Pecore, lupi, e cani pastori

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Entrai nella mia stanza e mi trovai Jason che guardava il cellulare con non curanza.

"Sei nella stanza sbagliata... Che ci fai qui?"

Mi rispose senza neanche distogliere gli occhi dallo schermo.

"Scommetto che se fossi stato il caro detective avresti reagito diversamente?"

Non dissi nulla, mi limitai a fissarlo sconcertata mentre lentamente continuava a parlare finalmente posando il telefono.

"Credevi davvero di potermelo nascondere? Oh... Credevi forse di poter avere una bella vita tranquilla con il signor Luck? Che illusa... Ricordati chi sei ma soprattutto ricordati chi sono io! Ricordati qual'è il tuo posto."

Non so cosa mi fece perdere la ragione né cosa impedì a lui di uccidermi... So solo che strinsi i pugni e ribattei.

"Sei... Sei veramente un ipocrita! Dici di odiare le persone al potere che pretendono di dare ordini e di sentirsi superiori ma non sei dissimile da loro; ti comporti come qualsiasi poliziotto o politico!"

Mi tappai la bocca subito dopo aver pronunciato l'ultima sillaba. Ero certa che stavolta la mia lingua lunga mi sarebbe stata fatale ma Jason sembrava quasi divertito dal mio piccolo sfogo.

"Vedi Clara... La stragrande maggioranza dei politici, dei poliziotti e di tutti coloro che comandano hanno un ruolo: sono dei cani pastori, sono i responsabili del gregge rappresentante tutti i civili... Ma sono pur sempre pecore... In parole povere sono delle pecore travestite da cani pastori che, paradossalmente, pretendono di comportarsi come dei lupi. In un mondo degenere tra pecore impaurite e cani lupi io ho scelto di ricoprire il ruolo del pastore, e tu sai qual'è il ruolo di un pastore? Uccidere i lupi e tutto ciò che minaccia il gregge... In poche parole, mia cara Clarissa, io non pretendo di essere superiore a loro, io lo sono! E non sono più ipocrita di te, che sogni un futuro normale nonostante il tuo passato e il tuo presente, o del detective... Dovresti chiedergli cosa è successo il 20 aprile"

Senza permettermi di dire una parola uscì ridacchiando e canticchiando un misto tra una melodia e una filastrocca: 

"Povero gatto dal pelo corvino,
giudicato dal mondo vile e meschino.
Povero gatto dal pelo scuro,
hai capito che tu non sarai mai al sicuro.

E quel povero gatto esausto divenne,
Spada di Dio e nessuno né uscì indenne."

Q

uella notte non riuscì a chiedere occhio, continuavo a sentire quella stramaledetta cantilena. Decisi di scacciare i pensieri leggendo un libro. Non riuscii a far passare i pensieri così decisi di scendere nel salotto per cercare un nuovo libro. Scesi le scale due gradini alla volta saltando quelle che scricchiolavano anche solo guardandole; arrivai al piccolo salottino canticchiando quella stupida canzoncina che non aveva intenzione di abbandonare la mia testa. Stavo riportando il libro appena finito alla piccola libreria, ma mi cadde in terra non appena vidi qualcosa che mi ricordava il mio più grande rimpianto.

"Perché le hai permesso di farmi questo, Clarissa?"

Mio fratello stava seduto su una delle poltrone davanti al camino, aveva la testa insanguinata e un'occhio sfregiato con ancora i cocci della bottiglia fatale incastonati nel suo corpo.

Non ebbi il tempo di asciugarmi una lacrima che fui catapultata al carcere minorile in Inghilterra. Seduta su una sedia della prigione... Cosa stava succedendo? Chissà...

"Devo andarmene... Non posso restare qui..."

"Che succede Clari? Non ti diverti?.."

Mi svegliai improvvisamente nel mio letto, ero sudata e tremavo. Decisi di scendere in salotto... Stavolta per davvero. Trovai anche stavolta qualcuno lì, ma forse mi stupì più questo che trovare Maicol: su una delle due poltrone stava Jason rannicchiato leggendo un libro. Non era un libro dell'hotel, ho una buona memoria e avevo controllato più di una volta i volumi disponibili... Quindi la mia domanda era: da dove veniva quel libricino rosso?

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