La primavera era la mia stagione preferita da quando avevo memoria, mi colpiva tutto ciò che essa conferiva ai miei occhi come i suoi colori vividi, il caldo piacevole con il suo venticello e quel aroma floreale diffuso in ogni angolo possibile ed immaginabile. Sebbene c'era da premettere che portava delle insidie, un piccolo mostriciattolo insetto se vogliamo essere precisi con cui non andavo per niente d'accordo. Non stavo parlando della farfalle i cui colori e la cui leggiadria mi catturava a prima vista generando ammirazione svolazzando qua e là, piú che altro api, vespe e di rado calabroni con cui non avevo nulla da spartire e irradiavano in me paura. Bastava non guardarli, spostare lo sguardo altrove e il gioco era fatto. Suppergiunta erano fondamentali per l'ecosistema perché come l'acqua favorivano la vita, seppur causavano timore col tempo avevo imparato che se si causava fastidio si difendevano anche se comportavano una dura sorte. Quindi appresi che dovevo semplicemente guardarli, mamma così mi aveva insegnato, limitarsi a questo e concentrarsi più su animaletti innocui come coccinelle, farfalle piccole lucertole anziché arrecare fastidio lo facevo già di mio! Rompevo le scatole a destra e a manca, ogni riunione di famiglia o a Firenze o nel paesino dove abitavo partivo timida ma appena aquisivo confidenza divenivo una gran chicchierona a detta dei miei fratelli e cugini che bastava poco per sciogliersi e iniziare con la parlantina. Eravamo tutti noi i preferiti dei nostri parenti e lo so vedeva dai ricordi che custodivo gelosamente.
Dall'altro lato la stagione in atto sembrava non accorgersi dei grandi stravolgimenti che ebbero luogo nella cittadina fiorentina, colsero tutti impreparati portando gioie e dolori costantemente con un pizzicotto di preoccupazione come in questo caso. Sebbene volevamo essere positive la paura regnava sovrana, riguardava nostra cugina il tempo non sapevamo neppure cosa fosse e quanto ne era trascorso rimanevamo lì in balìa osservando quella primavera tanto bella tanto fatta di attesa. Eravamo ignoranti, succubi dell'ardore fiammeggiante della beata ignoranza che ci ripeteva a gran voce il non sapere e il non conoscere niente di quel che stava accadendo tra le quattro mura e soprattutto Bianca che fine aveva fatto. Formulare ipotesi prive di fondamento non avendo nulla in mano era alquanto inutile, era andata in quello studio a parlare con Lorenzo e magari o poteva essere solo lui o qualche altro membro della famiglia; a prescindere se era in uno oppure nell'altro modo non era di nostra competenza i suoi fatti, sebbene avevamo timore dovevamo assolutamente star tranquille ma era difficile. Era pur vero che dovevamo solamente aspettare, seppur la preoccupazione si faceva sentire e ci intimava di accorrere per cercarla rimanemmo lì non sia mai che veniva aveva bisogno di essere ascoltata e non ci trovava. Strinsi nuovamente la mano a Sveva dopo averla lasciata sia per un tempo lungo che non si poteva quantificare sia per conferirle un attimo di tregua malgrado tutto, più forte di quanto potessi fare ponendo attenzione a non spezzarla in mille pezzi come vetro ricambiò con una potenza maggiore non mi importava dei cristalli in esso contenuta l'avrei fatto lo stesso. Se lo necessitava poteva farlo senza alcun probelma, i nostri sguardi passarono dall'albero mosso dal vento ai nostri occhi, i cui colori uno più caratteristico dell'altro si fusero formandone un unico come fossero una cosa sola una sola anima che si muoveva divisa in due. A quel punto non serviva aggiungere niente, niente parole, niente frasi nulla, capimmo semplicemente che dovevamo pazientare e presto avremmo avuto tutte le risposte niente ci avrebbe divise o spezzato quel legame nulla dovevamo rimanere unite per noi stesse e per quel che sarebbe avvenuto in positivo o in negativo. Ovviamente noi eravamo due ottimiste di natura, realiste ma quest'ultimo lo mantenevamo sempre in ogni situazione bella e brutta che sia, ad ogni modo tornammo a guardare quel alberello apprezzandone i contorni di quel verde brillante che il sole usava illuminare rendendolo verdeggiante e pieno di vita. Gli uccellini svolazzavano al suo interno per compiere le azioni quotidiane come la costruzione del nido con due legnetti, difatti c'erano due dal petto giallo e nero la testa che si adoperavano per trasportare il materiale utile; dopodiché uno più alto usato per accogliere una famigliola, i cui piccoli si stavano nutrendo dal becco della madre. C'era un gran affacendarsi, guardammo lo spettacolo della natura quando ad un tratto la figura di Bianca camminò verso la nostra direzione, aveva le spalle ritte come se non fosse accaduto nulla e il suo portamento non faceva trapelare niente. Appena la vedemmo c'è ne accorgemmo perché lo sguardo passò verso la sua figura eterea dai capelli mossi dal vento, con le sue piccole treccine ai lati fermate da due fermagli e dall'abito azzurro com alcuni ricamini argentati sulle spalle. Tranquilla e serena, volevamo abbracciarla stringerla per proteggerla, ma quando formulammo quel pensiero si sedette vicino a me sulla sinistra sospirando come a liberarsi da un peso che la opprimeva e necessitava al più presto. Non aveva lacrime, niente, manteneva la sua calma, la sua pace interiore come se la primavera intorno le avesse conferito quel che le serviva difatti chiuse gli occhi per poi inspirare nuovamente assorbendo i profumi nell'aria per poi riaprirli qualche minuto dopo. Osservò un punto fisso e lì rimase come se volesse coglierne ogni minimo piccolo microscopico particolare, rimase concentrata se ne stava li seduta con le mani disposte sopra il vestito rilassata. Averla lì significava molto non era successo niente da come si notava, anche se dentro di noi la voglia di sapere la curiosità era tale da cercare di capire cosa fosse accaduto. Suppergiunta per non generarle pressione non saremmo andate a fondo, le avremmo concesso il tempo di cui lei necessitava. Prendemmo atto di quella decisione e dopo averci scambiato uno sguardo complice, rimanemmo in silenzio con le parole che non erano al vento e si perdevano negli angoli bensì giungevano forte e chiare alle orecchie della nostra amata cuginetta Bianca.
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Il bacio della marchesa
Chick-LitSaga 'nel nome dei medici' libro primo La marchesa Carolina De Medici giunge con la sua famiglia a Firenze, sono ospiti del signorotto e mecenate della città nonché suo cugino Lorenzo de medici. A seguito di un salvataggio a soli 5 anni ne è innamor...