Capitolo 26

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Sembrava quasi che le nostre labbra stessero danzando su una melodia lenta. La delicatezza con cui mi stava baciando era tale da potermi far sciogliere da un momento all'altro.

Il tocco delle sue mani sulla mia nuca stava mandando in tilt ogni mio pensiero, come se avesse mandato in cortocircuito ogni mio neurone.

Mi stavo facendo trasportare da quel bacio così dolce e al tempo stesso intenso. Non riuscivo a pensare. Non riuscivo neanche ad allontanarmi per riprendere fiato.

Fu lui a scostarsi dalla mia bocca, lasciando che mi riprendessi. La mia testa era ancora adagiata tra le sue mani, ma i miei occhi non riuscivano a staccarsi dalle sue labbra.

Non riuscivo ancora a credere che alla fine ci eravamo baciati davvero.

Quella serata era iniziata nel peggiore dei modi e aveva finito per prendere una piega del tutto inaspettata e piacevole.

Sollevai lo sguardo sui suoi occhi, che mi stavano guardando intensamente, e il mio cuore ricominciò a galoppare nuovamente. Di quel passo, avrei avuto un infarto nel giro di pochi minuti.

Marzio si avvicinò nuovamente e richiusi con un gesto naturale gli occhi. Stavolta, però, le sue labbra si posarono sulla mia fronte, lasciandomi sorpresa.

Tuttavia, fu quello che fece dopo a lasciarmi completamente spiazzata.

Dopo avermi posato quel bacio sulla fronte, con un leggero sorriso, mi aveva detto semplicemente "buonanotte". Dopodiché, aveva alzato i tacchi, lasciandomi come una stupida sul pavimento della cucina.

Buonanotte.

Buonanotte.

Come diavolo poteva una parola così dolce avere un suono tanto amaro? Neanche il mattino dopo, a ore di distanza, mi sentivo più serena.

Continuavo a ripetere nella mia testa quella singola parola, rigirandomi nelle lenzuola senza pace. Forse ero stata l'unica a cui era piaciuto quel bacio. Forse lui non aveva provato nulla.

Insomma, gli stessi pensieri con cui ero andata a dormire la sera prima, si ripresentarono la mattina dopo al mio risveglio. E pensare che l'uomo che mi aveva causato una cattiva dormita aveva riposato beato nella stanza di fronte alla mia non aiutava.

Presi la sveglia in mano, per nulla sorpresa dal fatto che mi fossi svegliata così presto. Forse, per la prima volta da quando lavoravo alla Grimaldi Corporation, sarei arrivata in anticipo a lavoro.

Ma come diavolo aveva potuto scaricarmi sul pavimento della cucina in quel modo? Mi sembrava di essere una portata culinaria che viene ordinata senza sapere cosa aspettarsi e che viene puntualmente scartata se non risulta essere di gradimento.

Ero diventata la specialità del giorno al ristorante in cui Grimaldi era andato a cena.

Mi alzai dal letto, più nervosa di prima. Continuare a pensarci era solo fonte di stress per i miei nervi.

Se pensava di potersi comportare in quel modo con me, si sbagliava di grosso. Il bacio non gli era piaciuto? Bene. Gli avrei reso pan per focaccia.

Marzio Grimaldi, pensai, sta' certo che mi vendicherò.

Uscii indispettita dalla porta della mia stanza, non riflettendo sul fatto che era più presto del solito. Abbastanza presto perché neanche Marzio fosse già uscito per andare in ufficio.

Era lì, nel corridoio. A qualche passo da me. Aveva appena finito di farsi una doccia, indossava solo i pantaloni della tuta e mi guardava sorpreso con i capelli ancora bagnati. Delle goccioline d'acqua scendevano sulla sua fronte e lungo il suo collo e continuavano il loro percorso sul suo petto.

«Già sveglia?» mi chiese sorpreso.

Rimasi in silenzio, con una mano ancora sulla porta. Ero troppo occupata ad osservare il suo corpo scolpito per dargli una risposta.

«Daphne?» mi richiamò.

Era quello il modo in cui volevo vendicarmi per la sera prima? Rimanere incantata dalla bellezza di quell'uomo? Certo che no!

Il mio piano era farlo pentire del modo in cui mi aveva lasciato lì. Ma di certo non potevo farlo in un pigiama oversize che mi cascava da tutte le parti.

«Se vuoi fare una doccia, il bagno è libero» disse, avvicinandosi pericolosamente a una distanza non accettabile se sei a petto nudo davanti a una ragazza evidentemente attratta da te. Adesso riuscivo a vedere ancora più chiaramente le goccioline d'acqua sulla sua pelle.

Sollevai gli occhi sul suo volto, notando una leggera perdita di sangue agli angoli delle labbra.

«Ti sei tagliato?» gli chiesi preoccupata. Sollevai la mano fino al punto in cui c'era la ferita. E con quelle parole, potevo dire addio al mio piano di vendetta. Per il momento.

«Deve essere stato il rasoio» rispose con semplicità.

Giusto, pensai, deve essersi fatto la barba. Quella banale riflessione però contribuì a rievocare tutta una serie di ricordi legati ad un certo bacio avvenuto la sera prima. Non vi avevo prestato molta attenzione, presa come ero dalle sue labbra, ma le mie mani sul suo viso avevano percepito il sottile strato di barba che ora non era più presente.

«Mi preparo e vado in azienda» disse, interrompendo il filo dei miei pensieri. Evidentemente non eravamo per nulla sulla stessa lunghezza d'onda.

«Ma è ancora presto!» esclamai stupita. Erano ancora le otto del mattino. Mancava un'ora prima dell'inizio del nostro orario di lavoro. Cosa diavolo andava a fare lì così presto?

«Oggi arrivano dei tirocinanti» mi spiegò. «Ho pratiche da sbrigare, conti da presentare a tuo padre e preparativi per la festa del francese» aggiunse, vedendo la mia espressione scettica.

La cosa divertente era che due dei soggetti più problematici della mia vita, mio padre e Pierre, erano parte del motivo per cui Marzio doveva andare così presto a lavoro.

«Non resti neanche per la colazione?» chiesi, sperando di riuscire a passare ancora qualche minuto con lui.

Sembrava che stesse esitando prima di rispondere. Anzi, stava chiaramente esitando.

«Ho già mangiato» disse alla fine. «Ci vediamo dopo» mi salutò, rientrando in un baleno nella sua stanza. Era svanito nel nulla. Lo aveva fatto di nuovo. Se ne era andato proprio come aveva fatto la sera prima.

Non gli importava passare del tempo con me. Ora che ci eravamo baciati, mi stava dando per scontato.

Un bagno, pensai pronta alla vendetta, un bagno è quello che mi ci vuole. L'acqua calda e le bolle di sapone mi avrebbero aiutato ad escogitare il mio piano.

Gli avrei fatto rimpiangere quelle fughe precipitose e il suo poco interesse verso di me. Lo avrei fatto impazzire fino al punto in cui non sarebbe più riuscito ad avere nient'altro in testa oltre la sottoscritta. Avrebbe desiderato passare del tempo con me e io lo avrei fatto penare.

Sembrava un buon piano. Ed ogni buon piano aveva bisogno di un nome.

«Oreste» sussurrai con un ghigno immergendomi di più nell'acqua. «Preparati ad affrontare Oreste, Marzio Grimaldi!»

Miele nei tuoi occhiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora