Prologo

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-Arya vieni! É arrivata la zia!- sento dire da mia madre, che penso sia in salotto. Chiudo il libro e salto giù dal letto con leggerezza sorprendente simile a quella di un elefante; scendo all'entrata appena in tempo per vedere la macchina di mia zia Jessica arrivare nell'ampio cortile sterrato di casa nostra.
Esco e non appena ha messo un piede fuori dall'auto le getto le braccia al collo: come sempre lei mi afferra prontamente.
-Arya! Ma quanto sei cresciuta?!- Mi osserva sorridente, e io ricambio sincera il suo sorriso.
-Non sai quanto ci sei mancata zia!- le saltello intorno, contenta. Poi mia madre interviene come suo solito -Arya porta le sue borse nella camera degli ospiti in solaio!- poi guarda la zia-L'abbiamo rifatto tutto, ora non sembra più un solaio!-
Ignoro i loro dicorsi noiosi sulla ristrutturazione del solaio, mi decido a prendere le valigie e le porto, un poco alla volta, nella camera riustrutturata, dove apro un armadio e, dopo aver preso le lenzuola, metto a posto il letto. Entro in cucina e mi siedo su una delle sedie posizionate attorno al tavolo. Jess mi fa qualche domanda sulla scuola, le vacanze, gli amici... Non vedo l'ora di passare un po' di tempo con lei!
-Arya! Vai a fare i compiti!- ordina ad un tratto mia madre, interrompendo la nostra conversazione.
-Rose, é estate lascia che si diverta un po'!- cerca di convincerla la zia Jess.
-No. Prima li fa, prima li finisce. La scuola è il suo lavoro, si deve impegnare.- mia madre sembra irremovibile. Quando mai non lo è stata?
-Papà non mi ha mai obbligato a farli, e io li ho sempre finiti in tempo. Non sono più una bambina, da quando ti preoccupi della mia vita scolastica?- grido arrabbiata. Non avrei dovuto dirlo.
-Tu...vai.Ora!- sibila lei.
Salgo di corsa le scale, sentendo soltanto qualche parola della discussione tra lei e mia zia. La odio. Mi vuole solo rovinare la vita. Lei e i suoi stupidi ordini.
Sbatto la porta della mia camera e mi siedo alla scrivania. Prendo la lista dei compiti e inizio a spulciarla. Matematica: equazioni. Decisamente no. La soluzione giusta è sicuramente tra le mille consegne che la professoressa del laboratorio di scrittura ci ha dato. Una presentazione, inserita in una lettera ad un personaggio di fantasia che abbiamo incontrato nelle nostre letture: perchè no? Afferro un foglio e una penna e inizio a scrivere.

Illustrissimo signor William Owen Herondale,

Spero di non importunarla con questa mia misssiva, che vuole essere la prima lettera un, possibilmente fitto, scambio epistolare con il quale conoscerci a fondo. Mi sembra più che doveroso iniziare.

Mi chiamo Arya e ho 18 anni. Abito a Saint Louis, nel Missouri (negli Stati Uniti nel caso non lo conosceste). Vivo nella casa, fuori città, che mio padre ha costruito mattone per mattone, insieme ai suoi genitori: praticamente in aperta campagna. E ne sono felice, odio lo smog e tutte quelle auto. (Sapete cosa sono le automobili, a proposito?) Sono alta circa un metro e settanta, magra e dalla corporatura slanciata. Ho gli occhi azzurri...no, non quell'azzurro che pensate voi, non tanto intenso quanto il vostro, forse. Un azzurro simile al cielo estivo in tempesta. Ho i capelli che mi sfiorano le spalle, sono castani. Il mio viso é rotondo, la pelle chiara e le labbra troppo sottili per quelli che sono i miei gusti. Il mio naso è piccolo e leggermente storto (solo se visto di profilo grazie a Dio). Sono testarda e impulsiva, ma anche solare e gentile (dipende dalla persona con cui ho a che fare) ed effettivamente a volte sono un po' lunatica. Adoro leggere, guardare i film (avete presente?) e le serie tv (credo non abbiate decisamente presente). Amo la musica rock, e ovviamente anche quella classica. Ho una madre, si chiama Rose. Mio padre, Frank, è mancato all'inizio dello scorso settembre. Era fantastico . Avevo una sorella maggiore, Elizabeth, sparita nel nulla tre anni fa. La mia condizione economica é... Stabile direi, insomma., come usiamo dire oggi "ce la caviamo". Direi che, , ce la caviamo. Nel caso vi interessasse, sono nata ad Adelaide in Australia, ma non so dirvi pper quale ragione siamo venuti in America. Non ricordo niente dell'Australia, ma da ciò che i miei mi hanno raccontato è un posto a dir poco stupefacente. L'Oceano del colore del cielo sereno, i coralli, spiagge che non finiscono mai, tramonti di fuoco. Mi piacerebbe andarci, o meglio, tornarci. Quindi, mio carissimo Will, questa sono io.

-Arya, scendi! Rose è andata a ritirare alcune cose in ufficio e mi ha chiesto di andare a fare un po' di spesa!- urla Jess, per farsi sentire, e le sue parole mi sembrano dei cancelli aperti verso la tanto agognata libertà. Mi vesto come un fulmine. Non mi ero nemmeno accorta che la mamma fosse uscita sinceramente.
Due secondi dopo sono già all'entrata pronta, con i miei jeans lunghi a vita alta, le mie converse nere, la camicetta bianca che Jess mi ha regalato e una borsa tutt'altro che nuova. Lei si mette a ridere per la mia velocità e afferra le chiavi della macchina soppesando chiaramente se sia il caso o meno di farmi guidare. Mi do' un'ultima occhiata nello specchio dell'ingresso, comprimendo i capelli dentro uno chignon piuttosto disordinato.
-Sei pronta allora?- Mi domanda alzando le sopracciglia.
Crrrrrrr. Sentiamo un leggero raspare. Jess non si allarma, quindi neanche io. -Assolutamente! Qual é il piano??- chiedo entusiasta. Non vedo l'ora di- Crrrrrr. Io e la zia ci guardiamo, entrambe con le sopracciglia aggrottate. Poi afferra la maniglia e apre la porta d'ngresso.
In un attimo è a terra.
Una cosa nera le si scaraventa addosso. Sangue. Sangue ovunque. Non so che fare. Afferro la piccola lampada dal tavolino da tè lì accanto e colpisco ripetutamente quella creatura, che non sembra farci assolutamente caso.
-ARYA CORRI!- grida disperata mia zia con tutto il fiato che le sembra essere rimasto nei polmoni. Sono pietrificata. E corro fuori solo dopo aver visto quella cosa squarciare la gola di mia zia.
Corro in strada. Corro. Corro. Corro. Devo cercare aiuto. Devo trovare aiuto.
Ad un tratto guardo indietro per vedere se quella cosa mi sta ancora inseguendo, mi lascio alle spalle la stradina sterrata e inizio a muovermi più rapidamente sull'asfalto che sento bollente sotto ai piedi. Continuo a correre guardando indietro. La polvere che sollevo sembra coprire ogni cosa.
Sento lo stridio dei freni di un auto. Sbam. Il freddo del metallo e il sapore del sangue in bocca. Il sole sen'è andato. Dei passi vengono velocemente verso di me. Degli spari.
Dopo qualche minuto due braccia mi sollevano.
Percepisco solamente il battito accelerato del mio cuore e il mio respiro affannoso.
Buio, e poi un silenzio da lacerare i timpani.










Informazioni:
La storia non è "ambientata" in una stagione precisa della serie, non avrei potuto seguire la trama e il filo logico e cronologico inserendo anche il mio personaggio.

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