Capitolo 22

1.7K 68 6
                                    

Il vestito nero che Marzio Grimaldi mi aveva regalato qualche tempo prima per la sfilata era riposto con cura nell'armadio e ora mi stava fissando scongiurandomi perché lo indossassi. Tuttavia, non avevo la minima intenzione di metterlo. Non quando la cena a cui sarei andata non era con lui.

Per questo motivo, l'unico vestito abbastanza adatto ad un'uscita del genere era uno degli abiti di Arabesque, rivale dell'azienda in cui però io lavoravo.

Non sono una dipendente della Grimaldi corporation a quest'ora, mi spronai. Se voglio mettere un abito di Arabesque, posso farlo. L'importante è non essere sgamata.

Così, tirai fuori il vestito nero che tanto mi piaceva. Era semplice e comodo, per nulla appariscente e perfetto per una serata insipida come quella. Insomma, attendevo il momento in cui sarei tornata a casa ancor prima che quella cena iniziasse.

C'era solo una cosa che mi rimaneva da fare prima di uscire di casa: evitare il mio capo e il senso di colpa che ne sarebbe derivato. Quel pomeriggio ero uscita in anticipo dal lavoro, credendo che così sarei riuscita ad uscire di casa prima che lui tornasse, ma mi ero sbagliata. Mi ero sbagliata di grosso.

Aprii la porta della mia stanza, con il biglietto che avevo preparato e che avrei lasciato sul tavolo per spiegare la mia assenza di quella sera. Ma la presenza di Marzio davanti alla sua camera, con una mano appoggiata sulla maniglia, mi avrebbe permesso di recapitare direttamente a voce il mio messaggio. Sfortunatamente.

«Ciao» disse lui sorpreso. «Stai uscendo?» Il modo in cui ero vestita doveva essere abbastanza eloquente, non serviva che parlassi.

«Già» dissi incerta su cosa dire esattamente. Ma proprio in quel momento avevo dovuto incontrarlo! «Avevo preparato un biglietto per dirtelo» aggiunsi, mostrando l'inutile pezzo di carta nelle mie mani.

«Potevi mandarmi un messaggio» rispose lui, camuffando una risata. «Non credevo andasse ancora di moda lasciare messaggi sui bigliettini.»

«In realtà, non ho il tuo numero. Ho solo quello del tuo ufficio su cui posso chiamare per questioni di lavoro» risposi con un sorriso. Le nostre stanze erano una di fronte all'altra ed era davvero strano ritrovarci a parlare in quel modo nel corridoio.

«Oh» disse lui. Era evidente che non ci aveva mai pensato. D'altronde, eravamo sempre in contatto e non avevamo avuto bisogno fino a quel momento di scambiarci i numeri. «Allora dobbiamo rimediare» rispose, tendendo una mano verso di me.

Presi il mio cellulare dalla borsa, con un misto di felicità e senso di colpa per il mio impegno di quella sera, e glielo passai così da fargli salvare il suo numero in rubrica.

"Marzio Grimaldi" c'era scritto nel mio nuovo contatto.

«Pensavo che avresti lasciato a me il compito di scrivere il tuo nome» dissi, sollevando un sopracciglio.

«E lasciare che mi salvassi come "miele inacidito"? Mai» replicò divertito, forse più per la mia faccia che per la reale possibilità che lo salvassi in quel modo.

«Come fai- Come fai a sapere che- che...» provai a dire a corto di parole. Come faceva a sapere che lo avevo più di una volta chiamato così?

«Mattia parla molto» disse sorridendo e appoggiandosi alla porta.

«Mattia?» dissi incredula.

«Sì.»

«Lo stesso Mattia Fontana che conosco io?» chiesi, giusto per esserne sicura.

Marzio annuì, sempre più divertito, mentre sulla mia faccia cominciava a manifestarsi tutta la vergogna che stavo provando in quel momento.

«Io lo uccido» dissi semplicemente, facendo qualche passo verso la porta d'ingresso. Non sapevo neanche dove abitasse, ma ero pronta a fargli passare le pene dell'inferno. Tuttavia, Marzio mi afferrò per il braccio, impedendomi di allontanarmi troppo.

Miele nei tuoi occhiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora