I lost u

960 19 0
                                        



⛔️ATTENZIONE IL CAPITOLO PARLA DI UNA TEMATICA FORTE.⛔️
      Per correttezza volevo segnalarvelo

La mattina seguente il medico entrò in stanza di buon ora.
Fece i soliti controlli per capire se mi stessi riprendendo e se la gravidanza filasse liscia senza problemi.
Poco dopo arrivò anche il mio ragazzo.
Il dottore non appena lo vide entrare in stanza, estrasse dalla tasca del suo camice la famosa busta bianca con dentro scritta una notizia che avrebbe sicuramente fatto piacere al mio ragazzo.
Andrea saltò il resto delle informazioni come feci io la sera precedente, ammiccando un leggere sorriso quando lèsse il proprio nome in fondo.

Il dottore, dopo avergli lasciato il giusto tempo per leggere il contenuto, non perse tempo per spiegargli il mio stato ed i problemi che avrei avuto.
Ma per Andrea erano tutte cazzate.
Era fermamente convinto che me la facessi anche con il dottore perché stava cercando di difendermi e per lui ero indifendibile.
Decise così, totalmente fuori di sé, di portarmi via, non pensando alla mia salute e neanche a quella del bambino, ma solo al suo maledetto orgoglio.

"Anche con quello sei andata a letto?"
Strillò in macchina sbattendo ferocemente le mani contro il volante.
"Andiamo Andrea! io l'ho fatto una volta, tu quante? Quante volte mi hai tradito?"
"Non mi frega un cazzo. Tu non ti dovevi permettere di tradirmi! Ora ringrazia il cielo che sono suo padre se no..."
Non continuò la frase, come al solito, ma lasciò intendere.
Ed io sapevo bene ogni volta il continuo.
Rabbrividii come sempre al solo pensiero di ciò che avrebbe potuto farmi.

Non la finisce mai quella frase eppure è sempre così chiara.

Stanca di discuserete, guardai fuori dal finestrino.
Oggi pioveva a Monaco.
È come se il tempo stesse rispecchiando ciò che stavo provando in quel momento.
Tuoni, lampi, la pioggia battente.
Le gocce si rincorrevano sul finestrino dell'auto ed io seguivo il loro tragitto con lo sguardo, mentre di sottofondo suonava una qualsiasi canzone alla radio.

Ci sedemmo insieme ad uno dei tanti tavoli dopo essere stati sfrattati dall'altalena.
Ero ancora elettrizzata all'idea di essere andata così in alto, mi era sembrato di volare ad un certo punto, perché finalmente mi sentivo abbastanza leggera per farlo.

Per volare.

Daniel mi prese la mano, stringendola sopra il tavolo, mentre aspettavamo le nostre birre seduti.
"Che film vuoi vedere questa sera?"
Accarezzava lentamente il palmo con le sue dita facendomi venire la pelle d'oca.
Mi godetti quel suo dolce tocco.
"Scegli tu, tanto sono sicura che mi addormenterò"
ammisi.
Ero veramente stanca dalla giornata passata il giorno prima in barca.
Il mare prosciuga sempre ogni mia energia ed anche la notte avuta con l'australiano mi aveva tolto ancora più energie.

Arrossii al ricordo di come i nostri copri combaciarono perfettamente l'un l'altro.

"E se mettessi un Horror?"
Lasciai un pugnetto amichevole sulla spalla del ragazzo.
Mi prende sempre in giro da quando gli ho detto di non aver mai visto un Horror.
Anzi, ne ho visto solo uno, ma ho cancellato dalla mia mente quel film, ne vale il mio sonno.
Mi prende in giro anche per il mio solito succo delle sei di pomeriggio, ogni volta che ne bevo uno non riesco a non ricordare il nostro primo incontro nel paddock.

Ormai non potrò più bere un succo d'ace senza pensare a lui.

Una gocciolina di pioggia cadde sul mio naso facendomi alzare lo sguardo al cielo.
Le nuvole erano di un grigio scuro.
Passai velocemente la mano asciugandomi il viso.
Ne scese un'altra ed un'altra ancora, nel giro di pochi secondi scese il diluvio.
Cercai di coprirmi con le mani, ma ormai ero completamente fradicia.
Iniziai a ridere come una bambina mentre tutti correvano a riparo.

Io però volevo rimanere lì proprio sotto la tempesta.

Daniel mi guardava stranito, ma rimase lì al mio fianco, sotto il diluvio.
"Hai intenzione di andare a coprirti?"
Sapeva già la mia risposta.
Con una strana idea in testa mi alzai dalla sedia avvicinandomi al ragazzo per sussurrargli all'orecchio:"lo sai che i baci sotto la pioggia sono sempre i più belli?"

non se lo fece ripetere.

Mi strinse i fianchi, avvicinandomi a sé.

Si abbassò alla mia altezza per unire le nostre labbra.

Sotto la tempesta, ma insieme, senza nessuno intorno,completamente bagnati, ma felici.




Arrivati a casa, mi sdraiai sul letto esausta con il solito mal di testa fortissimo.
La nausea quella mattina mi aveva fatto passare almeno una mezz'oretta in bagno facendomi perdere ogni tipo di forza.
A malapena riuscii a fare le scale per arrivare a casa ed Andrea non pensò minimamente di venirmi a aiutare.
Aveva deciso di ignorarmi ormai da un po' di giorni.
Cercai di chiudere gli occhi quel pomeriggio per riprendermi, ma ero così in ansia...non mi fidavo a rimanere così, ad occhi chiusi per troppo, perché non avevo idea di cosa avrebbe potuto fare Andrea.

Non mi fidavo di lui.

Era imprevedibile

Faceva troppo caldo.
Mi asciugai la fronte piena di gocce di sudore.
Non trovavo il telecomando del condizionatore, ma chiederlo al mio ragazzo sarebbe stato inutile.

Mi aggrappai alla testata del letto per alzarmi.
Volevo sciacquarmi il viso con dell'acqua fredda.
Normalmente funzionava, cacciava via almeno per dei secondi i pensieri, il mal di testa ed il caldo.

Un veloce rimedio a tutto.

Strinsi la presa sulla testata per alzarmi, non riuscivo a stare in piedi, mi aggrappai all'armadio, poi alla sedia, alla finestra, ma barcollavo lo stesso.

Perché le gambe erano deboli ed invece i miei occhi erano così pesanti.

Mi aggrappai alla maniglia della porta del bagno, ma la mia mano scivolò ed io con essa.

Caddi per terra.

Ricordo di aver strillato il nome di Andrea prima di svenire sul pavimento.
Ricordo il buio ed il silenzio.
Ricordo delle luci accecanti puntate su di me.

"Reb?"

Sentii la voce del mio ragazzo suonarmi in un orecchio.
Sembrava lontano.
Provai a girarmi verso di lui, ma non riuscivo a vedere la sua figura dentro quella luce così forte.
Spostai la testa in più direzioni, ma non riuscivo a mettere niente a fuoco.
Sbattei velocemente le palpebre cercando di abituarmi a quella luce.
Alzai un braccio tentando di capire con il tatto dove fosse, dove mi trovassi, ma qualcuno me lo bloccò.
La voce del medico risuonò nella stanza avvertendomi di qualcosa che non capii.
Strinsi gli occhi, li aprii di nuovo e questa volta vidi la stanza, il mio ragazzo seduto accanto a me, il medico posto ai piedi del letto, una flebo attaccato al mio braccio e la maschera d'ossigeno che indossavo.

"Che cosa ci faccio di nuovo qui?"

Reborn🧡Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora