Capitolo 17

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Fino alla sera prima, avevamo evitato anche di mangiare allo stesso orario e ora, quasi improvvisamente, mi ritrovavo ad apparecchiare per due. Ma la cosa che mi lasciava più interdetta, era il pensiero di dover trascorrere il resto del pomeriggio con lui.

Potrei fare un giro in città, pensai, ma accantonai immediatamente il pensiero non appena i miei occhi si posarono sulla vetrata: il cielo era cupo e sembrava che da un momento all'altro sarebbe arrivato un tremendo temporale. Tuttavia, non mi andava neanche di rinchiudermi in camera per ore e ore.

Feci un sospiro sconsolato e scolai la pasta, sperando di non aver sbagliato, almeno quella volta, i tempi di cottura e le dosi del sale. Riuscivo quasi a sentire la voce di Grimaldi che si prendeva gioco della mia goffaggine e, il solo immaginare nella mia testa qualcosa che non era neanche accaduto nella realtà, mi fece innervosire tremendamente.

Ero quasi sul punto di mangiare senza chiamarlo, per questo motivo, ma ciò sarebbe stato troppo strano. Le circostanze erano profondamente diverse rispetto a quelle degli altri giorni: sarebbe stato più strano non mangiare insieme che farlo.

Mi incamminai titubante verso lo studio e lo trovai intento a leggere dei fogli alla scrivania. Non si era neanche accorto della mia presenza, tanto era concentrato, così dovetti schiarirmi la voce per attirare la sua attenzione. Alzò lo sguardo confuso e poi si rilassò vedendo che ero stata io a fare rumore. Ero piuttosto certa che si fosse scordato, non di avermi chiesto di chiamarlo, ma del fatto che ci fossi anch'io in casa: d'altronde viveva da solo e, da quando mi ero trasferita, non sembrava che le cose fossero cambiate, considerando che ero più un fantasma che una coinquilina.

«È pronto» dissi in risposta al suo sguardo, incerta su cosa dover dire esattamente. Ero pronta a trascorrere dei minuti parecchio imbarazzanti, a giudicare da come ci stavamo dirigendo in silenzio verso la cucina, ma Grimaldi sembrava deciso a evitare che ci fosse troppo imbarazzo e io mi impegnai per fare lo stesso.

«Vedo che si è cimentata in cucina» commentò, osservando il misero piatto di spaghetti in bianco che aveva davanti. Mi rivolse uno sguardo divertito che mi fece capire che non stava cercando di offendermi.

«So che oggi aveva in programma di mangiare in qualche ristorante a cinque stelle, ma veda di accontentarsi» dissi anch'io con un sorriso. Era rassicurante vedere che c'era un'atmosfera abbastanza colloquiale in cui potevo rilassarmi ed essere a mio agio.

«Avevo in programma anche una partita a golf se è per questo» commentò con una nota di rimpianto nella voce, iniziando a mangiare. Non potevo credere alle mie orecchie.

«Ma il golf è roba da vecchi!» esclamai senza riflettere. Non poteva davvero essere dispiaciuto per non essere riuscito a giocare una noiosissima partita a golf, in cui, per la maggior parte del tempo, ci si sposta semplicemente da una buca all'altra!

Grimaldi mi guardò con disapprovazione.

«Quindi per lei io sarei un uomo di mezza età» constatò scuotendo la testa.

«Beh, non è che sia giovane» dissi spiazzata, portando la forchetta alla bocca. Fu un sollievo appurare che la pasta era cotta e salata al punto giusto.

«Non ho neanche trent'anni!» sbuffò offeso.

«Ma ci è vicino» replicai divertita. Era divertente prendermi gioco di lui in quel modo, senza correre il rischio di essere punita per la mia insolenza con un carico extra di lavoro.

«Questo però non le impedisce di pensare che io sia un bell'uomo» disse con naturalezza, come se avesse commentato il meteo.

Alzai immediatamente lo sguardo, presa di sorpresa, e vidi che aveva stampato in volto un sorriso di superiorità. Ma come diavolo aveva fatto? Come aveva fatto a ribaltare i ruoli in quel modo? Adesso, era lui a prendersi gioco di me.

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