Capitolo 36

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Era passata una settimana dalla festa di Pierre e, finalmente, stavo tornando al lavoro.

La mia settimana di ferie forzate si era rivelata essere più stancante del previsto, ma quantomeno non era stata noiosa. Avevo passato tutto il tempo sul divano di Nadia, a scrollare le notizie di gossip, e sia Marzio che io sembravamo essere le uniche persone di interesse degli ultimi sette giorni.

La cosa buffa era che i nostri nomi non comparivano uno accanto all'altro perché qualcuno aveva scoperto la nostra relazione, ma solo perché si supponeva che entrambi fossimo in due relazioni separate: io con Dylan, lui con una donna misteriosa.

Osservai l'ennesimo articolo che aveva la stessa struttura degli altri venti che avevo letto: foto in primo piano di me e Dylan che ci baciavamo, informazioni sull'imprenditore Toronto tornato dal Brasile che aveva una relazione con la figlia di un importante uomo d'affari e che lavorava in un'importante azienda dove era sbocciata un'altra relazione d'amore tra il direttore e una delle sue dipendenti. Un collegamento davvero impeccabile e brillante per tenere insieme il filo conduttore della storia: il mio nome e quello di Marzio erano associati solo per spiegare perché il titolo usato per quella storia fosse "Amore alla Grimaldi Corporation".

Ora tutti sapevano chi ero, chi era mio padre e presto avrebbero scoperto che la "donna misteriosa" di Marzio Grimaldi ero proprio io. E, dal momento che si credeva che in realtà fosse Dylan il mio fidanzato, l'impatto sarebbe stato ancor più forte.

Osservai la foto di Marzio che si trovava poco più in alto di quella che mi ritraeva di spalle mentre Dylan mi baciava. Qualcuno aveva avuto la prontezza di scattarci una foto che adesso circolava sulla rete, ripubblicata da tutte le testate di gossip. Ma, quantomeno, il fatto che chi l'aveva scattata non ci aveva messo perfettamente a fuoco, aveva portato i tabloid a pubblicarla in un formato ridotto. Perciò, chi leggeva l'articolo, era attratto dal sorriso che Marzio esibiva in quella foto che campeggiava in apertura della pagina.

Sorriso che io non vedevo più da un po'.

Durante quella settimana, non ci eravamo mai incontrati né avevamo parlato al telefono. Avevamo comunicato solo attraverso un singolo messaggio in cui io lo avevo informato del fatto che quel lunedì avrei ripreso a lavorare e lui mi aveva risposto con un semplice "ok".

Nadia mi aveva avvertito di come il numero di giornalisti appollaiati davanti all'azienda era diminuito, dopo che tutti avevano capito che non sarebbero riusciti a scoprire nulla stando lì. Tuttavia, Mattia le aveva riferito che ciò aveva spinto molti a passare nottate intere di fronte casa di Marzio, nella speranza di capire chi fosse la donna misteriosa.

Ciò mi portava a supporre che sarei rimasta ospite di Nadia ancora per un po'. Soprattutto, dal momento che i giornalisti non avevano la più pallida idea di dove abitassi. Non che io fossi la loro priorità, ovviamente.

Quella mattina, dopo che avevo messo piede fuori dal taxi, quei pochi che si ostinavano a sostare davanti all'azienda si erano avvicinati dapprima per chiedermi informazioni sul mio capo.

«Signorina Riviero» mi fermò la prima, a cui presto si unirono gli altri. «Cosa può dirmi della vita sentimentale del signor Grimaldi? Ha visto complicità con qualcuna delle sue colleghe?»

«Mi dispiace, ma anche se sapessi qualcosa, non sta a me parlare della vita privata del direttore» risposi.

«Cosa può dirmi allora di lei e del signor Toronto?» attaccò allora un altro. «Avete intenzione di sposarvi e di vivere insieme in Brasile?»

Mi voltai scioccata verso di lui. «Certo che no» risposi con un'aria schifata.

«Questo significa che avete una relazione senza impegno?» chiese un altro sfacciatamente.

A quel punto, non aveva neanche senso rispondere. Cominciai a incamminarmi verso le porte di vetro e quei giornalisti ebbero almeno la decenza di non seguirmi dentro l'edificio.

«Il signor Grimaldi li ha minacciati» mi spiegò Lucrezia Costa, in risposta allo sguardo perplesso che avevo lanciato verso l'esterno. Era seduta alla hall, con i capelli biondi perfettamente in ordine. «Non metteranno mai piede qui dentro se vogliono tenersi il loro lavoro» aggiunse, continuando a digitare al computer.

Aveva un'aria più sobria e contenuta rispetto all'aura isterica che l'aveva circondata dal primo giorno in cui l'avevo conosciuta.

«Scommetto che questa situazione ti diverte parecchio» commentai stizzita.

«Il signor Grimaldi ha proibito a tutti i dipendenti qualsiasi tipo di commento su questa situazione» replicò lei con un tono saccente. «E qui dentro tutti sanno che sei tu la dipendente con cui lui ha una relazione.»

Non mi stupiva il fatto che chi aveva lavorato a stretto contatto con noi avesse intuito qualcosa, ma di certo non era un numero abbastanza elevato di dipendenti da poter includere tutta l'azienda.

«Di sicuro sapevano che tra voi c'era qualcosa» replicai. «Perché mai dovrebbero pensare che si tratta di me?» le chiesi.

«Perché lui non mi ha mai guardato come guarda te» rispose semplicemente. La sua voce aveva assunto una sfumatura di tristezza mentre pronunciava quelle parole ed a quel punto io non sapevo più cosa dirle.

Tuttavia, ci pensò lei a tornare la Lucrezia Costa odiosa che conoscevo.

«Sembra proprio che tu ti stia circondando delle persone sbagliate» commentò con un'aria di superiorità. Era evidente che si stava riferendo a Dylan ed odiavo doverle dare ragione.

«Ti ringrazio per esserti preoccupata per me» dissi, con un sorriso falsissimo, «farò più attenzione a mantenere le distanze.»

Mi allontanai da lì, facendole capire chiaramente che anche lei rientrava tra le "persone sbagliate" che mi circondavano.

Tutto in azienda sembrava essere tornato alla normalità.

Il carico di lavoro che era gravato su tutti noi nelle settimane precedenti, a causa della festa di Pierre, era solo un lontano ricordo. C'era di nuovo ordine nel corridoio e, con mio stupore, quei pochi colleghi che avevo incontrato in ascensore avevano fatto del loro meglio per non fissarmi. Si erano sforzati talmente tanto per comportarsi in modo naturale, limitandosi a salutarmi, che era quasi imbarazzante.

Marzio deve aver minacciato anche loro, pensai, una volta uscita dall'ascensore, ma il mio pensiero principale era capire come affrontarlo.

Non mi aveva chiamato neanche una volta nell'ultima settimana e davo per scontato che il suo umore non era cambiato di una virgola.

Mi sistemai la giacca e quel gesto mi riportò a quando avevo iniziato a lavorare in azienda. Adesso, però, non ero nervosa per il mio primo giorno di lavoro, ma per la conversazione che avrei avuto con Marzio di lì a poco.

Feci un respiro profondo e mi preparai al peggio.

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