Capitolo 1

4.7K 80 5
                                    

«Perché dovremmo assumere lei?» mi chiese un uomo anziano con un paio di baffi molto folti. Chissà se usa lo shampoo anche lì riflettevo intanto osservandoli.

«Signorina Riviero?» mi richiamò la donna al suo fianco. «Cos'ha lei di diverso dalle altre candidate?» Accidenti, concentrati!

«Sono volenterosa e mi impegno davvero tanto in quello che faccio. Sono convinta che potrei essere utile per la vostra azienda.» Era il quarto colloquio della settimana. Il. Quarto. Colloquio. Ed era ancora mercoledì.

Tirai un calcio ad una lattina sul marciapiede, ripensando a come era andata, e un ciclista imprecò per l'oggetto che per poco non lo aveva fatto cadere a terra. L'uomo si fermò, cercando chi aveva attentato alla sua vita, e io mi dileguai senza farmi notare. Bel lavoro, Daphne. Davvero bel lavoro. Se riuscissi a guadagnare qualcosa dall'infastidire gli altri, non avresti problemi.

Svoltato l'angolo, mi ritrovai in uno degli incubi peggiori di chi ha fretta: la confusione. Le strade pullulavano sempre di gente, ma sarebbe stato carino, almeno per quel giorno, poter camminare senza sbattere contro i passanti. Superai esasperata una coppia di turisti, con tanto di macchina fotografica al collo e zainetto per le escursioni, che si godeva la sua lenta camminata e, con la consapevolezza di essere una persona orribile, mi lasciai alle spalle anche una signora anziana con il bastone. Se solo non fossi stata già tremendamente in ritardo, avrei avuto un po' di considerazione e avrei evitato di superare, con uno slancio degno di un vero atleta, la povera vecchietta.

Il mio cellulare cominciò a squillare proprio quando raggiunsi il bordo del marciapiede e sapevo che, di sicuro, non era uno dei miei potenziali datori di lavoro a chiamarmi per dirmi che ero stata assunta. Osservai speranzosa il nome sul display e tirai un profondo respiro di sollievo. «Pronto, Nadia?» risposi. Allungai una mano sperando che un taxi si fermasse il prima possibile.

«Com'è andata?» mi chiese la mia vicina di casa.

«Mi faranno sapere.» Allora la fortuna si ricorda che esisto! Un taxi, probabilmente datato all'epoca del Giurassico, si era fermato di fronte a me e mi ci infilai dentro prima che qualche maleducato me lo soffiasse da sotto il naso. «Sai cosa significa quando mi dicono "ti faremo sapere"?» continuai a dire alla mia amica, mentre mi accomodavo sul sedile. «Significa che non mi chiamano mai.»

«Andrà meglio» mi consolò Nadia per la quarta volta in tre giorni.

«Ristorante "Sapore delle stelle"» dissi distrattamente all'autista. Il taxi si mise in moto con un rumore sospetto e probabilmente con una gomma sgonfia, facendomi pregare per tutto il tragitto che riuscisse almeno ad arrivare a destinazione.

«Pranzi con tuo padre?» chiese la mia amica, sentendo ciò che avevo detto.

«Da cosa lo deduci?» domandai annoiata.

«Solo tuo padre può permettersi di mangiare in un posto tanto esclusivo» rise lei all'altro capo del telefono.

«Uno dei vantaggi di essere la figlia di un uomo ricco» sospirai. Feci un respiro profondo per tenere i nervi saldi e un odore nauseabondo investì in pieno le mie narici. Pregai con tutta me stessa che in quel taxi non ci fosse un topo morto.

«Potresti fare la bella vita, lo sai vero? Potresti avere bei vestiti, vivere in un luogo lussuoso, viaggiare-»

«Okay, ti fermo prima che la tua fantasia prenda il sopravvento» la bloccai con una smorfia, non sapendo se questa fosse dovuta a ciò che avevano sentito le mie orecchie o a ciò che continuava a sentire il mio naso. Abbassai immediatamente il finestrino, giusto per sicurezza, convinta che avrei potuto vomitare in quell'auto da un momento all'altro.

Miele nei tuoi occhiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora