Capitolo 53

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Prima di lasciarci da soli, la dottoressa si era raccomandata riguardo all'evitare qualsiasi argomento che potesse ricordare a mia madre che il suo ex marito si sarebbe sposato il giorno dopo con la sua nuova compagna. La sua mente era particolarmente fragile e, dopo essere caduta dalle scale, neanche il suo corpo se la passava bene.

Sembrava dormire, quando entrammo da lei. Gli occhi erano chiusi, la bocca socchiusa e la fascia intorno alla testa era un chiaro segnale del fatto che aveva bisogno di riposare.

Fu lei però ad aprire gli occhi ancor prima che io la chiamassi. Il suo volto pallido si illuminò con un sorriso e ciò mi fece capire che almeno non ero un'estranea in quel momento.

«Sei la ragazza che è venuta a trovarmi l'altro giorno» mi disse. «Mi ricordo di te perché ti chiami come mia figlia.»

Guardai Marzio con tristezza. Sarebbe stato bello trovare mia madre lucida abbastanza da presentarle Marzio per bene, ma non avevo alcuna intenzione di lamentarmi. Il solo fatto che si fosse ricordata di me, anche se non capiva che ero proprio io sua figlia, era più che sufficiente.

«Non sono venuta da sola questa volta» le dissi. «Margherita, questo è Marzio» li presentai.

Mia madre lo osservò con fare guardingo. Era come se lo stesse studiando con circospezione per farsi un'idea su di lui. Sentii la tensione che Marzio stava provando attraverso la mano che mi stringeva.

Mi aveva preso lui per mano, prima di entrare lì, con lo scopo di rassicurarmi, ma ora sembrava proprio che i ruoli si fossero invertiti.

«Buongiorno signora» disse Marzio nervoso. Neanche quando aveva per le mani questioni di lavoro importanti lo avevo visto così teso.

«Mi piace questo ragazzo» disse mia madre, dopo aver finito la sua perlustrazione. «È il tuo fidanzato?»

Sorrisi a Marzio e poi tornai ad osservare lei. «Mio marito» la corressi.

Lei spalancò gli occhi, sentendo quella notizia. «Non credevo fossi già sposata! Sei così giovane!»

Stavo per dirle che ci eravamo sposati solo il giorno prima, ma mi trattenni appena in tempo. Non era il caso nominare nozze che erano avvenute da poco: non volevo che il suo cervello le associasse a quelle che sarebbero avvenute il giorno dopo.

«Ah!» sospirò. «Spero che anche mia figlia un giorno riesca a trovare qualcuno che le faccia brillare gli occhi come sta succedendo a te!»

Marzio mi osservò compiaciuto dopo quello che aveva detto mia madre e io gli tirai una leggera gomitata sul fianco.

Restammo lì a chiacchierare del più e del meno a lungo. Era un piacere vedere Marzio andare d'accordo con almeno uno dei miei genitori e quei due sembravano intendersela alla grande.

Forse era il fatto che entrambi si occupavano di moda a metterli così in sintonia. Stavano parlando di vecchi stilisti che io non conoscevo minimamente e mia madre non faceva che congratularsi con Marzio per essere così preparato nonostante fosse ancora giovane.

Furono gli infermieri ad invitarci ad uscire dalla stanza. Dopo il terzo "invito" consecutivo, però, la loro era diventata una chiara richiesta a cui non ci saremmo potuti sottrarre ancora per molto.

Mia madre aveva bisogno di riposare e, anche se lei diceva di voler continuare a parlare con "quella giovane coppia di sposi", io e Marzio la lasciammo sola prima che gli infermieri ci scortassero fuori.

«Credo che sia andata bene» commentò Marzio, quando restammo di nuovo soli.

Per tutta risposta, mi sollevai sulle punte e, gettandogli le braccia al collo, lo baciai. Ricambiò immediatamente il mio bacio e le sue braccia mi circondarono in un abbraccio che non avrebbe potuto farmi sentire più amata.

«Daphne, per favore» disse poi, quando notò che non avevo nessuna intenzione di allontanarmi. «Un po' di contegno! Siamo in un luogo pubblico.»

Con la coda dell'occhio, notai un'infermiera passarci accanto ridacchiando e solo ciò mi spinse a staccarmi da Marzio. Lui sembrava parecchio divertito dal fatto che avevo appena finito di dare spettacolo in un centro medico.

Restammo lì per tutta la giornata, nel caso in cui gli infermieri ci avessero permesso di rientrare, e camminammo in quel meraviglioso giardino che avevo notato la settimana prima per ore. Sembravamo fare una semplice e normale passeggiata in un parco. Erano solo gli altri pazienti della struttura a ricordarci perché ci trovavamo lì.

Lasciammo la clinica solo quando Stefania arrivò la sera, insieme a Nadia e Mattia. Si era congratulata con me e Marzio per il nostro matrimonio e ci aveva invitato ad andare a casa a riposare prima ancora che avessi il tempo di abbracciarla.

Sembrava proprio che non avesse alcuna intenzione di partecipare al matrimonio di mio padre e lui le aveva concesso il giorno libero per restare al fianco di mia madre.

Mi sarebbe piaciuto fare la stessa cosa, ma sapevo che non mi era possibile. Io non potevo decidere di non andare al matrimonio di mio padre. Ma, almeno, mi consolava sapere che Stefania sarebbe rimasta lì al mio posto.

Il viaggio verso casa fu molto breve, ma solo perché ero crollata sul sedile dell'auto. Avevo dormito circa tre ore quella notte e Marzio si ritrovava nel mio stesso stato a fine giornata.

Non riuscivo a capire, quindi, dove avesse trovato le forze per prendermi in braccio prima di entrare nel suo appartamento.

«È così che si fa quando ci si sposa» disse con un sorriso, entrando in quella che ora era ufficialmente casa nostra. Mi sentivo al sicuro in quell'ambiente che era diventato così familiare.

«Sono contento che sei di nuovo qui» disse soltanto, ponendo le mani sui miei fianchi.

I nostri occhi parlavano per noi ed entrambi, se solo avessimo avuto le forze, non avremmo concluso così in fretta quella serata. Ma la stanchezza aveva cominciato a farsi sentire ora che ci si prospettava la possibilità di dormire su un comodo letto e non su quelle stupide sedie della clinica.

Almeno, però, quella sera avrei dormito tra le sue braccia. Mi sembrava un buon compromesso, considerando ciò che mi si prospettava davanti il giorno dopo.

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