Capitolo 45

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Era passato il tramonto quando giunsi davanti casa di Marzio.

Sapevo perfettamente che non l'avrei trovato in ufficio a quell'ora e vedere le luci sul suo piano accese me lo confermò.

Ciò a cui invece non ero preparata, era vedere che non c'era traccia di un singolo giornalista appostato davanti casa sua.

Avevo sempre creduto che i paparazzi fossero dei ghepardi tenaci a catturare i momenti privati delle loro prede, eppure questa volta sembravano aver perso la voglia di scoprire chi era la donna misteriosa di Marzio Grimaldi abbastanza velocemente.

Non che per me facesse una grande differenza. Avevo deciso di andare da Marzio in qualunque caso. Gli avrei detto che lo amavo, anche se avessi dovuto combattere con decine di giornalisti insospettiti dal fatto che mi ero recata a casa del mio capo a quell'ora. Non me ne importava più niente.

Mi fiondai dentro il portone nel momento in cui qualcuno stava uscendo dall'edificio. Conoscevo bene quell'ambiente, ma mai era stato così vicino alla parola "casa" come in quel momento.

Quando l'ascensore mi lasciò al mio piano, mi sembrò che la strada che mi separava dall'appartamento di Marzio fosse diventata molto più lunga.

Mi sentivo impaziente e cominciai a suonare il campanello velocemente, sperando che Marzio si precipitasse ad aprirmi la porta a causa di tutto il frastuono che stavo facendo.

Non gli avrei neanche dato il tempo di chiedermi cosa ci facevo lì: lo avrei abbracciato e gli avrei detto che lo amavo non appena avesse aperto quella dannatissima porta.

La mia mano era ancora sollevata per suonare l'ennesima volta il campanello, quando la porta si spalancò.

Ad aprirmi, però, non era stato lui.

Elvira mi osservò stupita da dietro la montatura dei suoi occhiali, ma la sua sorpresa non poteva neanche essere paragonata alla mia.

«Daphne» mi salutò sorpresa. «Va tutto bene?» mi chiese. Probabilmente aveva creduto che chiunque stesse suonando il campanello in quel modo doveva avere qualche tipo di emergenza.

Ero sicura che Elvira si trovasse lì per qualche scartoffia che riguardava l'azienda. C'era stata una riunione importante quel pomeriggio ed ero certa che Marzio avesse avuto bisogno di qualcosa di urgente all'improvviso.

«Marzio è in casa?» chiesi, non sapendo che dire.

«Certo, entra pure!» affermò con un sorriso. Io, nella mia mente, riuscivo solo a pensare che non mi era piaciuto per niente il tono con cui aveva pronunciato quelle parole. Lo aveva detto come se fosse stata la padrona di casa e provai un'ondata di fastidio.

L'appartamento era perfettamente in ordine come sempre, ma mi sentivo improvvisamente come un'estranea lì dentro. E dire che fino a pochi minuti prima ero stata emozionata all'idea di tornare in un posto che avevo cominciato a considerare casa mia.

Elvira si sistemò gli occhiali imbarazzata. Forse cominciava a percepire anche lei che lì dentro si stava creando un'atmosfera strana.

Dal canto mio, io mi sentivo terribilmente irritata. Ero sicura che il mio corpo stesse avendo un attacco di gelosia bello potente, perché improvvisamente cominciavo ad avere dei pensieri negativi su quella ragazza timida dai capelli rossicci che avevo sempre considerato essere molto dolce.

Stavo iniziando a pensare cose come: "Ha sempre indossato camicette così scollate?" oppure "Ha sempre messo un rossetto rosso così acceso?"

Per un momento, mi sembrò di essermi trasformata nella Lucrezia Costa isterica che aveva dato di matto contro di me parecchi mesi prima.

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