Capitolo 16

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Grazie ai preparativi per la festa di Pierre, riuscii ad evitare il mio capo per una buona settimana. In azienda, ci vedevamo solo per lo stretto necessario, mentre a casa sembrava che ci fossimo messi d'accordo per non incontrarci. La mattina, quando io mi alzavo, lui era già uscito per andare a lavoro; viceversa, la sera lui usciva dall'azienda alcuni minuti prima e, quando io tornavo, era già in camera sua o nello studio. Evitavamo anche di cenare insieme: io aspettavo che finisse di mangiare e, quando sentivo il rumore della porta della sua camera che si chiudeva, capivo che aveva terminato e che era giunto il mio turno.

«Voi siete pazzi» commentò Nadia al telefono, dopo che le avevo illustrato l'abile meccanismo con cui riuscivamo ad evitarci.

«Perché mai?» chiesi, sdraiata sul mio letto.

«Per quanto tempo avete intenzione di mantenere questi ritmi?»

«Per sempre?»

«Non puoi dire sul serio!» esclamò facendomi allontanare il telefono dall'orecchio di qualche centimetro.

«Ma questa è la base della convivenza» replicai. «Ognuno rispetta gli spazi dell'altro.»

«Daphne...»

«Lo so, va bene? So che non può andare avanti così ancora per molto, ma credo che entrambi preferiamo lasciare che le cose proseguano in questo modo il più a lungo possibile.»

Non bastava il nervosismo creato dalle nostre nozze forzate, anche le mie ultime affermazioni avevano contribuito a creare uno strano clima. Di sicuro, si era convinto che lo stessi davvero sposando con piacere, dopo quello che avevo detto, e probabilmente era più furioso di quando avevamo discusso nel suo ufficio. Se prima non mi sopportava, adesso doveva proprio odiarmi.

«È successo qualcosa?» mi chiese Nadia con fare inquisitorio. Sembrava quasi che avesse letto i miei pensieri.

«C'è stato un po' di imbarazzo ultimamente...» dissi titubante, giocherellando con una ciocca di capelli.

«Da parte di chi?»

«Mia» confessai.

«Che hai combinato?» chiese sogghignando.

«Potrei avergli detto che è un bell'uomo.»

«Tutto qui?» disse delusa. Non sapevo esattamente cosa le stesse passando per la mente, ma di sicuro doveva essere qualche scenario improbabile ben lontano dalla realtà.

«Come sarebbe "tutto qui"? Non riesco neanche più a guardarlo in faccia senza arrossire!» sbottai. «E lui mi sta evitando pure.»

«Forse perché lo hai messo in imbarazzo?»

«Macché! Grimaldi? In imbarazzo? Impossibile. È consapevole di essere affascinante senza che sia io a ricordarglielo.»

«E allora perché credi che ti stia evitando?» Percepii un sorriso nella voce di Nadia.

«Mi odia, ovviamente. Si sta sposando per colpa mia! E pensa che io lo stia "incastrando" deliberatamente.» Mi misi seduta incrociando le gambe. All'improvviso, stare sdraiata era diventato particolarmente scomodo, come se quella questione spinosa avesse fatto comparire delle spine anche sul materasso.

«Perché non glielo dici? Spiegagli il motivo per cui anche tu sei costretta a sposarlo.»

«Non sono ancora pronta... È una cosa troppo personale.»

«Non potrai tenerglielo nascosto per sempre.»

«Lo so» sussurrai. «Lo so, ma non voglio parlargliene.»

Sentii Nadia sospirare, ma non mi stava giudicando mentre lo faceva, stava solo assimilando le mie parole. Sapeva bene quanto fosse difficile per me parlare di cose personali: lei stessa non era a conoscenza di ogni cosa, ma solo della situazione generale.

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