24 - You're a poison and I know that is the truth

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"Mi guardi intensamente
Mentre mi fai sentire ardente,
E diavolo, vorrei solo annegare
Nei tuoi occhi...
Due distese di sabbia e sale
Dove so che mi farò del male."

Ayane-Sensei

«Santo cielo, Venere

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«Santo cielo, Venere...», imprecò Amon, scorgendo il mio ginocchio sbucciato e la mia espressione spoglia di qualsiasi emozione, ma che al tempo stesso faceva trasparire il desiderio di farla finita. Il desio indomabile e innegabile di smarrire me stessa in un oceano sconfinato di nulla, di nuotare libera nel vuoto, fino a non provare mai più alcuna sofferenza.

«Cosa diavolo ti sei fatta...?», chiese lui, allarmato, occultando la rabbia e il desiderio e mostrando solo la preoccupazione che gli appesantiva i lineamenti spigolosi e gli occhi puntati su di me.

Amon si avvicinò a me rapidamente, quando fu così vicino alla mia figura, mi sentii rabbrividire dalla paura. Lui mi guardò in un modo che non riuscii a comprendere, mentre si sedeva sui calcagni e mi posava una mano sulla gamba che avevo ferito con sbadataggine. Mi sfiorò la pelle con delicatezza, per esaminare la ferita che mi ero inferta con la mia testardaggine e il mio essere maldestra.

«Venere, Venere, Venere...», mormorò lui, fievole, a mo' di rimprovero, con voce colma di ammonimento e con un tono contrariato che mi fece distogliere lo sguardo, facendomi provare disagio.

I suoi occhi si puntarono sul mio viso, percepii l'intensità del suo sguardo, e spostai i miei occhi su di lui, tornando a guardarlo controvoglia, non riuscendo a farne a meno. Fu una cosa di pochi istanti, di brevi attimi inevitabili, i suoi occhi incastonati nei miei, mi fecero venire la pelle d'oca all'anima. Mi sentii travolta da strane emozioni che non volevo provare, specialmente non con un uomo come lui. Distolsi lo sguardo dal suo subitanea, sentendomi minacciata dall'impetuosità delle sue iridi pece con delle macchioline chiare che sfumavano in una distesa di stelle.

«Cosa diavolo devo fare con te?», domandò beffardo, portando quella mano che mi aveva toccato la gamba al mio viso, carezzandomi con i polpastrelli delicatamente, portando le dita a impigliarsi nei miei capelli.

Usò la sua mano per trainare il mio viso verso il suo, respirai il suo profumo e il suo sguardo mi fece perdere la cognizione del tempo. Le sue labbra erano socchiuse, a poca distanza dalle mie, i miei occhi fissi sulla sua bocca che mi faceva venire in mente cose inadatte al momento. Cose che non avrei mai dovuto immaginare di fare con lui. C'erano migliaia di ragioni sensate che mi intimavano di stare distante da Amon, e di reprimere qualsiasi desiderio fisico.

La sola ragione non è sufficiente per frenare il desiderio.

«Lasciarmi libera...», mormorai sottovoce, più a me stessa che a lui, ma Amon sentì troppo bene le mie parole e sorrise lievemente, un sorrisetto sbieco da capogiro che mi fece pulsare in mezzo alle cosce, e poi si allontanò dal mio viso, facendomi ritornare a respirare.

The Serpent of DarknessDove le storie prendono vita. Scoprilo ora