Capitolo 30

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In quanto a relazioni, il mio problema era sempre stato uno. Una volta che qualcuno entrava nella mia testa, occupava tutto lo spazio disponibile, impedendomi di pensare ad altro.

E con Marzio, sembrava essere peggio del solito.

Non ero più neanche in grado di lavarmi i denti senza iniziare a pensare a lui. Il mio cervello semplicemente cominciava ad elaborare scenari in cui lui era presente.

Ma finché ciò mi capitava quando ero a casa, andava tutto bene. La situazione si complicava quando avevo questi black-out in ufficio. Soprattutto se ero nel bel mezzo di una riunione. Lì sì che iniziava a diventare un problema.

Stavamo discutendo, con una delle clienti più odiose che io avessi mai incontrato, del suo abito per la festa di Pierre. E avevamo passato un'ora intera a tentare di capire quale era la tonalità di blu che la signora voleva per i suoi guanti. Un'ora. Era proprio inevitabile che la mia testa si disconnettesse in un momento in cui la mia concentrazione non era delle migliori.

Persino Marzio sembrava essersi accorto di ciò che mi stava succedendo. Ogni volta che avevo i miei black-out, quando c'era anche lui nella stessa stanza, sulle sue labbra compariva un sorrisino divertito.

E i miei sospetti, riguardo al fatto che sapesse perfettamente cosa mi passava per la testa, trovarono una conferma pochi giorni dopo.

«Ultimamente devi essere molto soddisfatta della tua vita» disse appoggiandosi al frigorifero in cucina.

«Mh?» mormorai, tornando sul pianeta Terra. Avevo lasciato l'acqua del rubinetto aperta per una quantità di tempo non ben decifrabile, ma comunque sufficiente per sprecarne parecchia.

«È successo qualcosa di bello ultimamente?» mi chiese, bevendo dalla bottiglia. Una gocciolina d'acqua non seguì il percorso previsto e gli cadde lungo il mento, scendendogli poi sul collo.

Grandioso, pensai. Adesso il mio cervello ha immagazzinato altro materiale su cui lavorare e farmi distrarre.

«Nulla di particolare» risposi con grande fatica.

«Sicura?» mi chiese, facendo un passo verso di me.

Indossava una maglietta blu scuro che si intonava perfettamente con i suoi occhi e che gli stava davvero bene addosso.

«Perché?» chiesi titubante. «Sembro soddisfatta?»

«Lo sai, vero, che ti perdi nei tuoi pensieri e inizi a sorridere da sola?» disse Marzio con evidente ironia.

Mi portai istintivamente le mani sulla faccia. Ero consapevole dei miei piccoli lunghi momenti di distrazione, ma non lo ero del sorrisetto inquietante che doveva spuntarmi in volto.

«Posso sapere a cosa pensi ultimamente?» mi chiese, dopo essersi avvicinato a un raggio di distanza non accettabile per il mio stato mentale attuale.

«A nessuno» risposi istintivamente.

«Io non ti ho chiesto a chi pensi» disse lui con un sorriso alquanto soddisfatto. «Ti ho chiesto a cosa pensi.»

Perdersi in questi tecnicismi era inutile, ma di certo non stava servendo a volgere la situazione a mio vantaggio.

«Non penso a nulla» dissi schiarendomi la voce.

«È colpa mia?» mi chiese però lui, ignorandomi totalmente. «È colpa mia se ti distrai e commetti venti errori di battitura in un solo foglio?»

«È successo di nuovo?» gli chiesi sconvolta. Era già capitato tre volte, solo nell'ultima settimana, che i fogli che gli consegnavo presentassero parecchi errori.

Marzio sorrise, annuendo lievemente la testa.

«Mi dispiace» dissi mortificata.

«Non devi scusarti se la causa sono io» disse lui. Le sue mani si posarono sui miei fianchi e il mio cuore cominciò a palpitare sempre più forte. «Ammettilo» aggiunse.

«Non mi ero mai sentita così» sussurrai, dopo un attimo di esitazione. «È come se avessi occupato ogni piccolo angolo della mia testa. Ci sei solo tu qui dentro!» esclamai. Mi sentivo più leggera dopo avergli detto la verità, ma l'imbarazzo mi stava facendo sprofondare sottoterra.

Non avevo neanche il coraggio di guardarlo negli occhi dopo la mia confessione.

«È lo stesso anche per me, sai?» disse però lui. La sua mano raggiunse il mio volto, facendo sì che i nostri occhi fossero di nuovo incatenati. «Non faccio che pensare a te» sussurrò accarezzandomi la guancia.

«Davvero?» chiesi stupita. Mi sentivo compiaciuta da ciò che mi aveva appena detto, soprattutto perché almeno sapevo di non essere l'unica a provare quei sentimenti.

«Sai quanta fatica faccio ogni giorno quando devo concentrarmi su qualcosa?» chiese senza smettere di accarezzarmi il volto. «Ed io non posso permettermi errori, a differenza tua» puntualizzò, posando l'indice sul mio naso.

«Mi dispiace?» chiesi incerta.

«Non mi sembri molto convinta» replicò infatti lui. Il sorriso sul mio volto di certo non passava inosservato.

«Allora questo è per farmi perdonare» risposi. Mi sollevai sulle punte, tentando di arrivare ad un'altezza accettabile, e gli posai un bacio leggero sulla guancia.

Il sorriso sul volto di Marzio era diventato più marcato dopo il mio gesto, ma il luccichio nei suoi occhi mi faceva capire che non ero ancora riuscita a conquistarmi il suo perdono.

«Pensi che questo basti?» mi chiese infatti.

«Cosa dovrei fare?» risposi divertita.

«Voglio un bacio come si deve» affermò con convinzione.

Mi sollevai nuovamente sulle punte e ci scambiammo l'ennesimo lungo bacio. Lo stesso che ci davamo ormai ogni giorno.

Era come se avessimo saltato tutti i passaggi burocratici e fossimo giunti direttamente alla luna di miele. Era come se ci fossimo già sposati, anche se non era così.

«Adesso va meglio?» gli chiesi.

Marzio non rispose, ma si riavvicinò per darmi un altro bacio. Fugace sì, ma piacevole.

«Adesso è perfetto» rispose con un sorriso.

Era davvero tutto perfetto. Ma, in mezzo a quella felicità che mi faceva sentire come se stessi volando ogni volta che eravamo insieme, mi chiesi se fosse possibile che quella perfezione continuasse ancora a lungo.

Miele nei tuoi occhiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora