Capitolo XXII

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Vittoria&Jonathan

La ragazza era seduta al davanzale della finestra, il suo sguardo era rivolto verso le stelle, le dispiaceva non essere vicino a Jane, sapeva che con ogni probabilità si trovava sul tetto a contemplare quel cielo stellato.

Era la loro tradizione; lei Josh e Jane si incontravano sempre sul tetto prima di qualche missione.

Ma Josh stava parlando con Katherine, lo aveva intravisto mentre si aggirava al di fuori della sua porta, sembrava nervoso, e quella cosa  l'aveva fatta sorridere nonostante tutto.

-Che cosa ti fa sorridere?- chiese Jonathan steso sul letto a pancia in giù, Vittoria si voltò a guardarlo, i suoi occhi indugiando per qualche secondo sulla sua schiena nuda prima di scuotere appena la testa.

Si alzò, avanzando di qualche passo prima di buttarsi sul materasso, lui ridacchiò mentre le molle cigolavano appena, Vittoria strisciò tra le coperte aggrovigliate, fino a raggiungere il suo fianco -Stavo solo pensando a Josh e Katherine- rispose lei alzando una mano e cominciando ad accarezzare i suoi muscoli contratti con la punta delle dita.

-Lei gli fa bene, sono contenta, Josh ha avuto un passato particolarmente difficile, non è mai stato accettato pienamente per la sua natura, hanno cominciato a rispettarlo perchè Jane era con lui, e nessuno voleva mettersi contro di lei-

Jonathan alzò una mano, cominciando a passarla tra i suoi capelli, districando alcune ciocche annodate -Una volta mi hai detto che Jane era il solo Alpha a cui avresti obbedito-

Ridacchiò appena al ricordo -Si, diciamo che ero abbasta arrabbiata in quell'occasione- lui le sorrise- Già, ma ricordo che hai detto che era tua sorella, siete davvero così legate-

Lei sospirò appena, si girò a pancia insù, affondando la testa nel cuscino -La mia infanzia è stata difficile, mio padre ha lasciato mia madre poco dopo aver saputo che lei era incinta, lei diventò depressa, cercava di non farmelo vedere ma io lo sapevo, ricordo che ad un certo punto avevo nascosto tutte le lame della casa.

Le cose sono andate peggio quando mi sono trasformata per la prima volta-

Jonathan al suo fianco si spostò, appoggiandosi sul fianco per riuscire a guardarla in faccia, il suo volto era a pochi centimetri dal suo, e la sua mano riprese ad accarezzarle la testa nel tentativo di tranquillizzarla, ma lei continuò a guardare il soffitto sopra la sua testa.

-Lei non riusciva a gestire le mie trasformazioni e quindi ad ogni luna piena mi chiudevo nella stanza, c'erano giorni in cui andava meglio, in quei momenti si sedeva sull'erba affianco a me e guardavamo assieme le stelle, mi elencava alcune costellazioni che ricordava, ma non sapeva trovarne nessuna.

Poi tutto andò in frantumi, sono tornata a casa da scuola, avevo dieci, undici anni, la porta di casa era chiusa, non ci feci troppo caso perchè alcune volte si dimenticava di aprirla per me, così entravo dalla porta sul retro, nascondevo la chiave sotto ad una decorazione del giardino, sono entrata, la televisione era accesa in salotto.

L'ho salutata, ma non mi ha risposto, quando sono andata a vedere come stava quel giorno, l'ho trovata in una pozza di sangue, c'erano degli uomini là con lei, cacciatori come ho scoperto dopo.

La mia parte ha avuto la meglio su di me, e mi sono in parte trasformata, hanno capito che cosa ero, mi hanno stordita e quando mi sono risvegliata ero Laggiù, sono rimasta sola per un po', mi dovevo solo addestrare, qualche volta mi torturavano senza motivo.

Le cose sono cambiate quando ho conosciuto Jane-

Jonathan continuò ad accarezzarle la testa, invitandola ad andare avanti -Io l'ammiravo, eravamo così simili, un passato quasi uguale, ma lei...lei era fortissima, nonostante tutto quello che stava passando non si è mai abbattuta, solo dopo anni sono riuscita a comprendere cosa si nascondesse dietro quella facciata di indifferenza.

𝑺𝒂𝒏𝒈𝒖𝒆 𝒅𝒊 𝒈𝒉𝒊𝒂𝒄𝒄𝒊𝒐 ✓Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora