Venototto

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Tra le mie attività preferite,senza contare la lettura e la scrittura, non era annoverata la corsa quel tipo che ti faceva perdere il fiato dopo qualche passo e recuperarlo si rivelava un'impresa ardua se non impossibile. Era pur vero ed opinione ormai diffusa che l'impossibile non esisteva, eravamo noi che ci convicevamo quando ci trovavamo in situazioni in cui pensavamo di non farcela ed invece si rivelavano un enorme successo. In questo caso, dopo che la conversazione terminò e calò il silenzio presi a correre talmente tanto non solo per sfuggire dalla sua rete vischiosa capace di imprigionarmi, ma anche per evitare che mi scoprisse ad origliare non facendomi i fatti miei. Parevo una volpe che aveva appena rubato l'uva e per non farsi uccidere, aveva preso quella decisione al fine di sopravvivere l'istinto aveva avuto la priorità su tutte le altre emozioni soppiantadole e inviando un segnale al mio corpo di muoversi anziché rimanere impalata. Il cuore aveva perso i suoi battiti, non disponeva piú del suo ritmo naturale sbalzando quasi fuori dal petto per quanto filasse veloce; così come l'ossigeno che al fine di aiutarmi a ristabilire il giusto equilibrio, era finito per disperdersi nell'aria come il polline dei fiori su un prato durante la primavera. Al fine di rispondere all'istinto di sopravvivenza che mi aveva accompagnato fino a quel momento, mi voltai nuovamente al fine di non scorgerla dietro di me, avevo paura che mi avesse seguito ma per fortuna il pericolo venne scongiurato perché non la vidi solamente il lungo corridoio scorreva lungo i miei occhi; parzialmente se vogliamo essere precisi avevo recuperato pochissimo, quasi niente dentro di me avevo andrenalina e agitazione sembrava che avevo percorso di corsa tutto il palazzo quando in realtà era poco. Qualche metro mi separava da dov'ero sino allo studio di Lorenzo. In aggiunta non sapevo neppure dove mi trovavo, quindi al fine di non correre a vuoto decisi che era giunto il momento di rallentare infatti intervenne in aiuto la mia vocina interiore dicendo di cominciare così dal passo veloce passai ad una semplicissima camminata. Orientativamente vagando lo sguardo a destra e a sinistra, potetti vedere che mi trovavo non molto lontano dallo studio era verso nord tra i corridoi inoltrati  io ero posizionata a sud a mia volta lontana nel modo giusto. Riflettendo sul da farsi il flusso di pensieri invadeva la mia testa e avevano come unico comun denominatore il fattore Clarice che oltre a sapere tutto, sapeva di me e mi avrebbe uccisa era a tanto così non la ritenevo capace di tutto questo. Mi imposi la massima attenzione e di non abbassare la guardia, seguendo i consigli du Lilya infatti in quale frangente avrei voluto tanto parlarci ed informarla che era andato tutto bene. Ma dov'era? Così mi trovai all'interno di una ricerca, completamente immersa in quel continuo trovare che non avrebbe portato a Lilya senza farle prendere un colpo.
Presi a continuare la camminata allo scopo do capire dove fosse, se era il suo giorno di lavoro poteva essere sia fuori sia dentro e quindi le probabilità di trovarla erano cinquanta per cento ciascuna; l'altra possibilità era che invece non c'era e di conseguenza dovevo aspettare chissà quando per vederla. Lei non era presente tutti i giorni all'interno del palazzo, non mi ero interrogata dei suoi lunghi periodi di assenza perché non erano affari miei sebbene la curiosità mi invogliava a farlo. Forse c'era qualcosa che lei non mi aveva detto, eravamo amiche dopotutto e sapevamo quel che bastava l'uno dell'altra non troppo ne troppo poco il giusto ma decisi di accantonare la questione e concentrarmi su quel fatto importante. Scorsi ogni porta aperta dei diversi studioli e saloni di Lilya non vi era traccia mi stavo quasi per rassegnare finché all'ennesima porta pronta a ricevere l'ennesima porta sbattuta in faccia nel senso figurato del termine la vidi e tirai un sospiro di sollievo. La trovai mentre sistemava all'interno della cesta il bucato pulito e appena terminato di piegare, affacendata e concentrata nello svolgere quella mansione nel modo piú giusto e puntiglioso possibile notato dal suo sguardo come se nessuno potesse distrarla. L'aspetto rustico e legnoso di quel anfratto in cui era posizionata mi attirò immediatamente, nonostante fosse completamente asettica con una sedia, una finestra e un libreria spoglia dei suoi libri come se quella pagine ingilliate si fossero stancate di stare lì e avessero scelto di librarsi in aria. Ne rimasi colpita, soprattutto perché quel luogo conferiva calma e tranquillità per chi la rucercasse era perfetto nella sua solitudine come se non facesse parte del castello bensì separato e con una vita propria. Magari anche Lilya lo aveva scelto per starseene per conto suo ed io ero arrivata nell'esatto momento per romperle le scatole mi sentivo in colpa; quel turbine di pensieri, sebbene avessi bisogno di lei per parlarci, prese forma e mandarlo via fu difficile infatti mi convinsi che era frutto della mia testa e non reale farsi quei problemi inutili era una perdita di tempo. Di conseguenza mi concentrai al massimo, al fine di usufruire di quei minuti a mia disposizione. Ad ogni modo era doveroso disturbarla e mi pareva anche maleducato, difatti ero sul punto di andarmene stropoiciamdo nel frattempo ilnòembo del mio abito ma oramai ero li e quel occasione non potevo  perdela se l'avessi fatto me ne sarei pentita. Feci un respiro ricco di determinazione, con conseguente eliminazione della vergogna e della timidezza che si erano impossessate della mia persona e nel frattempo che Lilya clntinuvava ilnsuo dovere dinnanzi alla finestra con i raggi del sole che entravano in quella stanzetta con una sedia dove era poggiata la cesta del bucato alla sua destra entrai.

Il bacio della marchesaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora