1 - Just know that if you hide, it doesn't go away

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"È una bella prigione, il mondo

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"È una bella prigione, il mondo."

William Shakespeare

Erano passati quasi quattro anni da quel fatidico giorno che volevo estrapolare dalla mia memoria, sebbene la mia mente ricordasse tutto così nitidamente, come fosse successo ieri

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Erano passati quasi quattro anni da quel fatidico giorno che volevo estrapolare dalla mia memoria, sebbene la mia mente ricordasse tutto così nitidamente, come fosse successo ieri.

Era dicembre e faceva piuttosto freddo nella stanza dell'orfanotrofio dalle pareti antracite e spoglie, tetra come una notte priva di luna, quella dove dormivo con la mia compagna di stanza.
Mi avvolsi in una morbida coperta di lana e girai pagina al libro che stavo leggendo.

La lettura per me era una casa, una casa che non potevano portarmi via.
Mi immergevo nei libri che leggevo e smarrivo me stessa. E diamine, adoravo da impazzire quella sensazione di smarrimento che nessun'altra persona o cosa riuscisse a farmi provare.
I libri mi facevano sentire... viva. Colmavano il mio vuoto interiore, un vuoto che disprezzavo con tutta me stessa.

Entrò in camera Jessica, la mia compagna di stanza.
Era davvero carina, occhi marrone chiaro e capelli di media lunghezza bruni. Carnagione olivastra e una statura minuta.

Mi scansai i capelli biondi di dosso.
Scrutai Jess, analizzandola mentre cercava qualcosa nell'armadio che dividevamo.

«Cosa cerchi?», le chiesi, incuriosita, analizzando i suoi movimenti. Afferrò un abito, lo guardò con disgusto e poi, lo ributtò all'interno di un cassetto. Che disordine... odiavo il disordine. Ne avevo fin troppo in testa, non lo volevo pure intorno a me.

«Un vestito da indossare per dopo, mi vedo con un ragazzo», rispose. Oscillai lo sguardo dall'interno dell'armadio fin troppo piccolo per due persone, e guardai lei. Era elettrizzata come non mai e mi fece sorridere quella sua contentezza ingenua.

«Sgattaiolerai via dalla finestra, Jessica?», domandai ironica. Annuì. Ridacchiai sorpresa. Non era affatto da lei fuggire dall'istituto, non lo faceva mai. In effetti, era accaduto solo una volta per assecondare me.

«Segui i miei insegnamenti dopo averli disprezzati, che insolente!», la presi in giro amichevolmente. Lei alzò gli occhi al cielo.

«Be', com'è questo ragazzo?», domandai, impensierita, le volevo bene, e desideravo che mi rendesse partecipe. Avevo un bisogno disperato di essere parte di un qualcosa. Volevo sentirmi importante per qualcuno. Un ingranaggio fondamentale che consentiva all'intera macchina di funzionare. Mi sentivo inutile. E lo odiavo.

The Serpent of DarknessDove le storie prendono vita. Scoprilo ora