Guerra e pace

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Thomas's POV

Erano passate settimane dall'ultima volta che avevo visto Madison.
Vederla piangere in quel modo mi aveva distrutto e aveva dimostrato quanto fossi nocivo per lei.
Ero deluso da me stesso e quella volta non riuscivo a perdonarmi.
Avevo perso lei.
Avevo perso mio figlio.
Charles non mi guardava nemmeno più in faccia e preferiva stare da Polly.
Polly era arrabbiata con me così come i miei fratelli e soprattutto Matteo.
Lavorava sempre per me ma non mi rivolgeva la parola al di fuori del lavoro.
Io avevo tradito sua sorella, la donna alla quale avevo detto di tenere.
La donna che dicevo di amare.
La donna che stava per darmi un regalo meraviglioso.

Mi sentivo distrutto per la prima volta dall'interno.
Ero ritornato ad essere un ammasso di cocci senza di lei.
Ero ritornato ad essere cupo e chiuso e questa volta non c'era via d'uscita per me.

Guardavo Lizzie accanto a me e mi sentivo vuoto.
Avevo accanto una donna che non amavo e che non avrei mai amato, avrei avuto un figlio da lei e avevo perso tutto ciò che avevo di bello.

Avevo fatto tante scelte sbagliate nella mia vita e mi ero sempre preso le conseguenze, le avevo sempre affrontate a testa alta, ma quella volta era totalmente diverso.
Non riuscivo a pensare ad una vita senza di lei, il solo pensiero di non conoscere mio figlio mi mandava fuori di testa ma non potevo farci niente.
Non sapevo dove fosse, Johnny Dogs mi aveva raccontato di averla vista salire su un treno senza sapere però la sua direzione.

L'avevo distrutta tante volte e l'avevo persa.
Ero io per davvero quel vulcano impetuoso che ogni volta faceva morire la ginestra, non erano gli altri.
Non era stato un quasi matrimonio forzato.
Né l'addio forzato a Clerkenwell.
Né l'assenza di affetto dei suoi genitori.
Né Luca ad ucciderla.
Ero stato io.

Sarei dovuto essere colui che l'avrebbe protetta e invece sono stato il suo assassino, la persona che le ha fatto più male in assoluto.
Matteo sapeva dove si trovasse ma non aveva mai accettato di dirmelo e non me l'aveva mai detto.

Tutti erano dalla sua parte e facevano bene.
Io non avevo saputo mettere delle barriere alle mie colate laviche per proteggere la ginestra.
Io le avevo fatto del male senza pensarci.
Senza pensare a quanto lei ci avrebbe sofferto.
Mi sentivo un verme nel fango, un serpente che aveva appena ucciso la sua preda e che non ne andava fiero.

Io l'avevo indotta a lasciarmi e quella volta capii davvero che forse io e Madison ci eravamo illusi troppo, che io avevo fatto un sogno troppo grande, senza pensare al limite che c'era tra noi: io.
Ero io il limite prorompente tra me e lei.
Ero io.
La mia vita.
Il mio modo di essere.
Il mio modo di agire.
Semplicemente io.
Guardai fuori dalla finestra e il cielo plumbeo peggiorò ancora di più il mio umore.
Mi alzai lasciando Lizzie a letto e mi preparai per quella giornata di lavoro.
Quando arrivai alla compagnia Matteo si avvicinò a me.

"La contabilità è un macello, si dovrebbe gestire." disse
"Lo so." risposi
"Arthur, io, Finn, John e Michael non ce la facciamo." disse ancora e annuii
"Ci sarò io e chiamerò Polly ed Esme. Purtroppo possiamo contare solo su di loro dato che... lei non c'è." dissi

Non dicevo il suo nome.
Mi faceva male. Troppo male.
Per me era diventata "lei".

"Se tu non avessi fatto lo stronzo, lei sarebbe ancora qui." disse e annuii

Matteo aveva ragione e non potevo ribattere.
Se fossi stato diverso come dicevo di voler essere, almeno con lei, lei sarebbe ancora con me, a Small Heath.
Invece... mi ero comportato da stronzo, l'avevo ferita e lei si era stancata.
Le davo ragione.
Io ero un caos ambulante e non chiedevo nemmeno alle persone di comprendermi.
Ero semplicemente un figlio di puttana che non pensava prima di agire.

I'll always need ya in front of me ||Thomas Shelby||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora