6 - Why would you ask for God's assistance? If you wouldn't take the help?

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"La fede è un'altra scusa per non reagire."

Amon Le Savage

Non riuscivo a prendere sonno

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Non riuscivo a prendere sonno.
Come biasimarmi, d'altronde, ero nello stesso letto con la stessa persona che mi aveva rapita.
Era logico che la mia mente mi volesse sveglia e cosciente se al mio fianco vi era colui che mi aveva portato qui contro la mia volontà.

Volevo scappare via, forse questo era il momento giusto?

Stava dormendo, non emetteva un singolo suono o rumore.
Tutta questa situazione mi metteva molta inquietudine e angoscia.
Decisamente troppa.
Se mi avesse beccata mentre tentavo la fuga, probabilmente, dopo aver quasi dato fuoco a casa sua e avere tentato di suicidarmi, diverrebbe furioso.
Ancora mi era sconosciuto il motivo per la quale ero stata portata qui, a cosa potevo servirgli?
Proprio io, che nemmeno sapevo proteggere me stessa?

Volevo andarmene via di qui.
Mi sentivo tremendamente in trappola.
Quest'uomo... era pericoloso.
Dovevo approfittare di questo momento per cercare di andarmene via e alla svelta.
Mi alzai dal letto, infilai le ciabatte e, in punta di piedi, mi avvicinai fino alla porta e l'aprii facendo attenzione a non fare rumore.
Uscii e richiusi la porta delicatamente.
Sentivo il cuore battere all'impazzata, l'adrenalina si fondeva con la paura e questo mi infondeva coraggio e impazienza di andarmene da questo posto che non prometteva nulla di buono.

La casa di Amon era gigantesca, scesi le scale in assoluto silenzio.
L'abitazione era sprofondata in un silenzio assordante e questo mi accendeva il timore che al minimo rumore, anche lieve, lui lo avrebbe udito. Scesa al piano terra, osservai un dipinto affisso alla parete scura, era mastodontico e ritraeva Amon, con i suoi occhi costellati di stelle e i capelli corvini che ricadevano sul viso pallido delineato a meraviglia e, accanto a lui, vi era un uomo, dallo sguardo felino e dorato come il miele, i capelli castani e la carnagione d'oro.
Erano avvolti da abiti eleganti e vecchio stile. Sotto, in basso a destra, vi era una scritta in rosso.

I fratelli Le Savage.

Quell'uomo dagli occhi dorati era il fratello di Amon?
Non mi riguardava, decisi quindi di avvicinarmi alla porta.
Cercai di aprirla, era bloccata.

Sentii dei sussurri, sembrava quasi il vento, tuttavia, mi resi conto che fossero parole di qualcuno che si divertiva a prendermi in giro e a terrorizzarmi.

«Credevi davvero di poter fuggire dalla porta principale?», mi sbeffeggiò.
Il tono era gelido come la morte. Sussurri diabolici.

Lui... dov'era?

«Su, Venere, usa almeno un po' di fantasia se vuoi tentare di fregarmi.»
Il suo tono sardonico mi fece quasi venire un colpo.

L'agitazione crebbe ulteriormente.
Rabbrividii e iniziai a pentirmi della decisione che avevo preso, perché mi resi conto di aver fatto una vera idiozia. Dovevo trovare un posto per nascondermi da lui, o fuggire via lontana da qui.

Iniziai a correre in cerca di un nascondiglio. Passarono interminabili minuti senza udire la sua voce tetra. Poi tornò a tormentarmi.

«Dove sei, petite flamme?», chiese, il tono glaciale e diabolico, al contempo divertito.

Sapeva che non avevo modo di fuggire da questa casa, per questo era così calmo.
Mi raggomitolai su me stessa, nascosta dentro uno sgabuzzino accanto alla cucina, dove vi erano le dispense di cibo e molto altro.
Mi nascosi sotto un telo grigiastro, tremavo dalla paura. Avevo fatto una grandissima cavolata.

«Vuoi giocare a nascondino con me, Afrodite?», domandò Amon, la sua voce si faceva sempre più vicina.

Il cuore sembrava stesse per uscire fuori dalla cassa toracica.

«Conterò fino a dieci, Venere. Se uscirai allo scoperto da sola, sarò... più comprensivo con te...», si interruppe.

Ero immobilizzata, le gambe tremavano e mi sentivo come una statua di pietra. Immobile.

«Se invece al dieci non sarai uscita fuori dal tuo nascondiglio, ti stanerò io... e non sarò né gentile né comprensivo», finì di spiegare le assurde regole di questo gioco folle.

Cosa diavolo stava facendo?

«Uno...», la voce profonda si propagò in aria, il tono sardonico e divertito, quanto glaciale e sadico.

Sarei dovuta uscire?

Probabilmente sì, tuttavia non riuscivo a muovermi dalla paura.
Ero come pietrificata dal terrore.

«Due...», mormorò.

L'ansia si intensificò.
La paura crebbe a dismisura.

Cosa diavolo mi era saltato in mente?
Perché ero uscita fuori da quel letto?
E perché avevo tentato di scappare?
Questo posto mi terrorizzava.
Quest'uomo mi faceva venire i brividi.

«Tre...», proseguì.

Il sangue ribolliva nelle mie vene.
La paura cresceva ancora e ancora, sempre più.
Volevo alzarmi, uscire allo scoperto e magari supplicare pietà, di non farmi del male, tuttavia non ci riuscivo. Avevo paura. Troppa paura.

«Quattro...», disse e la sua voce era sempre più vicina, e da sussurri flebili era sempre più vivido il suono della sua voce.

«Cinque...», continuò.

Ero una grandissima sciocca, fifona, codarda, idiota e senza speranze.

«Sei...», pronunciò.

Il cuore sembrava davvero si trovasse in gola, e non nel petto.

«Sette... Il tempo stringe, Venere... Ti consiglio di uscire allo scoperto finché puoi...», mi avvisò.

Volevo farlo, uscire allo scoperto... ma ero come paralizzata. Il mio corpo era pietra. Avevo gli occhi chiusi e le mani strette a mo' di preghiera.
Pregavo qualcuno, qualcosa... un Dio. Uno qualsiasi in grado di aiutarmi, di salvarmi da questa persona. Da Amon.
Mi chiedevo se un Dio esistesse davvero...
Come poteva un Dio accettare la malvagità di questo pianeta, di queste persone e delle loro azioni?
Come poteva far soffrire le persone buone e lasciar stare i cattivi?
Come diavolo era possibile?!

«Dio... salvami. Ti prego», implorai a bassa voce, pregando flebilmente.

«Otto... pregare Dio non ti salverà da me né da nessun'altra persona, ingenua e piccola Afrodite...»

Il modo in cui pronunciò il termine Dio era mostruoso e colmo di odio.
«...Dio è soltanto una menzogna creata dall'uomo per credere in qualcuno anziché in sé stessi. Per riporre le loro speranze e preghiere in qualcosa. Per non affidarsi al nulla o a sé stessi la gente preferisce affidarsi a ciò che è incerto e forse falso. È sempre stato così... anche tu preferisci pregare Dio, che non verrà in tuo soccorso, invece di trovare una soluzione da te...»

Ero allibita, confusa e agghiacciata.
La sua voce crudele riecheggiava nell'intera stanza in cui mi ero nascosta.

«...La fede è un'altra scusa per non reagire. Invece di supplicare qualcuno che non esiste a salvarti dai tuoi sbagli... dovresti rimboccarti le maniche e assumerti le tue responsabilità.»

Aveva ragione, tuttavia avevo troppa paura per farlo.
Amon mi terrorizzava.

«Nove... ultima occasione per uscire allo scoperto...», si interruppe.

Qualche minuto dopo lo sentii ridere malefico.

«...Vuoi mettere alla prova la mia pazienza, eh? Ti punirò per bene, così magari capirai che non è molto intelligente sfidarmi», mi intimò.

Ridacchiò diabolico.

«Dieci...», terminò.

Sentii la porta dello sgabuzzino aprirsi, io restai lì, sotto al telo, raggomitolata e con gli occhi chiusi.
Terrorizzata come mai prima d'ora.
Il telo venne sollevato, provocando una folata d'aria che mi fece rabbrividire.
«...Game over, Venere».

The Serpent of DarknessDove le storie prendono vita. Scoprilo ora