Capitolo VIII

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Vittoria

Sbuffò annoiata prima di ricominciare a contare, per la terza volta nel giro di un minuto, le piastrelle del soffitto; era seduta contro il muro, aveva steso le gambe e incrociato le mani dietro alla testa prima di dedicarsi a quel nuovo passatempo che si era rivelato essere un passatempo.

Chiuse gli occhi seccata, trovando conforto nell'oscurità che la circondò subito, generalmente era parecchio brava a stare da sola e in silenzio, molte volte infatti le era capitato durante alcune missioni di cui era l'esca, di essere rinchiusa in una cella anche per giorni interi senza poter fare nulla e aveva sempre resistito; eppure questa volta c'era qualcosa di diverso, la sua lupa sembrava essere tornata a vivere e scalpitava frenetica sotto la sua pelle costringendola a non pensare ad altro che a lui.

Aprì le labbra prendendo un respiro profondo mentre cercava di tenere a bada le emozioni che si smuovevano dentro di lei; in quelle settimane di lontananza Jonathan era diventato come un tabù, aveva evitato di dire il suo nome, di guardare il marchio persino di pensarlo anche se tutte le volte che lui aveva tentato di contattarla non le avevano certo reso semplice l'impresa e poi tutto era andato a rotoli.

Aveva cominciato a stare male qualche giorno prima, ovviamente non aveva detto nulla agli altri per paura che questi evitassero di portarla con loro durante le missioni costringendola a recarsi in infermeria, Vittoria aveva lottato contro la propria parte animale tentando con disperazione di aprire un dialogo con lei che da alcune settimane non faceva altro che guaire nella sua testa, così aveva semplicemente deciso di mascherare le sue emozioni, di non far percepire a nessuno il dolore lacerante che sembrava dividerle il petto.

Tuttavia aveva dimenticato l'abilità di Jane di riuscire a leggere le persone.

I suoi occhi glaciali l'avevano osservata prima con curiosità, chiedendosi che cosa non andasse, e poi con sempre più crescente preoccupazione quando si era resa conto di tutto; Vittoria l'aveva bloccata un paio di volte quando lei si era avvicinata per cercare di parlare e pensava di essere riuscita a convincerla del suo benessere quando non la vide ribattere.

Ancora una volta però si era dimenticata con chi aveva a che fare.

Jane si era presentata quella mattina davanti alla sua tenda, in realtà era la loro ma la Fenice non dormiva mai sul piccolo giaciglio che aveva montato perché il dolore tornava ad essere reale ogni volta che chiudeva le palpebre,  e le aveva gettato tra le braccia le sue armi incitandola ad andarsene.

-Perchè mai dovrei andarmene?- aveva ribattuto prontamente lei -Sto perfettamente bene- aveva aggiunto poi guadagnandosi un'occhiata dall'amica che sembrava irritata da quel suo comportamento.

-Pensi che non me ne sia accorta? Stai soffrendo Vi e io non posso più tollerare ciò, la lontananza con il tuo compagno ti fa sentire debole e questo non può andare avanti, non più.-

-Va tutto bene Jane sto benissimo-

-No invece, stai male, stai soffrendo...non puoi fingere con me Vi, non su questo, io provo esattamente quello che senti tu, ma la grossa differenza tra me e te è che presto la tua lupa guarirà, la mia invece non può farlo-

Vittoria l'aveva guardata per qualche istante prima di sospirare in segno di resa

-Non posso abbandonarti, tu hai bisogno di me, sei mia sorella e non ho intenzione di perderti, non adesso che ti ho ritrovato-

𝑺𝒂𝒏𝒈𝒖𝒆 𝒅𝒊 𝒈𝒉𝒊𝒂𝒄𝒄𝒊𝒐 ✓Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora