Capitolo 5

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Entriamo nel bar dalla porta sul retro, riservata ai "dipendenti", deduco di potermi considerare tale, in fondo. Arriva subito un uomo, camminando a passo deciso.
-Chi siete?- ci scruta sospettoso. -Sono Arya, quella che canta sta sera. E loro sono...i miei...amici.- dico poco convinta. -Va bene, passate. Tu vai a cambiarti e voi potete stare dietro le quinte! Scattare!- gesticola impaziente. Cas, Dean e Sam vanno verso un tendone, lì dietro ci deve essere il palco. Anche se credo che definirlo palco sia addirittura esagerato, non potrà essere così grande, no? Nonostante i miei tentativi di auto-tranquillizzarmi, sono comunque agitata. Probabilmente appena aprirò bocca mi uscirà una specie di urlo, e la mia fortunatamente-non-granchè-agognata carriera da cantante terminerà. L'uomo mi conduce in uno stanzino con una poltrona, un attaccapanni e una specchiera, che deduco essere il mio lussuoso camerino. Mi cambio, infilandomi a fatica l'abito che ho dovuto comprare appositamente per questa sera. Mi faccio una treccia che scende sulla spalla destra e mi passo un po' di matita sugli occhi in modo da farli sembrare più grandi. Sento bussare alla porta. -Avanti!- La porta si apre ed entra una ragazza -Tocca a te. Le canzoni?- mi guarda con aria leggermente schifata e dentro di me sento una vocina esclamare "Alla grande!". Dopo aver rovistato qualche secondo nella borsa le allungo la chiavetta con le basi. Lei corre fuori e io esco, cercando di respirare lentamente. Ho paura. Aspetto da un lato del palco e mentre il proprietario fa un breve discorso mi guardo intorno e vedo Sam che mi sorride incoraggiante e Dean e Castiel scrutano le persone in mezzo al pubblico. Non ho ancora capito come la mia performance in questo bar possa aiutare nelle indagini ma d'accordo. Almeno guadagneró qualcosa, sempre che non faccia crollare tutta la baracca. La cosa che mi rende più nervosa è il fatto di non sapere quale sia il piano dei ragazzi, non hanno voluto sentir ragioni, e mi hanno fatto capire che in ogni caso sarei stata di impiccio. Sento un applauso, che mi riporta alla realtà, e la ragazza di prima mi fa segno di andare. Esco sotto i riflettori un po' agitata. Anzi, decisamente agitata. Dopo qualche secondo parte una base. La riconosco e mi preparo. Al momento giusto inizio a cantare.
Quando il primo pezzo è terminato riprendo fiato vedo i miei tre compagni di viaggio a bocca aperta...e se fossi andata mal...i miei pensieri sono interrotti da un fragoroso applauso. Sorrido raggiante e faccio un piccolo inchino. Quando mi rimetto dritta vedo qualcosa di nero balzarmi addosso. Sento la gente gridare. Vedo quella cosa che mi sta sopra, e in quel momento nella mia mente compare una parola "Esca". Il muso che mi ritrovo a pochi centimetri dalla faccia dovrebbe essere quello di un lupo, deformato in modo non esattamente piacevole: centinaia di denti, e due paia di occhi rossi enormi che mi scrutano in modo agghiacciante. Mi pianta qualcosa nella spalla. Non voglio vedere, e comunque non riuscirei a girarmi. Cerco di liberarmi, piantandogli le dita nel muso, ma qualcosa lo tira via da me. Dean,Castiel e Sam. Devo aiutarli. Vedo un coltello a terra poco distante, deve essere caduto a Dean. Lo afferro di corsa, la spalla mi fa male ma quella che credo essere una scarica di adrenalina mi dà abbastanza forza per muovermi. Mi getto sul demone che inizia a contorcersi per riuscire a prendermi. Riesce a farmi battere la testa per terra. Buio. Sento dei rumori di lotta, di nuovo. Inizio ad essere scocciata che le cose si concludano sempre così, per me.

Mi sveglio. Anche con gli occhi chiusi la luce della luna attraverso le tende mi dà fastidio. Mi metto una mano sulla fronte in modo da avere gli occhi in ombra, e mentre mi metto seduta sento una strana fitta al petto. Mi alzo e vedo che Sam non c'è, quindi deve essere successo qualcosa a Dean. Muovendomi lentamente, tanto da fare invidia agli anziani della casa di riposo di St. Louis, esco dalla stanza e apro piano la porta di quella a fianco. Mi sporgo per controllare di non aver clamorosamente sbagliato stanza, e poi entro chiudendomi la porta senza fare rumore. Il vestito mi dà davvero fastidio adesso, ma sono contenta che non mi abbiano cambiata. Sento la moquette morbida aderire sotto ai piedi scalzi. Mi avvicino al letto contro la parete e vedo che Dean sta dormendo. Sam si è sistemato su una sedia vicino a lui. Cammino fino alla sedia e poso la mano sulla spalla destra di Sam, il più delicatamente possibile. Per i miei standard, insomma. Lui sobbalza leggermente e alza lo sguardo assonnato su di me. -Oh, Arya. Serve aiuto?- mi domanda ancora con voce impastata. -No. Peró a te serve dormire, vai. Sto io qui.- sussurro per non svegliare Dean che intanto fa come dei mugolii. Sam annuisce e si alza. Guardo verso il letto di Castiel, sta dormendo come un ghiro. -So cosa stai pensando. Magari non dorme per tre notti poi però crolla. E, puoi cambiare la pezza bagnata a Dean ogni tanto?- trascina i piedi sul pavimento mentre io mi siedo al suo posto. -Tranquillo. Tu riposati.- lui annuisce ancora una volta meccanicamente, ed esce. Mi metto comoda e tocco piano la pezza sulla fronte di Dean. Dormiva davvero, perché la pezza è asciutta e lui non l'ha cambiata. Gliela tolgo e vado verso il bagno. Accendo la luce e bagno il fazzoletto. Guardo lo specchio. Ho un taglio che parte dalla testa e arriva fino al mento e una fasciatura su una spalla. Aggiungendo queste alle altre ferite sembro un quadro di Picasso. Strizzo il fazzoletto, chiudo l'acqua e torno sulla sedia. Metto una mano sulla fronte di Dean. -Dio sei bollente.- gli metto l'oggetto bagnato sulla fronte. Lui emette una sorta di gemito e io ritraggo in fretta la mano. Avvicino la sedia al letto così da potermici appoggiare con il viso tra le braccia per dormire. Chiudo gli occhi e lascio che il sonno mi porti con sé in quel paese meraviglioso e terribile in cui i sogni sopravvivono. Sogno mostri, e persone, i loro visi sono sfocati. Non capisco chi possano essere. Mi rimangono impressi solo due grandi occhi verdi, ormai più che familiari.

Alzo il viso e sbadigliando guardo la sveglia sul comodino. Sono le sei. Vado in bagno con la pezza ormai asciutta e la passo sotto l'acqua, ripeto le stesse azioni della notte precedente come un'automa, praticamente. Torno rapidamente in camera e prendo dei vestiti puliti, da poter indossare dopo la doccia. La doccia nella stanza di Dean è la fotocopia della nostra. Mi svesto buttando il vestito ormai ridotto a brandelli nel cestino e finalmente mi lavo. Dopo essermi asciugata e vestita mi faccio una treccia ed esco dal bagno. Sposto la sedia verso la testiera del letto. Osservo Dean dormire. Allungo la mano titubante verso di lui, poi inizio ad accarezzargli i capelli. Sono sempre stata abituata a fare questo gesto con chi stava male, a casa mia. Ad un tratto apre gli occhi, piano, come quando si vuole vedere l'alba in riva al mare, dopo aver dormito sulla spiaggia. Faccio per allontanare la mano ma lui, nonostante sia ferito e ancora mezzo addormentato, riesce ad afferrarmi il polso. -Non era così male, sai?- dice con un filo di voce, rauca e ruvida, come cartavetro contro il legno. Io sorrido imbarazzata e gli tolgo la pezza. Lui mi osserva, in silenzio. Uno di quei silenzi che ti dicono tanto. Ma a me diceva solo Oddio, che imbarazzo, nasconditi. -Come ti senti?- sussurro, per non svegliare Castiel. -Bene. Tutto sommato. Sono abituato a cose peggiori.- risponde con un po' di durezza. -Piuttosto, tu?- allunga una mano e mi sfiora la ferita sulla guancia. -Mi sa che ti rimarrà il segno. - percorre con le dita tutta la cicatrice, come se fosse un trofeo, degno di ammirazione. -Non mi importa. Ciò che conta è che sono viva. No?- lui annuisce e tenta di mettersi seduto ma un dolore gli toglie il fiato . Lo aiuto a tirarsi un po' più su e sistemo i cuscini in modo che non gli faccia male stare seduto. -Sei brava...I tuoi erano dottori?- chiede mettendosi comodo. -Beh, mio padre sì, mia madre ha anche aiutato in una casa di riposo per un po', mentre studiava legge. E mia sorella, no. Lei stava studiando le lingue...non avrebbe mai fatto la dottoressa.- sorrido pensando alla sua repulsione per il sangue, e lui mi scruta con attenzione -Parlami della tua famiglia.- si passa una mano sulla mascella, gesto tipico dei maschi.
-Beh, mia sorella si chiamava Elizabeth, aveva cinque anni in meno di me, studiava lingue, e voleva insegnare tedesco e italiano. La adoravo, non eravamo solo sorelle eravamo amiche. È scomparsa tre anni fa. Così, nel nulla. Mia madre, Rose, come descriverla...una donna devastata dalla morte di mio padre, Frank. È morto un anno fa, ed era fantastico. Il più presente dei due, il più attento e affettuoso, anche.- fisso il vuoto. Dean annuisce in silenzio, mi capisce. E lo so bene. La mia famiglia. Era. E non lo è più. -Poi c'era mia zia Jess. Dio, era meravigliosa. Mi stava incoraggiando a diventare scrittrice. Dopo mia sorella era la persona che mi conosceva meglio.- spiego, guardando verso le tende, che rendono opaco il paesaggio al di là del vetro. Poi aggiungo, sommessamente -Non riesco a spiegarmelo, è incredibile quante cose siano cambiate.- e mentre parlo sento il suo sguardo addosso, impresso sulla pelle.

#votate:)

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