Capitolo 32

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Sistemai il cinturino dorato sulla stoffa bianca un'ultima volta e guardai l'effetto finale. L'abito scendeva morbidamente sui miei fianchi e dei bracciali dorati ornavano i miei polsi, dandomi l'aspetto di una perfetta donna greca.

Aprii lentamente la porta, non sapendo se Marzio fosse ancora nella sua stanza o se fosse già pronto, e mi diressi verso la cucina.

Lui era lì e, nonostante mi stesse ancora dando le spalle, potevo intuire perfettamente quanto bene gli stesse lo smoking blu scuro che stava indossando in quel momento.

«Come mai tu stai indossando un semplice smoking?» chiesi, attirando la sua attenzione.

Si voltò velocemente e allora notai la semplicissima maschera bianca appoggiata sul tavolo dietro di lui.

«Quella non vale!» esclamai, indicandola. Spostai lo sguardo di nuovo su di lui e improvvisamente non sapevo più cosa dire. Il suo sguardo avrebbe potuto farmi sciogliere da un momento all'altro, era carico di una dolcezza travolgente.

«Sei bellissima» disse semplicemente. Si avvicinò a me e strinse le mie mani con delicatezza.

Ero rimasta come ipnotizzata dal suo sguardo. Ero totalmente incapace di guardare qualcosa che non fossero i suoi occhi.

«Grazie» dissi, accennando un sorriso. «E grazie per l'abito» aggiunsi.

«Ti sta meglio di quanto credessi.»

«Questo non sembra davvero un complimento» replicai dubbiosa.

«Intendevo dire...» chiarì lui, posizionando una mano sul mio fianco, «che sembri una dea.»

Le sue parole sembrarono far scattare un campanello nella mia testa. «C'era una dea greca con il mio nome, non è vero?» chiesi, col perfetto tono di chi sapeva di aver avuto un lampo di genio.

Marzio scosse la testa con un sorriso divertito. «Daphne era una ninfa» disse soltanto, tentando di non ridermi in faccia.

Il mio entusiasmo iniziale scemò improvvisamente. «Solo una ninfa? Sei sicuro?»

«Sono sicuro» rispose con un sorriso. «Ma tu stasera sembri proprio una dea» aggiunse, chinandosi sul mio volto. Le sue labbra si posarono sulle mie e non potei fare a meno di lasciarmi sfuggire un sorriso.

La delicatezza con cui mi stava baciando era disarmante e mi faceva sentire incredibilmente protetta. Era come se non ci fosse nulla di cui dovessi preoccuparmi.

Mi sollevai sulle punte e strinsi maggiormente la sua camicia, consapevole del fatto che stavo per rendere quel bacio meno delicato.

«Non provarci» sorrise Marzio, allontanandosi di qualche centimetro.

«Non sto facendo nulla» risposi con un'aria ingenua a cui nessuno avrebbe mai potuto credere.

«Dobbiamo andare alla festa del francese» replicò infatti lui.

«È solo un bacio» risposi allora io, sollevandomi nuovamente sulle punte e andando in cerca delle sue labbra. Marzio rispose al mio bacio, ma non c'era nulla di soddisfacente in quel banalissimo bacio a stampo.

«Più tardi te la farò pagare» dissi allora e le mie parole furono seguite dalla risata cristallina di Marzio che, presa la maschera, afferrò la mia mano e mi guidò fino alla porta.

***

La festa di Pierre era esattamente come l'avevo immaginata. Le tende bianche all'ingresso, una volta scostate, permettevano agli ospiti di entrare in un ambiente elegante e raffinato che, in perfetto stile classico, ricordava i balli ottocenteschi. Un'ampia scalinata centrale era ornata da fiori color pastello che accompagnavano gli ospiti fino al piano superiore, dove delle ampie vetrate permettevano di ammirare le luci della città.

In un angolo di quell'enorme sala, una piccolissima orchestra stava già suonando una melodia lieve che permetteva a chiunque di conversare con un piacevole sottofondo che non disturbava affatto. Tuttavia, il piccolo palco sulla sommità della scalinata, mi faceva ben capire che la serata non sarebbe stata interamente segnata dalla musica classica.

«Non male» sussurrò Marzio al mio fianco. Aveva indossato la maschera bianca, per cui potevo solo intuire quale espressione avesse il suo viso. Tuttavia, non era difficile immaginare quanto dovesse costargli quel complimento dal momento che non provava una grande simpatia per Pierre.

«Tutto questo è decisamente da Pierre» aggiunsi io, osservando la sala che pian piano cominciava a riempirsi. Non c'era però ombra dell'organizzatore di quella festa.

«Cerchi qualcuno?» chiese a quel punto Marzio, notando l'aria smarrita con cui mi stavo guardando intorno.

«Mi chiedo dove sia Pierre...» riflettei ad alta voce.

Riposizionai lo sguardo sull'uomo al mio fianco. Il suo volto era indecifrabile a causa della maschera che lo copriva, ma le sue labbra erano palesemente strette in una linea di disapprovazione.

«Non è carino cercare un altro uomo mentre sei con me. Soprattutto se si tratta del francese» disse infatti. Fu inevitabile per me alzare gli occhi al cielo a quelle parole.

Lo presi per mano e salii la scalinata, consapevole del fatto che non c'era ancora abbastanza gente che ci notasse e che le luci erano talmente flebili che ci avrebbero fatto passare inosservati.

«Che stai facendo?» chiese Marzio mentre lo strattonavo su per la scala e mi avvicinavo a una delle grandi vetrate, perfettamente in penombra.

«Mi godo la vista» risposi. Posai le mie mani sulle sue guance e guidai il suo viso verso il mio.

Sentii chiaramente le labbra di Marzio incresparsi in un sorriso.

«Non hai paura che qualcuno ci veda?» mi chiese, spostandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

«Quassù non ci vede nessuno» risposi. «Inoltre, siamo in largo anticipo per colpa tua. La sala è ancora vuota.»

Marzio non rispose neanche alla mia provocazione. Si chinò su di me e continuò quel bacio nel nostro angolino privato.

Ero sicura che nessuno ci avrebbe notato lassù. Soprattutto dal momento che nessuno era presente su quel piano e dal momento che il punto in cui ci trovavamo ci rendeva invisibili agli occhi di chi si trovava al piano sottostante.

Ma, come sempre, mi sbagliavo.

«Daphne» esclamò una voce con tono sorpreso proprio mentre mi trovavo tra le braccia di Marzio. Era una voce familiare e distante al tempo stesso. Sembrava essere uscita da qualche ricordo lontano che col tempo era diventato solo un sogno.

Solo quando mi voltai, compresi che quella voce era davvero uscita da un angolino della mia memoria pieno di ragnatele. Un angolino che mai avrei creduto dover rispolverare.

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