Capitolo 57

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La mano di Marzio era in preda ad un tic nervoso: apriva e chiudeva la penna che stringeva, creando un rumore fastidioso. Fui costretta a fermarlo per non impazzire.

«Scusa» disse soltanto, lasciando andare quella povera penna.

Capivo bene quali fossero le sue preoccupazioni. Le nuove aziende che dovevano fornirci le stoffe e che erano state scelte da Giselle avevano accumulato giorni di ritardo che stavano mettendo in difficoltà l'azienda.

Negli ultimi giorni, avevo visto come sul suo volto fossero comparse delle occhiaie per la stanchezza e di notte si rigirava nel sonno senza riuscire a riposarsi. Cominciavo ad essere preoccupata per lui, anche perché le sue preoccupazioni non si limitavano solo all'azienda.

Entrambi sapevamo che qualcuno lì fuori ce l'aveva con noi e neanche le indagini che Marzio e Mattia avevano condotto per scoprire qualcosa avevano portato a dei risultati.

Perciò, avevamo deciso di liquidare almeno quella questione convocando direttamente uno dei nostri principali sospettati.

Marzio aveva inizialmente insistito per parlare con Elvira, ma lo avevo convinto a scegliere Dylan per il nostro interrogatorio. Elvira avrebbe di sicuro fatto le parti della vittima, se avessimo iniziato ad accusarla di essersi immischiata in cose che non la riguardavano, e noi avremmo solo sprecato del tempo.

Ma ero sicura del fatto che con Dylan avevamo qualche speranza. E Marzio, anche se con qualche remora, alla fine decise di darmi ascolto.

Era lui che stavamo aspettando in preda ai nostri tic.

«Si vede proprio che è il tuo ex» commentò Marzio, dalla sua scrivania. «È in ritardo come te.»

«Chiedo scusa?» dissi, punta sul vivo. «Per tua informazione, io sono sempre stata in ritardo. Ancor prima di conoscere Dylan.»

Le mie parole gli fecero comparire un lieve sorriso sul volto. Almeno, era un tantino meno nervoso ora.

Quando Dylan arrivò, era evidente che non si aspettava di ritrovarsi davanti quella scena. Io e Marzio lo fissavamo con serietà e nessuno dei due lo aveva salutato.

«Tutto bene?» chiese lui. «Non mi direte che ce l'avete con me solo perché non vi ho fatto alcun regalo per il vostro matrimonio.»

«Poche chiacchiere» replicai, alzando gli occhi al cielo. «Sappiamo quello che stai architettando.»

«Eh?»

«Oh, per favore, togliti quell'espressione dalla faccia» lo implorai. «E confessa perché non abbiamo tempo da perdere.»

Dylan mi guardò confuso e poi, rivolto a Marzio, chiese: «Che sta succedendo qui?»

Marzio fece un sospiro, lanciandomi uno sguardo di disapprovazione. Avevamo deciso di affrontare la conversazione senza iniziare ad accusare nessuno, ma io mi ero fatta prendere la mano.

«Quello che Daphne vuole dire è che stiamo cercando chi possa aver spifferato le nostre questioni private ai giornalisti» chiarì con la calma che non avevo avuto io.

«Ohh!» esclamò Dylan, come se all'improvviso avesse capito. «Ho letto quegli articoli sul vostro matrimonio combinato! Brutta storia» disse semplicemente.

«Tutto qui?» chiesi. «Ammettilo! Ci sei tu dietro questa storia. E scommetto anche che tu ed Elvira avete fatto comunella contro di noi.»

Dylan mi guardò come se fossi impazzita, mentre Marzio mi rimproverò nuovamente con lo sguardo.

«Non ho nulla a che fare con questa storia» disse poi, accavallando le gambe e rilassandosi sulla sedia.

«E noi dovremmo crederti perché...» risposi.

«Perché ho faccende più importanti di cui occuparmi e non ho tempo per pensare alla vita sentimentale della mia ex» disse con semplicità.

Io e Marzio ci lanciammo uno sguardo confuso. Sembrava proprio dire la verità.

«Sentite» disse, «una mia società è già andata incontro al fallimento e non ho alcuna intenzione che questo ricapiti. Non ho davvero tempo da perdere con voi due mocciosi.»

«Allora perché hai detto a Marzio che ci siamo visti nelle ultime settimane? Non era vero e hai creato solo problemi» replicai.

«Ah, quello» sospirò. «Si è solo presentata l'occasione per darvi un po' di fastidio e ne ho approfittato. Ma complotti e intrighi? Davvero non ho tempo per quelli.»

Avrei voluto dargli un colpo in testa. Forse non era coinvolto in quello che era successo al matrimonio di mio padre, ma aveva ammesso che aveva creato appositamente un malinteso tra me e Marzio.

L'unico motivo per cui non lo colpii con un oggetto contundente fu il fatto che, anche se non era direttamente coinvolto in quella faccenda, sapeva qualcosa che ci interessava.

«Devo ammettere» disse, come se stesse riflettendo a voce alta, «che in effetti un po' di tempo fa, mi è stata fatta una strana proposta.»

Marzio assunse una posizione guardinga sentendo quelle parole ed anche io mi ero come irrigidita.

«Una ragazza, capelli corti e rossicci, che girava intorno a Pierre fino a qualche tempo fa» esordì, delineando un identikit molto riconoscibile, «mi ha come incentivato a starti nei dintorni dopo che ti ho baciato. Per lei, non c'era nulla di concreto tra di voi e riteneva che noi due fossimo molto carini insieme.»

Rimasi senza fiato dopo quella rivelazione e anche Marzio era rimasto senza parole.

Avevo pensato che Dylan ed Elvira si fossero alleati contro di noi, ma Elvira era ancora peggio di quanto pensassi. Aveva provato a manipolare Dylan nel restarmi accanto per essere facilitata nella sua missione di separare me e Marzio.

Ero proprio fortunata ad avere un demente come ex fidanzato o non ero certa di come quella faccenda sarebbe andata a finire.

«Ovviamente io non ero per nulla interessato a perdere il mio tempo così» commentò Dylan. «Ho paura che dovete cercare il vostro colpevole altrove.»

Marzio ebbe dei riflessi più pronti dei miei nel salutarlo. Io gli porsi la mano, ma avevo un solo pensiero in testa: Io la uccido, io la uccido, io la uccido, io la uccido.

«Tu non uccidi nessuno» mi disse Marzio, quando restammo soli.

Lo guardai con stupore. Avevo forse espresso un pensiero così negativo ad alta voce?

«Ti si legge in faccia» disse lui, scuotendo la testa.

«Quella vipera me la paga!» sbottai. «La sua vita sarà un inferno, parola di Daphne Riviero.»

Marzio sorrise alle mie parole e disse: «Adesso non sei più Daphne Riviero, ricordi?»

«Ho intenzione di usare il mio cognome ogni volta che i miei intenti non sono nobili» ribadii.

Per tutta risposta, lui mi prese i polsi e, poggiando la sua fronte sulla mia, disse: «Risolveremo questa questione insieme.»

Insieme o no, Elvira aveva comunque le ore contate.

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