Quindici

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Il gelo mi pervarse come se la primavera con la sua solarità e il suo aroma floreale fosse stato  soppiantato dall'inverno, due stagioni che erano uniche in tutte le forme l'unica differenza era il cambiamento dell'ambiente; l'opposizione era creata dal bianco del paesaggio con il suo candore che si poggiava leggero fluttuando in una danza delicata, sostituendo il verde lussureggiante della vegetazione che si distendeva brillando sotto i raggi solari.

I fiocchetti di neve accompagnati dalla brezza gelida, gradualmente discendevano dalla nuvola bianco latte e ricoprivano in maniera delicata tutto ciò che incontravano nel loro cammino; una voce fredda spirava  ghicciando strade, cammini, vicoletti nascosti niente e nessuno aveva il magico potere di scappare dalla sua furia che provocava tremoli nel corpo. 

Venni improvvisamente invasa dalla polarità del mutamento di stagione, sentivo freddo non solo il mio corpo lo emanava mettendolo in luce all'esterno con il mio forte impallidire alla vista di Sveva ma soprattutto lei stessa che con il suo sguardo congelante mi ghiacciava sbattendo i suoi occhi castani e trasmettendo la sensazione di cui ero protagonista in  un battito di ciglia.

Ritornando a qualche secondo prima che accadesse il peggio, stavo prendendo i piatti dalla mensola quando senza aspettarmelo una mano familiare esercitò una piccola pressione; pensai che si trattasse di Lorenzo infatti una risposta che ricevetti dal mio corpo fu il rossore nelle guance, iniziai a  sudare freddo e le mani mi tramarono così come il mio cuore perse qualche battito a quel contatto ravvicinato.

In aggiunta la mia mente, fortemente contrapposta al cuore che stava andando in escandescenza, mi mandó un segnale inequivocabile ovvero che quella persona non era chi pensavo fosse; a dare conferma alle mie tesi altamente spaventata da quella prospettiva di scardinare chi si celasse dietro di me escludendo a priori Ardinghelli, mi sentí male entrando a contatto con la realtà . Cosa ci faceva Arturo! Perché stava facendo quello che stava facendo? Era impazzito? Voleva per caso far precipitare nella confusione il palazzo? Non ebbi tempo né di formulare altro ne di rispondere ai frequenti quesiti che mi attanagliavano,  le sue e le mie  labbra si congiunsero in maniera casta e questo fu il primo evento scoinvlgente infatti si avvicinò lentamente e fece la sua azione.

In secondo luogo una volta chiusi gli occhi per poi riaprirli allo scopo di farli abituare allo scoinvlginento di cui ero una fervente protagonista, notai Sveva ai piedi della porta arrabbiata scansai Arturo ed immediatamente non mi ressi in piedi.

Mio cugino che aveva compiuto quella malefatta scappò via spaventato per non affrontare l'ira funesta del suo amore che ben presto si sarebbe abbattuto come una tempesta sul povero alberello; a malincuore  dovetti subirla e questa era accresciuta dal fatto che mi stavo sentendo male e mi mancava il fiato, non avevo aria da  respirare bensì era rarefatta come se  fosse dotata di un sapore amaro ed in tutta risposta la testa era in balìa di vorticamenti costanti che non cessavano la loro corsa e non accennavano a terminare. Sveva ricambiò il mio sguardo, con occhiate che esprimevano ribrezzo percepibile  nei suoi occhi e le sue mani che dapprima avevano i tovaglioli si trasformarono in pasta sfoglia lasciandoli cadere a terra adagiata era po' shock subìto, formando un cumulo di neve come se fosse un manto; una saetta color giallo accesso partiva colpendomi in pieno volto ed io confusa continuavo a non capire, non capivo cosa stesse accadendo, non capivo il motivo per cui Arturo mi aveva baciata e perché assumeva nell'ultimo periodo atteggiamenti strani, niente di niente zero su zero ero ignorante e la mia fonte del sapere si era esaurita completamente.

Poteva essere un piano attuato,uno scherzo ma eliminai quelle tesi infondate e nel mentre la porta venne richiusa alle sue spalle e si mosse a piccole falcate dove la vedevo spaventata intuendo che la mia sorellina fosse stata risucchiata nelle viscere dalla terra, ero pronta alla sua furia da un lato terrorizzata dall'altro desiderosa di comprendere la realtà dei fatti nella loro maniera più assoluta. Appoggiata allo stipite del lavabo tremavo dalla testa ai piedi e Sveva rossa di ira come se fosse una rosa appena sbocciata con gli occhi che proiettavano saette a destra a manca, non si accorse della paura che serpeggiava nel mio animo; mi guardò negli occhi finché i miei ed i suoi non trovassero un punto di  congiunzione, pensieri opposti cominciarono ad accavalrsi l'un l'altro e la pace venne scardinata via da una cospicua dose di domande irriposte:  poteva picchiarmi ma lo scacciai, per quanto fosse arrabbiata non l'avrebbe mai fatto mai dire mai dopotutto non ero un' indovina chi poteva dirlo vivevo nel timore che potesse accadere prima o poi.

Il bacio della marchesaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora