltà riuscii a mettere a fuoco la stanza in cui mi trovavo : non c'era niente dentro, se non un tavolo molto arrugginito, e poi io, su una sedia legata mani e piedi.

Ebbi un capogiro e un senso di nausea invase le mie membra, probabilmente per l'agitazione del momento.

Provai a ragionare, ma arrivai, in poco tempo, alla conclusione che non potevo fare niente. Ero sola, legata e mi avevamo levato il coltello dalla fondina.

Mi guardi intorno, cercando la mia borsa, ma non la vidi, sicuramente avevano preso anche quella.

Lacrime amare graffiarono il mio viso : ero stanca, sola, dolorante e avevano preso tutta la mia roba.
Ed ero furiosa con me stessa, per essere stata così sprovveduta e ingenua.

Le mie mani e i piedi, erano legati con una corda molto spessa, con nodi davvero stretti.
A questo collegai il dolore, molto forte, ai polsi.

Non potevo far altro che aspettare, provare ad escogitare un piano per quando qualcuno sarebbe spuntato da quella porta.
Ma tutte le idee mi sembrava stupide, e irrealizzabili ; provai a non scoraggiarmi, ma la fortezza che sembravo avere, guardandomi da fuori, non mi apparteneva, non veramente.

Ero stanca, stanca di questo mondo e di questa vita, così difficile da tenere in salvo.
Forse avrei dovuto, semplicemente, abbandonarla e lasciarmi andare.
Forse non valeva più la pena lottare, provare, sperare.
Forse non ero fatta per questo nuovo mondo, per questa nuova vita.

Non potei formulare altri pensieri negativi, che la porta pesante si aprì con violenza, facendomi sussultare.

《Bene, bene... Governatore, ecco la mocciosa. L'abbiamo trovata che girovagava nei negozi, non distante da qui. - poi si avvicinò schifosamente al mio viso - Forse non sa che questa è la nostra zona.》

Dietro di lui, un altro uomo mi guardava, con meno cattiveria e disgusto negli occhi.
Lo guardai, di nuovo incattivita, senza dar conto all'uomo con la mano mancante.

Il cosiddetto Governatore, fece cenno all'altro uomo e si avvicinò a me, studiandomi come se potessi nascondere chissà quale segreto.

Non abbassai lo sguardo, sfacciata e coraggiosa.
Dovevo esserla, forse una parte di me la era e quelli erano i momenti in cui usciva, senza che io me ne rendessi nemmeno conto.
Forse, l'istinto di sopravvivenza, alla fine, prevale ; e anche chi non ha coraggio lo trova, in qualche modo.

《Merle, il tuo lavoro qui è finito, puoi andare. Lasciami solo.》

Disse l'uomo al pazzo con il moncherino, senza distogliere gli occhi dai miei.
Mi faceva quasi più disgusto quello sguardo indagatore, che la vicinanza di prima di quel Merle.

Rimasi pietrificata quando uscii e rimasi sola, chiusa in quel posto sudicio con quell'uomo.

《So che, probabilmente, Merle non ti va a genio. Ha dei brutti modi, è molto rude e poco educato, ma non tutti gli uomini sono così. Quindi non preoccuparti.》

Disse con un sorriso mellifluo stampato sul viso.

Lo guardai con molta rabbia e sfrontatezza, avevo capito quale fosse il suo gioco. I suoi occhi apparivano limpidi, almeno per la mia comprensione.

Promise  |||  The Walking DeadDove le storie prendono vita. Scoprilo ora