14 - Invisible chains

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"La speranza è l'ultima a morire perché è lei che ti uccide."

Ayane-Sensei

A casa arrivò Darklina Ténèbres

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A casa arrivò Darklina Ténèbres.
«Da quanto tempo, Amon», mi disse, dopo aver dato un rapido bacio a Kai.
«Lina, cosa ci fai qui?», domandai.
Lei si avvicinò, mi scrutò e mi superò guardandosi attorno. Si sentiva proprio a casa sua.
«Sono qui per Kai», mi informò.
Si avvicinò a mio fratello e Kai le cinse la vita, avvicinandola a sé.

«Ho saputo da Kai che Graylord è venuto qui e vi ha sottratto Venere», aprì il discorso.
«E onestamente stento a credere che sia stato un ordine degli Oscuri Signori... io non ne sapevo nulla», ammise, sincera.
«Ti conviene fare attenzione, Amon. E lo sto dicendo a te perché questo stupido di Kai è troppo superficiale per preoccuparsi delle conseguenze». Kai la guardò lapidario.
«Che c'è? È la verità». Fece spallucce.
«Non fidarti di Graylord. Brama vendetta e dovresti ricordarne il motivo», mi avvisò.
Darklina e Kai salirono le scale, allontanandosi insieme e lasciandomi solo.

Dovevo restare concentrato. Avrei trovato una soluzione.
E avrei prima verificato la veridicità delle parole di Graylord.
Anche se, onestamente, sapevo già come sarebbero andate le cose.
Avrei dovuto accertarmi che, prima di tutto, Venere stesse bene.
E sapevo cosa fare per appurare che lei stesse bene.

Graylord bussò alla porta della mia camera da letto

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Graylord bussò alla porta della mia camera da letto.
Mi piacque che bussò, al contrario di Amon che non lo aveva mai fatto.
«Sì?», chiesi. Entrò. Mi squadrò attentamente.
Aveva dei vestiti puliti per me tra le braccia muscolose.
«Cambiati e poi scendi al piano terra, la colazione viene servita ogni giorno alle sette in punto».
Posò i vestiti sul letto sfatto.
Uscì dalla stanza, lasciandomi sola.

Presi un vestitino blu notte aderente e lo indossai. Mi guardai allo specchio.
Mi diedi una sistemata e mi affrettai a scendere le scalinate.
Giunsi dinanzi al lungo tavolo imbandito.
Graylord era seduto a capotavola. «Ti sta bene», constatò, squadrandomi.
«Grazie», risposi flebile.
Mi accomodai alla fine del tavolo, al posto da capotavola, e il più distante possibile da Graylord.

«Non ti mangio, sai?», scherzò. Stetti zitta.
«Sei di molte parole». Non sapevo che dire e nemmeno volevo dire qualcosa.
Volevo soltanto andarmene.

«Che c'è? Non vuoi parlarmi perché ti faccio paura? Perché ti ho rapita?», domandò divertito.
«La libertà è un mio diritto, non dovrei dovermela guadagnare. Non dovrei essere qui, rinchiusa con te», gli dissi, guardandolo mesta.

«Era un tuo diritto. Ora non più», mi informò.
Davvero? Come poteva dire una cosa simile?!
Diavolo, che nervi...

Finita la colazione salii in camera.
Il tempo sembrava essersi bloccato. Stavo leggendo un libro, ma faticavo a restare concentrata. Qualcuno bussò alla mia porta.
Chi poteva essere?
Di nuovo Graylord?

«Avanti». Entrò una donna. Una donna dai lunghi capelli biondi, il naso leggermente all'insù e degli occhi felini glaciali.
Indossava un abito aderente nero, dai i bordi in pizzo.
Una giacca di pelle le copriva le spalle larghe e una borsetta a tracolla nera le cadeva addosso.

«Venere, giusto?», chiese la donna. Annuii.
«Io sono Katniss», chiuse la porta alle sue spalle.
«Un'amica di Amon». Si avvicinò a me. «Un'amica di Amon? E cosa vuoi da me?», domandai innervosita.
«Amon mi ha chiesto di accertarmi che tu stessi bene. Io sono anche in buoni rapporti con Graylord, per questo ha chiesto a me di venire qui», mi informò.
«Sta' tranquilla, Amon ti porterà via da qui». La guardai sbilenca.

«E quindi? Che differenza fa?»
Sempre una prigioniera sarei dovuta restare.
«Qui almeno non sono legata al letto». Ripensai a quel momento. Disgusto. Solo disgusto...

«Amon non è un uomo paziente... e tu devi aver tirato troppo la corda. Che diavolo hai combinato per essere legata al letto?». Rise leggermente.

«Ho attentato alla mia vita. E ho tentato di scappare», rivelai.
«Venere... non ti biasimo per le tue azioni, al posto tuo le avrei prese in considerazione, forse... però non posso biasimare neppure Amon». Il tono pacato e sincero.
«Perché?», chiesi stupefatta.

«Ad Amon, personalmente non gli interessa di te, neppure di averti rapita, tuttavia importa agli Oscuri Signori», ammise.
Chi diavolo erano gli Oscuri Signori?!
«Chi sono gli Oscuri Signori?», domandai confusa.

«Sono come... genitori. Per noi figli delle tenebre sono come dei genitori», rispose.

«Io, Amon, Kai, Graylord, e gli altri... non abbiamo dei genitori biologici. Abbiamo una storia più complessa di quella che puoi immaginare», disse.

«In che senso non avete genitori biologici? Come potete essere nati senza genitori biologici?» Ero confusa più di prima. Era impossibile.

«Gli Oscuri non sono umani, Venere», rispose e guardò un punto a caso nella stanza.
«Siamo nati in una maniera che dubito tu possa concepire». Non era offensiva, semplicemente era schietta.

«Domandalo ad Amon, lui sarà sicuramente migliore di me nella spiegazione». Si sedette sul letto, accanto a me. Prese il mio polso e lo scrutò.

«Che stai facendo?», domandai.
«Amon mi ha chiesto un favore, che gioverà anche a te», rivelò.
Estrasse una piccola ampolla dalla borsetta. Dentro vi era un liquido denso, grigiastro.
«Stai ferma».
Aprì l'ampolla e versò il liquido sul mio polso. Il liquido tramutò in un bracciale grigio.

«Finché Amon non ti porterà via di qui, questo bracciale composto di potere oscuro ti proteggerà in parte da Graylord se dovesse tentare di farti del male dimezzerebbe il dolore. Inoltre, svolge anche la funzione di localizzatore, quindi fuggire non è un'opzione intelligente», mi informò.

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