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La mattina soleggiata portava con sé un clima primaverile, con il suo venticello leggero,fatato smuoveva gli alberi e la radura che pareva incantata, fiabesca come se ci si ritrovasse all'interno di una fiaba dove la principessa abitava quel ambiente composto da fantasia e magia. Rispetto alla giornata precedente i raggi solari erano molto più forti e trasportavano un alone mistico, placido la luce squarciava le nuvolette disseminate nella distesa azzurra ed investiva il paesaggio rigoglioso quasi a volerlo svegliare dal torpore notturno.




Una tela d'artista che infondeva nell'animo umano vibrazioni ottimistiche, ero nuovamente inerme dinnanzi a tale bellezza che suscitava ammirazione e ammaliazione; i suoni della natura componevano una sinfonia melodiosa con gli uccellini che si spostavano da un albero ad un altro, le farfalle con i colori variopinti che svolazzavano in ogni dove così come il ronzio delle api. Le tende rosa antico lasciavano trascaparire la luce giallastra che ricopriva gli aspetti più caratteristici della mia stanza, l'armadio, la scrivania ed in particolar modo il letto dove venni avvolta da un candido e da un calore rigenerante.






Nonostante il fenomeno tanto eclatante tanto meraviglioso, mi ritrovavo sotto le coperte candide come la neve a contatto con il sole a dormire sogni tranquilli; l'oggetto in questione riguardava mio cugino Lorenzo de Medici detto anche il Magnifico, ma questo era un dettaglio di scarsa rilevanza. Pensai e ripensai a quel episodio dove non riuscivo a trovare la via d'uscita, avevo solo cinque anni eppure malgrado l'intero spazio a disposizione per nascondermi in un luogo dove non avrei suscitato preoccupazione e accessibile a tutti per la mia ricerca, avevo scelto la radura; la mia testardaggine o per meglio dire testa dura come il marmo, aveva optato per quel posto oscuro e allo stesso dotato di magnificenza, data la vegetazione lussureggiante che dava il meglio di sé per mostrarsi.




A seguito di un breve dibattito sul da farsi dove ognuno aveva espresso la sua opinione in merito decidemmo il gioco del pomeriggio, ovvero nascondino; iniziava la lunga prassi: prima di tutto la scelta non veniva fatta sul campo, bensì occorreva una persona in questo caso la governante o chicchessia che si trovasse in giardino per svolgere le faccende ed estrarre a sorte. In secondo luogo una volta cercata bisognava attuare quel semplicissimo piano, ovvero scegliere chi doveva cimentarsi a contare; infine il gioco era fatto e le danze potevano iniziare.

Venne eseguito dettagliatamente l'iter e fu proprio Emiliano a contare da uno a trenta, infatti in questo caso era proprio un membro della servitù a scegliere il conteggio; mi lisciavo i lembi del vestito allo scopo di calmare l'ansia di non far in tempo a trovare un posto adatto, i numeri si susseguivano uno dopo l'altro ad un ritmo costante ne veloce ne lento. Scorgevo ogni dove esaminandoli uno ad uno con i suoi pro e contro, però nessuno soddisfava le mie aspettative: sarei stata scoperta per prima com'era il mio solito ed Emiliano ne era capace, un esperto individuava qualcuno seppur si trovava ad un metro di distanza. Se non ero la prima potevo la seconda o giù di lì, presi la decisione che in quelle ore pomeridiane il mio obbiettivo era di cimentarmi in quel impresa ovvero vincere ad ogni costo; notai inoltre che mio fratello era giunto a metà occorreva sbrigarsi, finalmente i miei occhi scorsero il luogo dove i miei genitori organizzavano i Pic nic invitando amici, conoscenti e altri membri della famiglia de Medici o Teotochi com'era giusto che sia.






Mi inccaminai a passo lento quasi a non farmi notare e in contemporanea con aria trionfante, una parte del piano era stata portata a termine e non potevo che esserne felice anzi scoppiavo pera quanto lo ero; all'entrata dell'enorme regno che io e Sveva definivamo la vegetazione delle principesse, cominciai a correre sentendomi libera e spensierata finché le gambe con tremolazione mi fecero cadere a terra. Come si suol dire la stanchezza aveva preso il sopravvento ma non bastò a farmi stare ferma,anzi mi alzai e ballai esprimendo a pieno la libertà che stavo provando in quei minuti; ora come ora mi accorsi che avevo vinto riportando una vittoria schiacciante per una volta volevo togliermi la soddisfazione di non essere una perdente, purtroppo solo allora pensai alla mia dimenticanza, sapevo leggere l'orologio perfettamente e non potevo credere di averlo dementicato. Le sensazioni di tranquillità fecero spazio ad una che divenne pian piano dominante nel mio essere, i minuti trascorrevano questo era certo ma da quanto tempo ero lì? Innanzitutto non dovevo andare in panico mi sedetti a terra e iniziai a ragionare: trovare la via d'uscita era fondamentale per uscirne fuori, scorsi angolo per angolo, centimetro per centimetro invano funtitto inutile era tutto uguale ma cosa dico perfettamente identico.




Il bacio della marchesaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora